Il 20 ottobre tutto il gruppo ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia, ha scioperato. Lo sciopero è stato indetto da Fiom, Fim e Uilm che hanno mobilitato i lavoratori del gruppo su tutto il territorio nazionale. Al corteo, a Roma, hanno partecipato anche molti lavoratori dell’indotto e di altre grandi acciaierie in crisi, come quelle di Piombino e Terni.
Anche Usb, molto presente nello stabilimento dell’ex Ilva di Taranto, ha aderito e partecipato alla protesta. Durante il viaggio verso Roma un folto gruppo di operai tarantini ha occupato l’autostrada per un quarto d’ora, nei pressi del Grande Raccordo Anulare.
I lavoratori protestano perché, a tre anni dall’ingresso dello Stato nella gestione dell’azienda assieme alla multinazionale ArcelorMittal, nulla è stato fatto rispetto al piano industriale e ambientale del 2018, che rimane l’ultimo accordo in cui sono stati coinvolti i rappresentanti dei lavoratori. Questo piano fissava una serie di obiettivi in termini di rilancio occupazionale, di incremento dei volumi produttivi e di ristrutturazione degli impianti, puntando alla modernizzazione in un’ottica di contenimento dell’impatto ambientale. Questi obiettivi sono di fatto i punti rivendicati dai lavoratori in sciopero.
Tuttora il piano è completamente disatteso. La realtà del gruppo ex Ilva è fatta di un massiccio ricorso alla cassa integrazione, gli impianti sono in decadenza e non vengono effettuati i necessari interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Altro che rilancio e “azienda green”, si respira un clima di dismissione e smantellamento!
Per quanto riguarda l’indotto, allo sciopero hanno partecipato anche i lavoratori della Sanac, che producono i mattoni refrattari utilizzati per i forni fusori. Il gruppo occupa circa trecento lavoratori ed è diviso in quattro stabilimenti: Massa (MS), Vado Ligure (SV), Gattinara (VC) e Grogastu (CA). I lavoratori lottano da anni contro la morte lenta della loro azienda a seguito della mancanza di ordini da parte di Acciaierie d’Italia, da cui dipendono quasi totalmente.
Al vivace e combattivo corteo romano hanno partecipato più di un migliaio di lavoratori. Nei giorni successivi allo sciopero nessuna risposta, nessuna convocazione è arrivata dal governo. É ormai chiaro che l’ingresso dello Stato nel 2020 è servito solo come garanzia e copertura per permettere ad ArcelorMittal di portare avanti i suoi affari e le sue manovre di dismissione a cui si oppongono i lavoratori.
Il corteo si è tenuto lo stesso giorno dello sciopero generale indetto da molte sigle del sindacalismo di base (Si Cobas, Cub, Sgb e altri). Al di là dei settarismi spesso alimentati dalle sigle sindacali, la realtà oggettiva spinge anche materialmente per l’unità d’azione dei lavoratori. Lo smantellamento dell’ex Ilva, che prosegue con la garanzia statale, è frutto della stessa crisi che accelera la tendenza alla guerra e che rende miseri i salari.
Anche l’esperienza della “nazionalizzazione” parziale dell’ex Ilva dimostra che serve un governo diverso, che sia al servizio dei lavoratori, che funzioni su loro spinta, che attui ciò che i lavoratori decidono e indicano in collegamento con le loro organizzazioni.