Se fosse in qualche modo possibile eliminare dal ragionamento le vicende umane delle centinaia di migliaia di persone che ogni anno dall’Africa affrontano viaggi dalla durata indefinita, fra mille disagi, sofferenze, violenze e privazioni, quella che – affrontandola SOLO dal punto di vista di chi sta nei paesi di arrivo – viene presentata come emergenza immigrazione si pone in ogni caso come un discorso complesso e articolato.
Articoli di giornale, servizi televisivi e, soprattutto, prese di posizione di politicanti di ogni colore omettono sistematicamente che le migrazioni NON sono in alcun modo eliminabili se non vengono risolti i motivi che le producono. Che sono molti e diversi, dalla crisi ambientale alla povertà, dalle persecuzioni alle guerre, e tutti riconducibili a una radice comune: lo sviluppo della crisi generale del capitalismo, i suoi effetti e le sue conseguenze.
Pertanto pensare che si possa in qualche modo affrontare il fenomeno delle migrazioni di massa eludendo i motivi per cui esistono è un modo di ragionare tipico dei capitalisti. È loro abitudine concentrarsi su un fenomeno senza curarsi delle cause e delle conseguenze, considerandolo a sé stante e ragionando solo in relazione al profitto che possono trarne.
Da inizio settembre in Italia si è tornati a parlare con insistenza dell’emergenza immigrazione. I termini e i modi sono quelli propri dei capitalisti: per alcune fazioni della classe dominante è un affare, per altre un modo per alimentare allarme sociale e guerra fra poveri, per altre ancora è entrambe le cose, a seconda dei contesti e dei referenti.
Argomento principale: il numero di sbarchi a Lampedusa. I termini usati dai giornali e dalle Tv – che parlano di invasione – vanno considerati in un discorso più complessivo e anche in relazione al lasso di tempo e allo spazio interessato.
Più di 7 mila persone sbarcate in pochi giorni hanno creato una situazione finora inedita: sull’isola ci sono stati più immigrati che abitanti. Senza dubbio è un’emergenza.
Ma i 7 mila immigrati si sono aggiunti agli 89 mila sbarcati nei primi sette mesi del 2023 su tutte le coste italiane (dati del Viminale). Cioè – è un conto a spanne – parliamo di meno di 100 mila persone arrivate in Italia e dirette in vari paesi d’Europa. Una goccia nel mare rispetto agli 8 milioni di ucraini emigrati in 15 mesi di guerra (fra questi, 5 milioni hanno ottenuto il riconoscimento di profughi secondo i dati dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati).
No, non stiamo facendo qui quello che fanno le autorità della Ue, non stiamo affatto dividendo gli immigrati buoni da quelli cattivi. Stiamo solo mettendo in evidenza il doppiopesismo delle istituzioni borghesi. Un atteggiamento che le accomuna indipendentemente dal “colore politico”.
Il governo francese schiera squadre antiterrorismo ed elicotteri alla frontiera di Ventimiglia per impedire l’ingresso di immigrati e ribadisce che non muoverà un dito per aiutare il governo Meloni a fare fronte alla situazione di Lampedusa. Il governo tedesco fa lo stesso, ma poiché non ha confini con l’Italia da difendere con truppe speciali, annuncia che finanzierà le Ong che effettuano le operazioni di salvataggio nei mari italiani.
Ecco come l’emergenza immigrazione diventa arma di ricatto e di pressione fra diverse fazioni della classe dominante!
A loro volta, anche Meloni e Salvini, che amano vestire i panni dei sovranisti “osteggiati e discriminati dai buonisti di Bruxelles”, si mostrano per quello che sono: sciacalli ben vestiti.
L’emergenza a Lampedusa è stata prontamente usata per emettere un decreto d’urgenza (con lo stanziamento di 45 milioni di euro) per “realizzare opere strutturali e infrastrutturali adeguate a fare fronte agli sbarchi e approntare le operazione di respingimento”. Detto in altri termini: trasformare Lampedusa in un grande e remunerativo carcere a cielo aperto per trattenere lì gli immigrati che arrivano.
Ma non è finita. Nel Decreto “Cutro”, una norma attuativa prevede che i richiedenti asilo siano obbligati a versare “una caparra” di 5 mila euro per evitare la reclusione nei Cpr.
Tutto ciò succede mentre infuria la propaganda razzista sulle colpe e le responsabilità degli immigrati.
Come se fossero gli immigrati a speculare sulla chiusura delle aziende, a licenziare, a gestire il sistema degli appalti e dei subappalti, a eludere i sistemi di sicurezza sul lavoro, a privatizzare la sanità.
È dietro questa propaganda che si nasconde la guerra che la classe dominante conduce contro immigrati e italiani, indistintamente: una guerra in cui non conta il colore della pelle e il paese di provenienza, ma solo l’essere ricchi o meno.
Poiché non è possibile eliminare dal ragionamento sull’immigrazione le vicende umane delle centinaia di migliaia di persone che ogni anno affrontano viaggi dalla durata indefinita, fra mille disagi, sofferenze, violenze e privazioni, l’unica cosa sensata, giusta e di prospettiva è affrontare il tema con soluzioni semplici e, soprattutto, efficaci.
Non si tratta di risolvere per decreto le tante cause delle migrazioni: su questo è possibile ragionare SOLO in una società diversa e superiore. Si tratta di adottare misure che sono possibili già oggi e che un governo che fa gli interessi delle masse popolari anziché quello dei capitalisti, dei trafficanti di esseri umani e degli speculatori può attuare fin da subito.
Prima di tutto, abolire il reato di immigrazione clandestina. Perché uno Stato che mette fuori legge una persona solo per il fatto che è presente in un certo territorio è uno Stato che coltiva e alleva criminali e che ha interesse (trae vantaggio) dall’esistenza della criminalità. Altro che “sicurezza”!
In secondo luogo, garantire a tutti un lavoro utile e dignitoso. Chi dice che non c’è abbastanza lavoro vive in un’altra dimensione: un paese in cui ogni volta che piove esondano i fiumi è un paese che ha urgente bisogno di lavoro e di lavoratori.
Già solo queste due misure eliminano alla radice la maggioranza dei motivi per cui l’immigrazione è presentata come un’emergenza e una minaccia. La vera emergenza e la vera minaccia sono i capitalisti e i loro lacchè che riversano sulle spalle delle masse popolari gli effetti della crisi.