Dal giorno dopo gli avvenimenti del 7 ottobre in Palestina, governo e media di regime hanno cominciato a pompare sulla nuova, presunta, emergenza: è tornato l’allarme terrorismo islamico.
Le analisi e gli approfondimenti sui giornali si sprecano, mentre la Meloni annuncia la chiusura del confine con la Slovenia e, assieme ad altri dieci paesi europei, la sospensione del trattato di Schengen per “evitare infiltrazioni”. Infine, il colpo di scena: il 19 ottobre la polizia arresta a Milano due persone di origini egiziane come “sospetti terroristi”. Secondo la Procura facevano propaganda e proselitismo per l’Isis e lo finanziavano.
Tutto parrebbe confermare la situazione di emergenza. Se non fosse che andando a vedere i fatti da vicino, senza fermarsi ai titoli dei giornali, la vicenda si rivela una farsa.
Viene fuori, infatti, che la chiusura della frontiera con la Slovenia consiste in una (udite bene! una) camionetta delle forze dell’ordine posta a presidio del varco principale, mentre i numerosi accessi secondari saranno oggetto di controlli una tantum. Un vero e proprio dispiegamento di forze, senza risparmio di mezzi e risorse, esattamente come la situazione di “gravissima emergenza” richiede…
E i due arresti per terrorismo? Se non bastassero la vaghezza delle accuse e la sostanziale assenza di prove che si celano dietro i titoli sensazionalistici dei giornali, è sufficiente leggere l’intervista al datore di lavoro di uno dei due arrestati pubblicata su Il Giorno, nella cronaca di Monza e Brianza, con il titolo “L’altra verità sul Jihadista di Monza: Un lavoratore accusato di terrorismo per un like su Facebook”.
Nell’articolo l’intervistato afferma che il suo dipendente, che conosce da anni, non ha niente a che fare con l’Isis e il terrorismo: guadagna uno stipendio da operaio e mantiene la famiglia, anche volendo non avrebbe le risorse per finanziare il terrorismo. La sua colpa è aver messo qualche like sui social, aver fatto qualche commento contro il governo Meloni e aver inviato periodicamente cinquanta euro come sostegno a una famiglia siriana, a seguito della guerra che ha devastato quel paese.
Il malcapitato era stato arrestato anche lo scorso dicembre e subito rilasciato per mancanza di chiare accuse.
Insomma, i vertici della Repubblica Pontificia cercano di usare quanto accade in Palestina per montare una nuova emergenza da usare come elemento di diversione, di propaganda e per legittimare nuove strette repressive, creando un clima da unità nazionale contro il comune nemico: il terrorismo islamico.
Non prestiamoci a questa operazione! Al di là degli allarmismi generati ad arte, se esiste un rischio di attacchi nel nostro paese è per responsabilità del governo Meloni, che è complice degli imperialisti Usa e dei sionisti nell’aggressione a Gaza. È per il fatto che i vertici del nostro paese sono stati complici di tutte le guerre, bombardamenti, assassini che i gruppi imperialisti hanno condotto nei paesi arabi e musulmani, dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Libia alla Siria.
Chi sta portando il nostro paese verso il baratro, chi sta smantellando diritti e conquiste, chi sta conducendo una guerra di sterminio silenziosa verso le masse popolari, fatta di morti sul lavoro, per mala sanità, per incuria dei territori, per inquinamento o abbrutimento che il sistema costantemente alimenta, non sono certo dei fantomatici terroristi islamici, ma proprio i vertici della Repubblica Pontificia.
Il nemico marcia alla nostra testa. Non lasciamo che ci porti nel baratro: respingiamo la sua propaganda e cacciamolo a calci!