[Modena] Intervista a Marcello Pini sull’“anomalia giudiziaria modenese”

Pubblichiamo la breve intervista a Marcello Pini del coordinamento provinciale modenese del SI Cobas perché fornisce un’utile panoramica – e le sue prospettive – della situazione locale, del che fare (come nel caso del contrasto alla guerra sionista qui e ora) e della lotta contro la repressione poliziesca e aziendale e per l’agibilità sindacale di questi anni. Dalla lunga esperienza modenese emerge bene che l’organizzazione di classe, dal basso e attraverso un fronte è una delle chiavi di volta per rigettare l’attacco del nemico, per passare noi dalla difesa all’attacco e per costruire l’alternativa che serve alle masse popolari. In particolare, anche alla luce dello sciopero generale promosso in queste ultime settimane da CGIL e UIL e gli attacchi di Salvini e C., mostra che la miglior difesa al diritto di sciopero è la sua pratica, che difendiamo la Costituzione applicandola!

La repressione, per quanto in alcuni territori come in Val Susa, a Piacenza e per l’appunto Modena esprima sì specificità e profondità proprie locali, è una questione strutturale e sistemica e quindi per estirparla è necessario non solo procedere sulla solidarietà di classe e nel rendere ogni attacco una questione di ordine pubblico (essendo un’occasione di organizzazione e coordinamento) ma anche porre chiaramente al centro della nostra azione la questione del governo del territorio e del paese (e in questo rientrano le prossime Amministrative). Infatti, la questione è di natura politica e così va trattata. È solo in quest’orizzonte che si comprende il perché dell’estesa repressione antioperaia a Modena. In particolare con l’azione del SI Cobas, la classe operaia ha qui squarciato il velo “democratico” del sistema di potere e di sfruttamento locale (quello che è ormai noto essere il “sistema Modena”), l’ha incrinato e messo in discussione (fino ad un certo livello). Da qui la discesa in campo spasmodica, reiterata e senza fronzoli di Questura, Procura e Tribunale nell’affannoso tentativo di difendere gli interessi clientelari e mafiosi della cricca e del teatrino che governa la città e la provincia con alla testa il Partito Democratico.

A conferma, quest’aggressività mostra quanto il SI Cobas abbia colpito nel segno (elevando la qualità di vita e di lavoro dei lavoratori) e quanto in realtà il nemico sia debole: l’estensione della repressione non è sintomo di forza bensì di debolezza e di questo bisogna essere consapevoli per proseguire compatti e uniti, mettendo in campo tutto ciò che serve mettere secondo i propri interessi di classe. In questo, è legittimo tutto anche se illegale!

Ribaltiamo le operazioni repressive di Procure, Tribunali e Questure: sviluppiamo e organizziamo il fronte della solidarietà!

***

Marcello, puoi illustrarci, anche attraverso i numeri della repressione poliziesca e aziendale, cosa intendi per “anomalia giudiziaria modenese”?

Nell’arco di cinque anni la procura modenese ha imbastito procedimenti penali a carico di 593 imputati, tutti lavoratori, iscritti e sindacalisti del SI Cobas, per reato di sciopero e con migliaia di capi di imputazione. A questo si aggiungono i circa 15 procedimenti contro giornalisti, politici e cittadini che si sono espressi pubblicamente sulla vertenza Italpizza, oltre a fogli di via, avvisi orali, ritiri (illeciti) di permessi di soggiorno e il blocco della cittadinanza per tutti i denunciati che ne avrebbero diritto (per approfondire qui, qui, qui e qui – ndr).

Si tratta di cifre che trovano somiglianze solamente con la repressione al movimento NO TAV e, in parte, con la repressione antioperaia a Piacenza. Per il resto, l’unico confronto in epoca repubblicana resta il periodo di Scelba…

Cosa avete fatto e quali sono le prossime iniziative in programma? Sappiamo che il 25 novembre c’è stato a Modena, un convegno in materia. Puoi presentarcelo?

Insieme a Movimento 5 Stelle, Modena Volta Pagina e Unione Popolare abbiamo promosso un convegno sul tema con giuristi e avvocati e a cui hanno partecipato oltre 100 persone, in gran parte estranee al solito giro politico.

Il convegno, come primo momento, è servito a gettare luce sul fatto che a Modena si finisce alla sbarra semplicemente per aver scioperato pacificamente davanti alla propria azienda, aver distribuito volantini o partecipato ad una manifestazione. Le denunce cadono a pioggia su cittadini e lavoratori che esercitano i propri diritti costituzionali, trasformandosi poi in lunghi anni di udienze e, talvolta, in aspre condanne.

Inoltre, l’evento è stato preceduto da una conferenza stampa alla Camera dei Deputati, promosso dall’On. Stefania Ascari (M5S), che ha avuto eco sulla stampa nazionale e locale.

Il prossimo anno, come in tanti altri comuni della nostra regione, ci saranno le Amministrative in città. Come si inserisce la lotta alla repressione in questo ambito? Che riflessioni fai e state facendo?

Sicuramente le Amministrative rappresentano un’ottima occasione per far irrompere questi temi nel dibattito politico cittadino e per far saltare il teatrino che vede la commistione di Partito Democratico (PD), padroni, organizzazioni criminali e Questura in funzione antioperaia e antipopolare.

Non a caso queste iniziative sono state organizzate insieme a quella che speriamo sarà la coalizione anti-Larghe Intese a Modena. Sono presenti, in quei partiti, cittadini con competenze amministrative elevate, con programmi ed idee tese a rompere la gabbia del PD e promuovere riforme urbanistiche, del welfare, della sanità e del lavoro incardinate sulle indicazioni fornite da comitati cittadini e organizzazioni popolari della città.

Nelle scorse settimane, i sindacati palestinesi – uniti – hanno lanciato un appello a che, anche nel nostro paese, si boicottino e sabotino la guerra e l’invio di armi. Come SI Cobas, a livello nazionale e locale, come avete risposto a questa chiamata? Il 17 avete organizzato a Formigine un presidio contro la TekApp. Come è andato? Ci sono altre azioni in cantiere contro la presenza dei sionisti e delle istallazioni della NATO sul nostro territorio emiliano cui chiamate altri a convergere?

A Modena, in risposta all’appello dei sindacati palestinesi, abbiamo segnalato, con un partecipato presidio di circa 100 lavoratori, gli affari di un’azienda composta da ex militari israeliani che fornisce software militari e servizi di “hacking etico” alle grandi industrie del territorio, e che ha rapporti anche con l’ateneo modenese (dove però già 20 docenti hanno firmato per interrompere i rapporti con Israele). Questa è la TekApp di Formigine per l’appunto e nel mentre stiamo cercando di capire quali siano gli snodi economici e politici più utili da sanzionare, a Modena e sul territorio regionale. Inoltre, il 18 novembre il SI Cobas, insieme alle organizzazioni dei giovani palestinesi, ha chiamato un corteo in solidarietà alla Palestina a Bologna, cui hanno partecipato circa 7 mila persone. È chiaro però che, oltre alle manifestazioni, occorre interrompere o comunque rendere difficili i rapporti economici e politici con lo stato sionista.

In occasione dello sciopero generale del 17 novembre, promosso ad esempio da CGIL e UIL contro la finanziaria di guerra del governo Meloni e quello da voi indetto in solidarietà al popolo palestinese, un giovane operaio a Reggio Emilia ha ricevuto in questi giorni una lettera di contestazione disciplinare perché si è assentato – aderendo allo sciopero – senza comunicarlo. Un deliberato atto repressivo contro un operaio, nostro militante, attivo politicamente fuori dalla fabbrica. Vuoi mandare un messaggio a questo operaio e vuoi fare un ragionamento sull’attacco al diritto di sciopero?

Noi l’abbiamo definita “anomalia”, ma in realtà l’idea che lo sciopero sia reato o comunque sia un comportamento illegittimo è ampiamente diffusa, specialmente nella classe padronale. D’altra parte gli scioperi in certi settori sono ormai rarissimi, ma se questi aumenteranno si modificherà anche la percezione che se ne ha. Voglio dire che più si sciopera, più lo sciopero acquisisce legittimità e torna ad essere una pratica “normale”.

Al compagno cui è stata mandata la lettera di richiamo non credo che servano parole di conforto, scommetto che sa bene che, come si canta ai picchetti… la lotta è dura ma non ci fa paura!

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