Non occorre aspettare i dettagli della Legge di bilancio per capire dove andrà a parare il governo Meloni: è più che sufficiente soffermarsi su quello che ha fatto da un anno a questa parte per capire la direzione verso cui tira il vento.
E del resto era inevitabile che soffiasse in quella direzione: il governo Meloni è attuatore dell’agenda Draghi, ma in un contesto generale persino più degradato da quello in cui operava Draghi. Abolire il Reddito di Cittadinanza con il carovita che dilaga oppure confermare i milioni di euro di forniture militari al governo ucraino in un contesto in cui la sanità pubblica, la scuola pubblica, i trasporti pubblici e le infrastrutture sono al collasso, sono decisioni criminali oltre che anticostituzionali.
Il governo Meloni accelera nella violazione delle parti progressiste della Costituzione anche sul piano istituzionale: dall’attuazione dell’autonomia differenziata alla ventilata “svolta presidenzialista”.
Insomma le motivazioni per una manifestazione con la piattaforma del 7 ottobre esistono e anzi la mobilitazione è divenuta urgente: bene che la Cgil si sia posta capofila nel far fronte a questa necessità.
Il P.CARC aderisce e partecipa alla manifestazione e rilancia l’appello a partecipare anche a tutti gli operai e a tutti i lavoratori che, per esperienza pregressa, guardano con diffidenza e scetticismo alle parole di Maurizio Landini.
È sbagliato limitarsi a storcere il naso di fronte alla manifestazione del 7 ottobre per il servizio che la Cgil ha fatto e fa alle Larghe Intese, così come sarebbe sciocco sperare che sia sufficiente quello che la Cgil sta facendo imboccando la via della mobilitazione.
Sono gli operai organizzati, i lavoratori organizzati e le masse popolari organizzate che possono davvero cambiare il paese: con la mobilitazione per cacciare il governo Meloni e per costituire un loro governo di emergenza che attui la loro agenda anziché l’agenda Draghi.
Lo stesso Maurizio Landini, dal palco dell’assemblea Fiom del 22 settembre a Roma, ha dichiarato che “è ora di cambiare il paese e la manifestazione del 7 ottobre non è solo la manifestazione della CGIL ma di più di 200 associazioni per cambiare il paese; il 7 ottobre inizia una mobilitazione che non finisce fino a quando non si ottengono dei risultati e fino a quando il governo non si mette a discutere veramente con i sindacati”. E per questo ha ricevuto scroscianti applausi, indice dei sentimenti, delle aspirazioni e della disponibilità a mobilitarsi della base della Fiom e della Cgil, che sono la parte di gran lunga maggioritaria degli operai e dei lavoratori organizzati sindacalmente nel nostro paese.
Quindi il 7 ottobre la Cgil chiama in piazza centinaia di migliaia di persone con l’obiettivo di “cambiare il paese” e per “attuare la Costituzione”, obiettivi che sono prettamente politici, cioè attengono al governo del paese: quale governo, quel programma, quali misure.
Per realizzare gli obiettivi che sono indicati nella piattaforma della manifestazione del 7 ottobre – è ciò che occorre per risollevare il paese dal disastro in cui lo hanno sprofondato le classi dominanti e i loro partiti – non bisogna affidarsi a chi ci ha portato nella situazione in cui siamo; per attuare la Costituzione non bisogna affidarsi a chi la Costituzione l’ha prima aggirata e poi apertamente violata: bisogna che chi ha interesse ad attuarla si organizzi e prenda in mano la direzione del paese con un proprio governo di emergenza.
Con l’obiettivo di valorizzare al massimo tutte le spinte positive e le aspirazioni delle centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici che saranno in piazza il 7 ottobre a Roma, il P.CARC aderisce e partecipa alla manifestazione e rilancia l’appello a partecipare anche a tutti gli operai e a tutti i lavoratori che, per esperienza pregressa, guardano con diffidenza e scetticismo alle parole di Maurizio Landini.
È sbagliato limitarsi a storcere il naso di fronte alla manifestazione del 7 ottobre per il servizio che la Cgil ha fatto e fa alle Larghe Intese, così come sarebbe sciocco sperare che sia sufficiente quello che la Cgil sta facendo imboccando la via della mobilitazione.
Sono gli operai organizzati, i lavoratori organizzati e le masse popolari organizzate che possono davvero cambiare il paese: con la mobilitazione per cacciare il governo Meloni e per costituire un loro governo di emergenza che attui la loro agenda anziché l’agenda Draghi.
Esiste un’agenda alternativa? Esiste. Sono sette misure da attuare TUTTE INSIEME che sintetizzano tutti gli obiettivi e le aspirazioni delle masse popolari e, allo stesso tempo, permettono di fare fronte ai principali problemi della società e del paese. È un’agenda politica, cioè un programma di governo
1. Nessuna azienda deve essere chiusa, a ogni azienda devono essere assegnati compiti produttivi utili alla società e adatti alla sua natura. Questo vuol dire, ad esempio, farla finita subito con le chiusure, le delocalizzazioni e lo smantellamento dell’apparato produttivo a opera di fondi di investimento (l’ultimo caso è quello del fondo Usa Kkr che chiude la Marelli di Crevalcore) e speculatori (come non menzionare il cavalier Borgomeo, capo della Confindustria del Lazio, esperto nel rilevare aziende, prendere fondi pubblici e rottamare impianti e lavoratori?).
2. Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e a usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi. Cioè garantire a tutte le famiglie e a tutti gli individui quello che è necessario per vivere dignitosamente e alle aziende quello che serve per funzionare. È l’incubo di chi specula sulla legge della domanda e dell’offerta, ma è bene dare a questi signori una svegliata a fronte dei magazzini pieni di merci che vengono buttate e distrutte perché invendute, mentre sempre più persone e famiglie combattono contro la miseria che incombe.
3. Assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società. Si può e si deve rompere la propaganda velenosa sui fannulloni, su chi non ha voglia di lavorare, su chi approfitta, su chi viene in Italia per vivere da pascià alle spalle dei lavoratori… se ci sono i disoccupati la colpa è sempre e solo dei padroni!
4. Eliminare attività e produzioni inutili o dannose per le persone e per l’ambiente, assegnando alle aziende coinvolte altri compiti o altre produzioni.
5. Riorganizzazione tutte le relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.
6. Stabilire relazioni di solidarietà, collaborazione e scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi. L’Italia è obbligata a sottostare agli Usa, alla Nato, alla Ue e alla Bce e la popolazione italiana è obbligata a fare pure buon viso a questa sottomissione. Possono le masse popolari italiane decidere di collaborare con i Brics anziché farsi prendere per il collo dalla Bce e andare a dormire con il letto appoggiato sulle testate nucleari della Nato?
7. Epurare gli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione che sabotano la trasformazione del paese, conformare le Forze dell’Ordine, le Forze Armate e i Servizi d’Informazione allo spirito democratico della Costituzione del 1948 e ripristinare la partecipazione universale dei cittadini alle attività militari a difesa del paese e a tutela dell’ordine pubblico. In molti si concentrano sul termine “epurare” perché ha il sapore della liberazione dalla crosta di incapacità, nepotismo, servilismo e prostituzione che ammanta tutte le istituzioni del nostro paese. Tuttavia l’epurazione non è arbitraria: saranno epurati solo gli alti dirigenti che resistono attivamente alla conformazione delle istituzioni allo spirito democratico della Costituzione del 1948. E a epurarli non sarà qualcuno che farà loro le scarpe, ma chi si porrà come interprete e promotore di quello spirito.