Cari compagni,
vi ringraziamo per l’invito a intervenire a questa Conferenza e per l’impegno a organizzarla. Auguriamo che questa iniziativa abbia successo e che tali iniziative si moltiplichino. Il dibattito franco e aperto sui temi che la Conferenza pone all’ordine del giorno è fondamentale per la rinascita del movimento comunista in corso nei singoli paesi e a livello internazionale.
Per perseguire i loro obiettivi immediati e storici, i comunisti fondano la loro linea d’azione sulle condizioni oggettive in cui si svolge la lotta di classe. Oggi devono fondarla sulle caratteristiche dell’epoca imperialista. L’analisi dell’imperialismo fatta nel 1916 da Lenin ne L’imperialismo, fase suprema del capitalismo rimane attuale ma sia gli sviluppi che ci sono stati negli oltre cento anni intercorsi dalla sua stesura a oggi sia il carattere stesso dell’opuscolo di Lenin impongono di considerare l’opera di Lenin come punto di partenza. Lenin ha infatti limitato la sua indagine ai soli aspetti economici della nuova fase. Inoltre occorre tenere conto della prospettiva concreta dalla quale l’imperialismo è stato esaminato da Lenin: i comunisti russi si trovavano nella condizione di movimento proletario rivoluzionario di un paese capitalistico arretrato alle prese con il sistema imperialista mondiale. Quindi niente di più insensato del volervi trovare bell’e pronte le risposte alle questioni che deve affrontare e risolvere oggi un movimento rivoluzionario nelle metropoli imperialiste. Per assolvere i compiti odierni del movimento comunista internazionale non possiamo limitarci a ripetere l’analisi di Lenin, dobbiamo svilupparla.
Lungo tutto il corso della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976) gli esponenti dei partiti comunisti dei paesi imperialisti si sono occupati poco della natura dell’epoca imperialista: è stato uno dei fattori che ha determinato l’incapacità di promuovere la rivoluzione socialista fino all’instaurazione del socialismo dimostrata nel secolo scorso dai partiti comunisti di tutti i paesi imperialisti, con l’eccezione dell’anello debole della catena dei paesi imperialisti, la Russia.Il ritardo accumulato nella conoscenza scientifica dell’epoca imperialista da parte dei comunisti dei paesi imperialisti ha dato fiato prima alle “vie al socialismo attraverso le riforme di struttura” patrocinate dai revisionisti moderni che hanno preso la testa dei partiti comunisti (nel nostro paese dal PCI guidato da Togliatti) e poi a teorie (operaismo, ecc.) il cui approdo comune è che non occorre instaurare il socialismo e alla cui base c’è la tesi che “il mondo è tutto diverso”. Ancora oggi questo ritardo, nel campo dell’attività di massa, contribuisce a tenere i comunisti dei paesi imperialisti impantanati in due deviazioni: limitare la loro azione a lotte rivendicative (economicismo) e/o alle elezioni nei parlamenti borghesi (elettoralismo).
Anche le divergenze e le incertezze esistenti attualmente nel movimento comunista internazionale sulla natura della guerra in corso in Ucraina e sul ruolo della Federazione Russa e della Repubblica Popolare Cinese sono espressione della necessità di recuperare questo ritardo. Quindi ben vengano iniziative come questa conferenza organizzata dal Fronte Nazionale Democratico delle Filippine.
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Nella Nota concettuale gli organizzatori di questa Conferenza hanno invitato i partecipanti a fare uno sforzo nella convergenza delle posizioni politiche e delle azioni a proposito dell’imperialismo e della guerra. A questo fine dobbiamo avvalerci dell’esperienza del movimento comunista cosciente e organizzato: fin dalla sua fondazione a opera di Marx ed Engels, essa indica che per arrivare alla convergenza nelle posizioni politiche è necessario fissare apertamente le divergenze sulle questioni fondamentali e trattarne a fondo.
1. L’imperialismo è solamente un tratto nuovo del vecchio capitalismo o un modo di produzione del tutto nuovo rispetto al vecchio capitalismo oppure l’epoca imperialista è l’epoca della rivoluzione socialista e della decadenza della società borghese? Epoca imperialista significa che il sistema sociale borghese è storicamente superato, che il dominio della borghesia è reazione e decadenza, che la rivoluzione socialista è la tendenza storicamente dominante. Il passaggio della società borghese all’imperialismo è determinato dalla sovraccumulazione assoluta di capitale del cui avvento futuro Marx aveva sommariamente trattato nei capitoli 13, 14 e 15 del libro III di Il capitale: prevedendo gli eventi Marx indicò che i capitalisti avrebbero accumulato più capitale di quanto ne avrebbero potuto impiegare con profitto nella produzione di merci, per quanto ne ampliassero la quantità, ne moltiplicassero il numero e ne modificassero la qualità.
La caratteristica basilare dell’epoca imperialista è che la produzione come merci delle condizioni materiali dell’esistenza umana diventa un aspetto secondario, benché ineliminabile, della valorizzazione del capitale e delle attività della borghesia, subordinato alla valorizzazione del capitale tramite operazioni finanziarie e speculative. Il capitale impiegato nella produzione di merci si riduce a una piccola parte del capitale complessivo alla cui valorizzazione sono rivolte le attività della borghesia imperialista. Nel 2013 a fronte di un prodotto interno lordo mondiale che la Banca Mondiale stimava ammontare a 75.000 miliardi di dollari, il Fondo Monetario Internazionale stimava che le attività finanziarie erano ammontate a 993.000 miliardi di dollari, cioè il capitale materializzato in merci ammontava a meno del 7% dell’intero capitale mondiale. Questo significa che non siamo più in una società che ha al suo centro la produzione delle condizioni materiali dell’esistenza: la valorizzazione del capitale non è più basata principalmente sulla produzione mercantile ma principalmente sulle attività finanziarie e speculative e la produzione di merci non è più strettamente legata alla produzione delle condizioni materiali dell’esistenza, ma al bisogno di valorizzazione del capitale che porta a produrre tutto quello che si riesce a vendere, anche porcherie e veleni, fisici, intellettuali e morali.
Questa trasformazione avvenuta nell’epoca imperialista in campo economico insieme alla trasformazione avvenuta in campo politico (il passaggio dalla democrazia borghese ai regimi di controrivoluzione preventiva) portano alla conclusione che nei paesi imperialisti la promozione di lotte rivendicative e la partecipazione alla lotta politica borghese vanno finalizzate consapevolmente all’instaurazione del socialismo (1. dittatura del proletariato, 2. gestione pianificata dell’economia volta a soddisfare i bisogni della popolazione residente e delle sue relazioni di solidarietà, collaborazione e scambio con altri paesi e 3. promozione del crescente accesso della popolazione alle attività specificamente umane).
2. Sovrapproduzione di merci e crisi cicliche (analoghe sostanzialmente a quelle del periodo 1825-1867) oppure crisi generale per sovraccumulazione assoluta di capitale? Dall’interpretazione della natura e della causa della crisi attuale deriva anche la via d’uscita e la linea politica da seguire, allo stesso modo in cui la cura di una malattia dipende dalla diagnosi della malattia. Le crisi cicliche sono crisi che rientrano in un “normale” (salvo le dimensioni) alternarsi di cicli congiunturali e che prima o poi cessano da sé, perché lo sconquasso del sistema produttivo, riducendo la capacità produttiva, crea le condizioni per la ripresa della produzione; quindi per le masse popolari e le loro organizzazioni si tratterebbe di stringere la cinghia in attesa di tempi migliori, al più di convincere o indurre i governi ad adottare politiche anticongiunturali, di “contenimento del danno” (piani di spesa pubblica e ammortizzatori sociali). Questa interpretazione della crisi attuale è sostenuta anche da partiti che si dichiarano fedeli ai principi del movimento comunista, ma di fatto traspongono dogmaticamente nel presente l’analisi di Marx relativa alle crisi dei paesi capitalisti nella fase pre-imperialista (quando dominava la libera concorrenza tra molti capitalisti indipendenti).
Ne L’imperialismo, fase suprema del capitalismo Lenin, anche se non entra in merito alla sovrapproduzione assoluta di cui Marx aveva prospettato l’avvento e che è la fonte dell’imperialismo, illustra chiaramente che il capitalismo incentrato sulla produzione di merci ha dato luogo al capitalismo incentrato sulle operazioni finanziarie e sulla speculazione. La sostanza della crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale consiste nel fatto che, a livello mondiale e considerando tutti i settori produttivi, il capitale accumulato è tanto che, se i capitalisti lo impiegassero tutto nelle loro aziende che producono merci (beni e servizi), estrarrebbero una massa di profitto inferiore a quella che estraggono impiegandone solo una parte. In un sistema di relazioni sociali capitaliste la borghesia deve valorizzare il capitale, ma, stante gli ordinamenti esistenti, la borghesia non poteva investirlo nella produzione di merci. Questo ha dato luogo a tutti gli sviluppi che constatiamo e che rientrano nei seguenti cinque campi:
– spremitura delle masse popolari (riduzione dei redditi ed eliminazione dei diritti e delle conquiste),
– finanziarizzazione dell’economia reale e sviluppo del capitale speculativo,
– ricolonizzazione dei paesi oppressi e sfruttamento dei paesi ex socialisti,
– devastazione della terra (saccheggio delle risorse naturali, cambiamento climatico, inquinamento dell’ambiente, devastazione del territorio),
– lotta tra capitalisti ognuno dei quali cerca di ingrandirsi a spese di altri capitalisti.
Gli sviluppi in ognuno di questi cinque campi hanno come sbocco la guerra: la guerra è un effetto inevitabile del capitalismo in crisi. La crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, pur nascendo dall’economia, è una crisi che diventa generale – cioè anche politica, culturale, sociale e, per quanto riguarda la crisi attuale, ambientale – e trova la sua soluzione sul terreno politico, cioè nello sconvolgimento degli ordinamenti sociali a livello di singolo paese e del sistema di relazioni internazionali.
3. Quanto all’attuale corso delle cose nel mondo, alcuni partiti e organizzazioni comuniste sostengono che esso è caratterizzato dai preparativi di una guerra aperta tra blocchi e Stati imperialisti vecchi e nuovi e dalla catastrofe ecologica mondiale incombente. Tracurano o negano che la rivoluzione socialista è la tendenza storicamente principale. Riconoscono l’egemonia che i gruppi imperialisti USA hanno imposto in gran parte del mondo, salvo che nei paesi del campo socialista, a partire dal 1945 e che cercano di perpetuare con l’estensione della NATO e la creazione di nuove “alleanze” (Asia-Pacifico e America Latina). Ma non riconoscono che la Rivoluzione d’Ottobre, la fondazione dell’URSS e la sua resistenza vittoriosa sotto la direzione di Lenin e di Stalin alle prime tre aggressioni dei gruppi e delle potenze imperialisti guidate le prime due (1918-1922 e 1922-1939) da W. Churchill e la terza (1941-1945) da A. Hitler, la costruzione del socialismo in URSS nel periodo 1924-1953 sotto la direzione di Stalin, l’opera dell’Internazionale Comunista e dell’URSS nel mondo, la costituzione dei primi paesi socialisti e in particolare della Repubblica Popolare Cinese, del Vietnam, della Corea de Nord e di Cuba, la rottura del sistema coloniale e semicoloniale costituito nel secolo XIX, la decadenza dell’URSS e delle Democrazie Popolari dell’Europa orientale promossa dai revisionisti moderni con le “riforme” di Kruscev e di Breznev, la quarta aggressione (guerra fredda) dei gruppi e delle potenze imperialisti guidati da quelli USA e lo sviluppo economico e generale della RPC compongono la storia che ha condotto al presente non meno dell’egemonia mondiale dei gruppi imperialisti USA.
4. Tutti i primi paesi socialisti (cioè i paesi nati nel secolo XX) sono dominati dalla borghesia imperialista oppure essi si trovano oggi in stadi diversi della lotta tra le due classi principali (lotta tra due linee nel partito comunista e lotta tra due classi nella società) che nell’epoca imperialista si contendono la direzione del corso delle cose nel mondo?
In L’imperialismo Lenin scrive che il mondo si divide in paesi imperialisti e paesi oppressi. Anche da qui emerge la necessità di una comprensione più avanzata dell’epoca imperialista. Dopo la creazione dell’URSS e la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria entra in campo almeno un terzo tipo di paesi: i primi paesi socialisti. Con l’esaurimento della prima ondata, il disfacimento dell’URSS e la ripresa in mano del dominio del mondo da parte della borghesia imperialista, le cose sono diventate più articolate. Oltre ai paesi imperialisti e ai paesi arretrati oppressi dall’imperialismo, esiste anche un nutrito insieme di paesi derivanti dai primi paesi socialisti. Ci sono la Repubblica Popolare Cinese, Cuba, la Repubblica Popolare Democratica di Corea, la Repubblica Socialista del Vietnam, la Repubblica Democratica Popolare del Laos; ci sono la Federazione Russa e paesi ex sovietici come la Bielorussia che si oppongono alla dominazione USA; ci sono le ex repubbliche sovietiche baltiche e le ex repubbliche popolari dell’Europa orientale integrate nella NATO; ci sono i paesi ex sovietici del Caucaso e dell’Asia in cui i gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei cercano di allargarsi. I risultati ottenuti nella gestione della pandemia hanno messo in luce praticamente che non solo Cuba, ma anche la Repubblica Popolare Cinese, la Repubblica Socialista del Vietnam, la Repubblica Democratica Popolare del Laos, la Repubblica Popolare Democratica di Corea conservano in misura più o meno ampia istituzioni e altri aspetti del sistema sociale creato nel corso della prima ondata.
Ovviamente, e in particolare per quanto riguarda la Repubblica Popolare Cinese, non basta che il partito al potere si chiami comunista. Bisogna vedere
– come seleziona i suoi membri, come li forma, le classi a cui appartengono, che ruolo hanno nella vita sociale (nelle aziende, nelle istituzioni, nelle scuole, nei villaggi, ecc.),
– quali sono le misure per promuovere la partecipazione della popolazione alle attività propriamente umane,
– come sono gestite le aziende: se per il profitto dei capitalisti (secondo il criterio “rende o non rende”) oppure per soddisfare i bisogni individuali e collettivi della popolazione (secondo il criterio “cosa serve”),
– in quali condizioni si lavora nelle aziende in termini di sicurezza, di rapporto tra quadri tecnici e amministrativi e operai semplici, di direzione del Partito (attraverso un suo Comitato all’interno dell’azienda o altri organismi) sul personale, ecc. Considerazioni analoghe valgono anche per gli altri paesi dove non c’è stato un rovesciamento delle istituzioni statali e dei gruppi dirigenti e alla direzione ci sono partiti che si dichiarano comunisti e si ispirano al patrimonio e all’esperienza del movimento comunista.
Per quanto riguarda la Federazione Russa il sistema economico è principalmente in mano a individui (1. i dirigenti più corrotti del sistema sovietico, 2. i promotori delle iniziative economiche private legali e criminali cresciute in URSS negli spazi lasciati dalle aziende pubbliche, 3. gli eredi dei borghesi e dei nobili rientrati dall’emigrazione: essi sono correntemente indicati come oligarchi). Però devono fare i conti con una serie di relazioni e istituzioni sociali che sono tuttora ancorate al passato socialista, come i diritti dei lavoratori, il fatto che i lavoratori trattano le aziende come se fossero ancora loro e che alcune aziende pubbliche sono state chiuse ma altre no. Bisogna capire 1. in che misura la proprietà dei principali mezzi di produzione è in mano ai privati o alle istituzioni pubbliche finalizzate alla gestione pianificata e centralizzata delle attività economiche, 2. come avviene la gestione di terre e immobili, 3. in che misura le aziende sono gestite alla luce della possibilità di andare a produrre altrove con maggiori profitti, 4. la gestione dei servizi pubblici. Dopo la dissoluzione dell’URSS, in una prima fase (l’epoca Eltsin, 1991-1999), esponenti e agenti dei gruppi imperialisti USA diressero gli oligarchi, ma questa direzione portava alla sottomissione della Federazione Russa ai gruppi imperialisti USA e alla disgregazione della stessa Federazione. Una parte degli oligarchi si ribellò a questo percorso e diede luogo all’attuale regime di cui Putin, alla testa del partito Russia Unita, è da più di vent’anni il principale esponente politico. La Federazione Russa entrò a far parte degli Stati che nel mondo si oppongono alla dominazione mondiale acquisita dai gruppi imperialisti USA nel 1945 ma in decadenza dagli anni ’70 a causa dello sviluppo della nuova crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale. Grazie alle grandi risorse naturali e al patrimonio militare, tecnologico e scientifico e di relazioni internazionali ereditato dall’URSS, la Federazione Russa è diventata con la Repubblica Popolare Cinese uno dei principali esponenti di questa opposizione mondiale. Queste sono le basi su cui oggi si sviluppano la lotta tra le classi e i gruppi sociali nella Federazione Russa e il suo ruolo nel sistema delle relazioni internazionali.
In sintesi, la Carovana del (n)PCI ritiene che i primi paesi socialisti sono oggi ripartiti in tre stadi diversi della lotta tra le due classi principali (proletariato e borghesia imperialista) e della lotta tra due vie (prosecuzione del socialismo e reintegrazione nel sistema imperialista):
– la Federazione Russa è un paese 1. la cui economia è nelle mani di grandi capitalisti in un sistema a capitalismo monopolistico di Stato, 2. che è bersaglio del tentativo dei gruppi imperialisti USA di smembrarlo espandendo la NATO in Europa orientale e in Asia, 3. in cui vivono ancora molte delle relazioni sociali create nel periodo dell’Unione Sovietica nonostante la guerra civile che negli anni Gorbaciov-Eltsin vi ha posto fine;
– la Cina e il Vietnam sono paesi diretti da partiti comunisti ognuno dei quali ha realizzato un grande sviluppo delle forze produttive nazionali ed è ora teatro della lotta tra le due vie e le due linee;
– la Corea del Nord e Cuba sono paesi diretti da partiti comunisti ognuno dei quali per differenti motivi, legati alle particolarità del paese, ha difficoltà a tracciare una propria linea nell’ambito dell’attuale stato del movimento comunista cosciente e organizzato internazionale e dell’attuale sistema di relazioni internazionali.
Questa analisi serve anche per comprendere il ruolo assunto dai BRICS di centro di aggregazione dei paesi che si ribellano o non accettano la sottomissione alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti.
5. Rivoluzione socialista che scoppia come risultato della quantità ed estensione delle lotte rivendicative delle masse nel corso di una delle crisi per sovrapproduzione di merci in cui per sua natura ciclicamente la società borghese incorre oppure guerra popolare rivoluzionaria del proletariato contro la borghesia imperialista che il partito comunista promuove?
L’esperienza del movimento comunista lungo tutto il XX secolo mostra che la rivoluzione socialista non scoppia. Nonostante l’insegnamento di F. Engels 1895 quanto alla forma la rivoluzione socialista (nel 1895, nella Introduzione alla raccolta degli scritti di Marx Lotte di classe in Francia dal 1848 al1850, egli aveva criticato la concezione che la rivoluzione socialista potesse essere un’insurrezione delle masse popolari che scoppia e nel corso della quale i comunisti prendono la direzione delle masse insorte e instaurano il socialismo), la sinistra dei partiti comunisti si limitavano alle lotte rivendicative contro i padroni (lotte sindacali) e contro le autorità (lotte politiche) e alla partecipazione alle lotte relative alla composizione delle assemblee elettive e alle misure che queste prendevano. E in nessun paese imperialista è scoppiata una qualche insurrezione nel corso della quale il partito comunista prendesse la direzione delle masse popolari e instaurasse il socialismo. Dove i comunisti hanno instaurato il socialismo, esemplare il caso dell’Impero Russo ma la cosa vale anche per ogni altro paese, le cose si sono svolte in modo ben diverso.
La Carovana del (n)PCI si basa sulla resistenza, anche solo spontanea, che le masse popolari oppongono al corso delle cose imposto dalla borghesia imperialista. In particolare appoggia le lotte rivendicative sindacali e politiche e la partecipazione alle elezioni e alle lotte nelle assemblee elettive circa le misure che le autorità prendono. Ma nelle lotte delle masse popolari la Carovana del (n)PCI mira principalmente a promuovere la formazione di organismi operai e di organismi popolari e li guida a coordinarsi e contestare o trasformare le misure delle autorità borghesi fino a rendere impossibile alla borghesia di governare il paese e costringerla a ingoiare non solo misure che attenuano il malessere delle masse, ma addirittura a ingoiare la costituzione di un governo (noi lo chiamiamo Governo di Blocco Popolare-GBP) formato da persone che godono della fiducia delle organizzazioni operaie e popolari. Un simile governo per alcuni aspetti sarà simile ai governi di Fronte Popolare formati negli anni ’30 in Spagna e in Francia (e a quelli formati prima ancora, dopo il 1918, in alcuni degli Stati della Repubblica di Weimar) e ai governi sorti in Italia e in Francia dalla vittoria della Resistenza contro il nazifascismo. L’esistenza di questi governi conferma che è possibile arrivare a fare ingoiare simili governi alla borghesia imperialista. In Italia le classi dominanti recentemente hanno ingoiato i governi capeggiati dal Movimento 5 Stelle (i due governi presieduti da Giuseppe Conte tra il 2018 e il 2021): questo evento conferma anch’esso che il nostro obiettivo di instaurare il GBP è realistico. “Ma i governi di Fronte Popolare non portarono all’instaurazione del socialismo”, ci viene obiettato. E infatti quei governi ebbero vita breve e i ministri e i partiti che godevano della fiducia delle masse organizzate vennero estromessi. Ma questo avvenne perché la destra che dirigeva i partiti comunisti non mobilitò le masse contro l’estromissione (è la critica che Zdanov fece al PCI e al PCF nel 1947 alla riunione di fondazione del Cominform). La linea “tutto attraverso il Fronte” seguita dalla destra dei partiti comunisti rese impossibile la mobilitazione. Mobilitando le masse a difendere senza cedimenti alla borghesia imperialista l’esistenza e l’opera di questi governi anziché praticare la linea “tutto attraverso il Fronte”, i partiti comunisti avrebbero guidato le masse fino a instaurare il socialismo.
La linea della clandestinità del partito comunista e del legame tra due partiti comunisti fratelli (il (n)PCI clandestino e il P.CARC pubblico) che la Carovana del (n)PCI pratica è anch’essa legata alla concezione della forma della rivoluzione socialista e al bilancio che traiamo dall’esperienza del movimento comunista. Vari partiti comunisti ritengono incombente la terza guerra mondiale ma, nonostante l’esperienza del passato (Antonio Gramsci in Italia, Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht ed Ernst Thälmann in Germania, ecc.), ignorano il problema della continuità dell’attività dei comunisti quali che siano le misure prese dalle autorità della borghesia imperialista e dalla NATO. Eppure Lenin a R. Luxemburg nel 1916 (A proposito dell’opuscolo di Junius) a ragione diceva che il difetto principale del marxismo tedesco (ma il discorso vale per tutti i partiti comunisti dei paesi imperialisti) consisteva nella mancanza di un’organizzazione illegale, abituata a elaborare fino in fondo le parole d’ordine rivoluzionarie e a educare sistematicamente le masse secondo lo spirito di esse.
Conclusioni
La lacuna più grande del movimento comunista internazionale è la mancata rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, tra i quali l’Italia. La causa principale di questo non venne dalla forza della borghesia, dal tradimento dei capi o dalla destra dei partiti comunisti, ma dai limiti della sinistra nella comprensione delle condizioni, della forma e dei risultati della lotta di classe in corso e/o nell’applicazione di essa nella lotta di classe: si tratta di individuare e superare questi limiti. Da qui l’importanza che diamo alla comprensione delle caratteristiche dell’imperialismo: lo facciamo ai fini di costruire la rivoluzione in Italia, così come fece Lenin ai fini di costruire la rivoluzione in Russia. In base a questo invitiamo gli esponenti del movimento comunista, in particolare di quello dei paesi imperialisti, al dibattito franco e aperto sul bilancio dell’esperienza del movimento comunista, sui regimi specifici posti in atto dalla borghesia nei paesi imperialisti, sulla natura della crisi in corso, sulla strategia per fare la rivoluzione socialista. A contribuire a questa ricerca e a questo dibattito è dedicato l’opuscolo L’epoca imperialista è l’epoca della rivoluzione socialista e della decadenza della società borghese (novembre 2022), realizzato dalla redazione di La Voce del (n)PCI in collaborazione con il Centro di Formazione del P.CARC e disponibile sul sito www.nuovopci.it, che sintetizza le scoperte che la Carovana del (nuovo)PCI ha fatto dagli anni ‘80 a oggi circa le caratteristiche dell’epoca imperialista e le sue trasformazioni dal 1916 in poi.