Aggiornamenti dagli Usa

Lo sciopero vince: risultati storici per gli operai dell’auto

Nel momento in cui scriviamo questo articolo sono stati raggiunti gli accordi preliminari con Stellantis, Ford e General Motors. Con un video comunicato, Shawn Fain, il presidente del sindacato United Automobile Workers (Uaw), ha annunciato i principali punti degli accordi.

Rispetto alla retribuzione il primo risultato è l’aumento immediato del 25% degli stipendi, che raggiungerà il 30% nei quattro anni della durata del contratto (per i lavoratori regolari), e la prima fascia retributiva vedrà un aumento del 68%. Il secondo risultato è la reintroduzione del sistema Cola, una specie di scala mobile, abolita nel 2009 con lo spauracchio della crisi economica.

Rispetto alla lotta alla precarietà sono state eliminate le fasce retributive più basse per i lavoratori a tempo determinato e stabilito un tetto di nove mesi per il lavoro somministrato, periodo dopo il quale i lavoratori dovranno essere stabilizzati.

Rispetto alla tutela del tessuto produttivo lo Uaw annuncia la vittoria su più fronti per quanto riguarda in particolare Stellantis. A fine 2022 Stellantis aveva chiuso uno stabilimento a Belvidere in Illinois licenziando 1.200 lavoratori. Lo sciopero ha costretto Stellantis a portare a Belvidere la produzione di un nuovo veicolo riaprendo lo stabilimento, rimettendo a lavoro tutti i cassaintegrati e dando la possibilità a chi si è licenziato di essere riassunto. Sempre Stellantis, che con la scusa dell’introduzione dell’auto elettrica aveva annunciato il taglio di 5 mila posti di lavoro è stata costretta ad assumerne altrettanti, di cui una parte proprio nel settore elettrico.

Rispetto alla libertà di sciopero è stato conquistato il diritto di sciopero sia contro la chiusura degli stabilimenti che per temi attinenti alla produzione, ai prodotti e agli investimenti. Fain nel video comunicato ha detto: “se l’azienda dovesse rimangiarsi la parola data su uno qualsiasi dei risultati raggiunti, potremo farli a pezzi”.

Questi risultati non sono piovuti dal cielo. Sono i risultati di una battaglia sindacale a livello nazionale che “semplicemente” è stata condotta con l’obiettivo di vincere e la determinazione per farlo; in cui si è seguita una tattica e una strategia per vincere.

Nella piattaforma di accordo spicca il “Programma di protezione della famiglia lavoratrice”.
In pratica, se un lavoratore viene licenziato per tagli al personale o chiusura dell’azienda per crisi produttiva, l’azienda è costretta a continuare a pagarlo per svolgere lavori utili alla comunità.

Lo Uaw per la prima volta nella sua storia ha deciso di scioperare contemporaneamente in tutte e tre le case di Detroit e di farlo progressivamente. Il numero degli impianti coinvolti nello stop è stato annunciato di settimana in settimana, giocando sull’effetto sorpresa e aumentando la pressione sulle aziende. L’11 ottobre infatti, dato che le aziende non cedevano alle richieste, lo Uaw ha iniziato una nuova fase dello Stand Up Strike ed è partita proprio dalla Ford che sembrava la più propensa a cedere, lanciando uno sciopero a sorpresa negli stabilimenti del Kentucky. Con quella mossa senza preavviso, 8.600 membri dello Uaw hanno lasciato il lavoro e hanno chiuso lo stabilimento di Louisville. Il risultato è che due settimane dopo la Ford è stata la prima a cedere agli accordi preliminari. Dopo la Ford è toccato a Stellantis con il blocco della produzione dei pick-up Ram nello stabilimento in Michigan, portando il numero di operai dell’azienda in sciopero a 14.750 e il danno economico a 200 milioni di dollari a settimana. Il risultato è che Stellantis è stata la seconda a cedere.

Restava la General Motors (Gm) e infatti il 24 ottobre entrano in sciopero 5 mila dipendenti dell’impianto di Arlington, uno dei più grandi e redditizi. In quella settimana il numero dei lavoratori in sciopero è salito a 45.750 mila. Il 30 ottobre, neanche a dirlo, cede anche la Gm.

Salta all’occhio che non è servita chissà quale prova di forza o “versamento di sangue” da parte della classe operaia e della sua organizzazione sindacale per piegare i tre colossi dell’automotive. Per dare un’idea, il numero di iscritti allo Uaw nel settore è di 140 mila e il sindacato aveva a disposizione 825 milioni di dollari per sostenere economicamente lo sciopero nel tempo. Questo vuol dire che le “Big Three” sono state messe in ginocchio muovendo meno di un terzo dei lavoratori iscritti per poco più di quaranta giorni, scalfendo appena i fondi a disposizione. A proposito della scusa che “il nemico è troppo forte”!

Strategia e tattica calati dall’alto dai vertici sindacali però non bastano a spiegare questi risultati. Il vero dato è che migliaia di operai hanno scioperato a oltranza. Quindi la vera domanda è: come è riuscito lo Uaw a mobilitarli?

In Usa come in Italia gli operai non si muovono perché qualcuno dice che è giusto farlo, ma perché hanno la necessità e la voglia di riconquistare tutto ciò che negli ultimi quarantanni hanno perso e per farlo hanno bisogno che si indichi loro una strada, che si insegni loro un metodo.

Per dare un’idea, oltre al fatto che sono partiti dal 46% di aumento salariale e non dagli zero virgola, si sono occupati di imporre la riapertura di aziende chiuse, di imporre nuovi investimenti e commesse produttive per gli stabilimenti a rischio. Un altro esempio è che si sono occupati non del singolo individuo e della singola categoria, ad esempio il premio per questo gruppo di lavoratori anziché per quell’altro, o il welfare per quella specifica categoria di lavoratori (obiettivi complicati anche da capire, figuriamoci da ottenere), ma si sono posti con l’intento di trattare gli operai per quello che sono, un corpo unico. Quindi, è stato imposto l’accorpamento di categorie salariali (al rialzo ovviamente) e sono state ridotte le differenziazioni imponendo un tetto sull’utilizzo del lavoro somministrato.

In un discorso del 20 ottobre, Shawn Fain ha parlato a quei funzionari sindacali che hanno ancora voglia di essere utili agli interessi dei lavoratori. Ne riportiamo uno stralcio perché è utile ai sindacalisti che operano negli Usa, ma è utile anche ai sindacalisti italiani.

“Per tutte e tre le società, da questa settimana abbiamo sul tavolo un aumento del 23%. È superiore rispetto al 20% di pochi giorni fa e al 9% di quando hanno fatto la loro prima offerta. Le aziende continuavano a dire di aver raggiunto il limite, e poi il limite è aumentato. (…) Trovo anche di una patetica ironia il fatto che ogni volta che fanno un’offerta è il massimo che possono fare, è un’offerta record. E poi due giorni dopo, c’è un nuovo record. Pensiamo quindi che ci sia più terreno da guadagnare”.

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