Una parte degli imperialisti Usa sta meditando di abbandonare al loro destino Zelensky e l’Ucraina. Non perché abbiano cambiato idea sulla (loro) esigenza di proseguire l’accerchiamento della Federazione Russa, ma perché una serie di circostanze e condizioni li stanno portando a concludere che la strada intrapresa è diventata compromettente, impegnativa e poco efficace. Gli sforzi degli imperialisti Usa e gli scarsi risultati influiscono anche sulla campagna elettorale per le presidenziali del 2024.
Da qui le “voci” critiche sui risultati della controffensiva ucraina e lo scetticismo riguardo alla possibile vittoria che si alzano distintamente, non sono bisbigli, anche dai vertici della Nato.
Un’altra parte degli imperialisti Usa sta invece premendo sull’acceleratore. Scetticismo o meno, risultati sul campo deludenti o meno, sull’Ucraina continuano a piovere miliardi di dollari (necessari per tenere in piedi il governo Zelensky e il funzionamento dello Stato) e armi sempre più moderne e sofisticate: carri armati, missili a lunga gittata, munizioni all’uranio impoverito, droni.
Da qui i dispacci della propaganda atlantista sugli importanti avanzamenti dell’esercito ucraino e sulle battaglie che “cambiano il corso della guerra” (si è perso il conto di quante volte i media di regime hanno usato questa definizione).
La verità non sta nel mezzo. La verità è che se le condizioni sul campo non prendono una piega decisamente più favorevole alle mire degli imperialisti Usa, questi manderanno al diavolo Zelensky e l’Ucraina, con buona pace di un paese devastato (alla mercé degli speculatori di ogni risma – vedi “Ucraina all’asta” su Resistenza n. 9/2023) e di una popolazione martoriata da dieci anni di guerra (nel Donbass è iniziata nel 2014!).
Che la situazione sia questa lo ha capito anche Zelensky che non si limita più a battere i piedi e pretendere aiuti economici e militari dagli “alleati”, ma ha imposto una svolta nella politica interna per mobilitare “tutte le forze nella guerra contro la Russia”.
Sono stati deposti tutti gli ufficiali addetti al reclutamento ed è stato cacciato il ministro della difesa a causa della diffusa corruzione per evitare l’arruolamento. È stata intensificata la “caccia ai disertori” attraverso rastrellamenti nelle città e nei villaggi. È stata anche ratificata la richiesta ai paesi europei (vedi Germania), che ospitano profughi di guerra, di rimpatriare tutti gli uomini in età compatibile con l’arruolamento.
La consacrazione delle masse popolari ucraine come carne da macello ha dunque fatto un passo avanti.
Nonostante le diverse valutazioni rispetto agli sviluppi della guerra in Ucraina, gli imperialisti Usa sono accomunati dalla preoccupazione rispetto alle iniziative della Repubblica Popolare Cinese, in particolare, nel rafforzare e sviluppare la rete di relazioni fra paesi interessati ad alleggerire la loro dipendenza dagli imperialisti Usa e paesi decisi a liberarsi dal colonialismo.
Le prospettive dei Brics (allargamento, accelerazione nel processo di de-dollarizzazione degli scambi internazionali e dell’economia interna) e i sommovimenti di natura antimperialista in Africa dimostrano chiaramente che le manovre aggressive degli imperialisti Usa sono dettate dalla preoccupazione di perdere ulteriore terreno e ruolo egemone.
Se questo ha ricadute contraddittorie rispetto alla guerra in Ucraina (chi è disposto ad “abbandonarla” per concentrarsi su problemi più grandi e chi vuole chiudere la partita il prima possibile per dedicarsi a problemi più grandi), questo conferma che la via della guerra è quella che caratterizza, e sempre più caratterizzerà, la società e il mondo. La via della guerra o la via della rivoluzione socialista. La seconda contende il futuro alla prima. La seconda precede e scongiura la prima o nasce dalla prima come soluzione alla devastazione a cui la classe dominante conduce il mondo.
È giusto e lungimirante quanto scritto sul n. 74 de La Voce del (n)Pci nell’articolo“Un approfondimento sul multipolarismo”:
“Non è detto che i negoziati cinesi (o quelli del Vaticano, condotti dal cardinale Zuppi) non riescano, non è escluso che gli imperialisti Usa concludano che bisogna cedere alla Federazione Russa le zone che essa rivendica e fare di Zelensky un ricco esule negli Usa (oppure eliminarlo). Ma anche in questo caso, per dirla con Lenin, finché non vincerà il socialismo sarà un armistizio, una tregua, la preparazione a un nuovo massacro dei popoli, perché per i gruppi imperialisti Usa, sionisti, europei e i loro satelliti la guerra è indispensabile per mantenere il loro dominio sull’umanità (e inoltre con la produzione militare alcuni di essi accumulano enormi profitti), non possono fare altrimenti”.
Se ne deve trarre che non esistono “terze vie” o “appelli alla ragionevolezza” per scongiurare lo sbocco “naturale” a cui la borghesia imperialista sta portando la società capitalista (il mondo), ma lungi dall’avvitarsi in speranze mal riposte o previsioni disfattiste, ciò comporta che le condizioni materiali favoriscono il trionfo della rivoluzione socialista perché SOLO il socialismo può mettere fine alla spirale di guerra e devastazione prodotta dalla crisi generale del capitalismo.
Tutti i tragici effetti della crisi generale, che SEMBRANO susseguirsi senza interruzioni e soluzione e si presentano ogni giorno come più gravi e distruttivi sono SOLO la manifestazione dell’urgenza di dare alla società e all’umanità uno sbocco positivo, sono solo la dimostrazione dell’urgenza di instaurare il socialismo nei paesi imperialisti.