Alzare ovunque la bandiera palestinese

Nessuna divisione fra buoni e cattivi, nessuna equidistanza: sostenere la lotta del popolo palestinese senza se e senza ma

La mattina del 7 ottobre la resistenza palestinese ha inferto un colpo durissimo ai sionisti d’Israele, un colpo senza precedenti nella storia della lotta di liberazione della Palestina.
La reazione scomposta e la barbara rappresaglia dell’esercito sionista, degli imperialisti Usa e di tutta la comunità internazionale di cui sono alla testa ne sono dimostrazione.
La resistenza palestinese ha raggirato il più esteso e sviluppato sistema di controllo del mondo, ha eluso il più sofisticato servizio segreto del mondo, ha sbaragliato il secondo esercito più equipaggiato, armato e tecnologicamente avanzato del mondo.
Bando al complottismo! Una simile operazione sarebbe stata impossibile senza l’ampio supporto e il sostegno delle masse popolari palestinesi alle organizzazioni politiche e militari della resistenza.
Questo è uno degli aspetti che i sionisti e gli imperialisti non riescono a ingoiare, questo è l’esempio che vogliono cancellare il prima possibile con una cortina fumogena di intossicazione e disinformazione mentre stanno radendo al suolo la Striscia di Gaza e ne stanno sterminando la popolazione.
L’operazione della resistenza palestinese parla a tutte le masse popolari del mondo, a quelle dei paesi oppressi dall’imperialismo, ma anche a quelle dei paesi imperialisti; dimostra che gli imperialisti sono giganti dai piedi di argilla, che resistere è possibile, che contrattaccare è possibile, infliggere colpi fatali al nemico è possibile anche di fronte a una schiacciante disparità di forze.
Di fronte al massacro di rappresaglia che i sionisti stanno compiendo a Gaza con il benestare di TUTTI i governi dei paesi imperialisti e delle loro istituzioni internazionali, il popolo palestinese ha bisogno della solidarietà delle masse popolari di tutti i paesi e in particolare della solidarietà delle masse popolari dei paesi imperialisti.

Approfondimento –Il sionismo è fratello gemello del fascismo e del nazismo” – (nuovo)PCI, 5 aprile 2002

Fin da subito, dal 7 ottobre, è iniziata la martellante opera di disinformazione e intossicazione dell’opinione pubblica a livello mondiale. Una manovra poliedrica basata su fake news, revisionismo storico, moralismo d’accatto, sensazionalismo, terrorismo mediatico e razzismo, tutto combinato in modo da spacciare gli aggressori sionisti per aggrediti, i resistenti palestinesi per terroristi, fino a descrivere la popolazione civile palestinese come una razza “sub umana” e invocare per Gaza “la soluzione finale” come i nazisti la invocavano per gli ebrei.
È un coro a reti unificate alimentato da giornalisti, intellettuali, politicanti di tutti gli schieramenti, esponenti istituzionali che vanno dal sindaco di Terni alla Presidente della Commissione europea, è il messaggio scritto a caratteri cubitali su tutti i giornali, ripetuto in tutte le trasmissioni e su tutti i canali e proiettato sui monumenti e sui palazzi istituzionali.
È un messaggio ripetuto allo sfinimento, al punto che anziché essere convincente, chi lo ripete si mostra per quello che è, disperato. La propaganda di regime sta impiegando TUTTE le sue forze e risorse per debellare la solidarietà verso il popolo palestinese che esiste fra le masse popolari. Il più classico degli espedienti è dividere il fronte della resistenza palestinese fra “buoni” e “cattivi”.

Nonostante il contrattacco del 7 ottobre sia stato un’operazione congiunta di TUTTE le organizzazioni della resistenza palestinese, la propaganda di regime ha assegnato il ruolo dei cattivi ad Hamas che è l’organizzazione principale e maggioritaria e partito di governo nella Striscia di Gaza. Pertanto, a fianco di chi con la bava alla bocca invoca di radere al suolo la Striscia di Gaza, si esprime anche una schiera di anime belle e “democratici” che incita a “isolare Hamas”, “cancellare Hamas”, “annientare Hamas” perché “Hamas è come l’Isis”, “tagliagole, jihadisti, clerico-fascisti e reazionari”.
Chi cade nel tranello e si intruppa nella schiera di chi invoca “la distruzione di Hamas”, si schiera al fianco di chi vuole distruggere la principale organizzazione della resistenza palestinese, cioè si schiera al fianco di chi vuole distruggere tutta la resistenza palestinese, cioè si schiera – ne sia cosciente o meno – al fianco dei sionisti, dei loro alleati e dei loro servi. 

Approfondimento – “Alcuni compagni sono talmente indignati delle nefandezze commesse dal clero reazionario musulmano, da fermarsi alla denuncia di esse. In effetti la direzione del clero ha portato la rivoluzione democratica antimperialista a sanguinarie pratiche settarie. Ma noi comunisti per venire a capo della situazione dobbiamo anzitutto trovare risposte alla questione: “Perché noi comunisti abbiamo perso la direzione della rivoluzione”, oppure “Perché noi comunisti non siamo riusciti a prendere noi la direzione della rivoluzione?”.
Quanto al clero reazionario, esso per prendere e mantenere la direzione delle masse popolari ha però dovuto cavalcare la rivoluzione democratica antimperialista. Ovviamente lo ha fatto a suo modo, mediando tra il suo vecchio ruolo sociale reazionario e la rivoluzione democratica. Questa è continuata con forza, tanto più che gli imperialisti hanno aumentato sempre più le loro pretese ed esazioni, l’oppressione e lo sfruttamento, spinti dalla nuova crisi generale iniziata negli anni ’70 e liberati dalla pressione del movimento comunista. Hamas in Palestina è la manifestazione più chiara di un clero reazionario che si mette alla testa di una rivoluzione democratica antimperialista. Un organismo lanciato in funzione anticomunista dai sionisti d’Israele e dalla monarchia wahabita dell’Arabia Saudita (una specie di Vaticano musulmano), due braccia dei gruppi imperialisti USA, è diventato l’organizzatore più radicale della guerra contro l’occupazione sionista della Palestina, l’avamposto dell’imperialismo USA nel mondo arabo e musulmano” – da “La rivoluzione democratica antimperialista dei paesi arabi e musulmani”, La Voce del (nuovo)PCI n. 16, marzo 2004

Non è compito di chi solidarizza dall’Italia – come da nessun’altra parte del mondo – sindacare sulle forme, i mezzi e gli strumenti della resistenza palestinese.
Nessun popolo in lotta deve chiedere il permesso di lottare, né quello di usare gli strumenti e i modi che ritiene efficaci; questa è una legge universale della guerra di liberazione e della lotta per l’autodeterminazione, una legge valida sempre e ovunque da via Rasella al ghetto di Varsavia, valida in Sud Africa, nei Paesi Baschi, in Irlanda del Nord, in Angola e nel Vietnam, dalla resistenza dei Pellerossa alla guerra condotta dall’Armata Rossa Cinese dei Lavoratori e dei Contadini. Ed è valida anche per il popolo palestinese.
Del resto, la divisione fra buoni e cattivi eseguita in base a criteri stabiliti dalle forze occupanti e dai loro alleati è la tradizionale arma della classe dominante per dividere il fronte della resistenza e anche per dividere le masse popolari. Oggi i sionisti e gli imperialisti cercano di scatenare una faida fra veri o presunti “sostenitori di Hamas” e “antagonisti di Hamas” in modo da deviare l’attenzione dalle loro responsabilità tanto sul piano storico quanto rispetto al massacro che stanno perpetrando OGGI.
Che i sionisti e gli imperialisti riescano o meno nel loro intento dipende da quanto, anche in Italia, i comunisti e i rivoluzionari sono decisi a incunearsi nelle contraddizioni del nemico e a “bastonarlo mentre annaspa”.

La classe dominante è terrorizzata dall’idea che la solidarietà al popolo palestinese diventi visibile, aperta, dispiegata perché quella solidarietà è il terreno attraverso cui circola anche l’insegnamento che la resistenza palestinese ha offerto alle masse popolari di tutto il mondo: “gli imperialisti sono giganti dai piedi di argilla, che resistere è possibile, che contrattaccare è possibile, infliggere colpi fatali al nemico è possibile anche di fronte a una schiacciante disparità di forze”.
Nei paesi arabi le piazze ribollono, ma molte manifestazioni in sostegno alla Palestina si stanno svolgendo anche nei paesi imperialisti: dagli Usa alla Gran Bretagna, alla Germania. In Australia le manifestazioni sono state vietate. Il governo francese ha provato a vietarle, ma subito dopo la comunicazione del Ministro dell’interno, il 12 ottobre, migliaia di persone sono scese in strada a Parigi e in altre città e hanno resistito agli attacchi della polizia. Il governo inglese sta disponendo di rendere “illegale” l’esposizione della bandiera della Palestina.

In Italia il governo Meloni non ha ancora preso l’iniziativa di vietare iniziative e manifestazioni in sostegno alla resistenza palestinese (anche se a Roma hanno caricato il corteo alla Sapienza del 10 ottobre – vedi da Potere al Popolo), ma le Larghe Intese stanno creando il clima favorevole per farlo (vedi le minacce di Valditara ai collettivi studenteschi), anche se ciò creerebbe il presupposto per una violazione di massa dei divieti e ciò alimenterebbe  l’ingovernabilità del paese.
Nei prossimi giorni sono previste manifestazioni e presidi in moltissime città italiane e altre ne seguiranno. Non è da escludere che autorità e istituzioni prendano l’iniziativa per provocare e intimidire chi scende in piazza, alimentare la criminalizzazione del movimento di solidarietà per giustificare il restringimento degli spazi di iniziativa politica e dei diritti di manifestazione.

Se la classe dominante teme che la mobilitazione in solidarietà al popolo palestinese si estenda e si combini con le mille mobilitazioni di cui i lavoratori e le masse popolari sono già protagoniste contro il governo Meloni e le “delizie della sua agenda Draghi”, allora bisogna fare in modo che la solidarietà al popolo palestinese e le mille mobilitazioni già in atto si leghino. A partire dalle manifestazioni contro le basi militari e la Nato del 21 ottobre (a Ghedi, Pisa e Palermo), passando per le iniziative di lotta del 20 ottobre in occasione dello sciopero generale dei sindacati di base, ma soprattutto a opera e su iniziativa di chi impugnerà la bandiera palestinese per portarla di fronte alle aziende, alle scuole, agli ospedali, alle manifestazioni per la difesa della sanità pubblica, a quelle per il diritto al lavoro, a quelle degli insegnanti e a quelle contro la crisi ambientale.
Del resto c’è più di un filo che lega la resistenza del popolo palestinese alla resistenza che i lavoratori e le masse popolari del nostro paese oppongono alla crisi e alle manovre della classe dominante.
Per il ruolo che i gli imperialisti Usa e i sionisti hanno nel nostro paese, le istituzioni e le autorità della Repubblica Pontificia italiana sono complici e corresponsabili dell’occupazione della Palestina e del regime di apartheid. Per il ruolo della Repubblica Pontificia italiana nella catena dei paesi imperialisti (l’anello debole), le masse popolari italiane possono dare un enorme contributo alla causa della liberazione della Palestina e alla lotta di liberazione di tutti i popoli oppressi, rovesciando il sistema di potere su cui si basano i governi delle Larghe Intese e costituendo un governo di emergenza delle masse popolari organizzate.

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