Cosa rappresenta la guerra in Ucraina? Dipende dalla prospettiva da cui la si guarda. È una tragedia per i popoli coinvolti e causa di un drastico peggioramento delle condizioni di vita per le masse popolari di tutto il mondo. Per i gruppi imperialisti Usa/Nato, al contrario, è strumento per avanzare nell’accerchiamento della Federazione Russa, per rovesciare il regime di Putin e balcanizzare l’area. Ma non solo: è anche un grande, enorme affare.
Il conflitto ha messo infatti in moto una marea di soldi e risorse, sconvolgendo gli equilibri economici mondiali: una situazione di caos dove le opportunità per fare grandi profitti sono innumerevoli per chi non si fa scrupoli a coglierle. Inoltre, ha reso il regime di Kiev completamente dipendente dai dollari degli imperialisti Usa e Ue, eliminando ogni freno alle scorrerie del capitale internazionale nel paese.
Su queste basi il conflitto è divenuto da subito occasione per speculazioni di ogni tipo: sul prezzo dell’energia, sull’accoglienza dei profughi, sull’invio di armi, sulla ricostruzione (a conflitto ancora in corso) e così via.
A questo riguardo, su Le Monde Diplomatique di agosto-settembre è stato pubblicato un articolo che fa luce su un tipo di speculazione particolarmente odiosa, perché promette di affamare mezzo mondo: quella sul grano ucraino. La ricostruzione è particolarmente interessante, perché permette di vedere, tramite un esempio concreto, i meccanismi che fanno di questo conflitto un’enorme mangiatoia, ma anche le contraddizioni che apre nel campo della stessa borghesia imperialista.
Tutto comincia nel 2022, con la decisione della commissione europea, a seguito del blocco parziale del Mar Nero dovuto al conflitto, di annunciare la creazione di “corridoi di solidarietà”. Obiettivo dichiarato: sostenere l’economia di Kiev e permettere al grano ucraino di raggiungere i mercati nordafricani e mediorientali, che da queste forniture dipendono fortemente. A questo fine vengono aboliti dazi e barriere doganali.
E come mettere in discussione le buone intenzioni della commissione europea, che agisce ovviamente nell’esclusivo interesse dei paesi affamati? D’altronde i gruppi imperialisti hanno tanto a cuore i popoli del Medio Oriente e del Nord Africa da essere andati a visitarne la maggior parte, armi in pugno, per portarvi la pace. Solo dei mal fidati possono pensare che la creazione di questi corridoi abbia avuto a che vedere con altri interessi, magari quelli delle grandi multinazionali del settore agroalimentare…
Così a maggio di quest’anno la Ue annuncia di aver assicurato l’esportazione di 38 milioni di tonnellate di grano. Ma ben presto la verità viene a galla. Nello stesso mese di maggio agricoltori ungheresi, romeni, polacchi e slovacchi protestano a Bruxelles. Il motivo è che tanta parte del grano ucraino, invece di giungere a destinazione, è stato venduto sul mercato europeo (in particolare nell’Europa dell’Est), producendo un importante deprezzamento dei cereali e portando molte aziende agricole alla rovina.
E chi ha messo quei cereali sul mercato dell’Unione? Marie Claude Marel, studiosa francese citata nell’articolo, risponde che sono stati – guarda un po’ – gli affaristi dell’agro business internazionale: “A partire dal decennio 2010-2020 hanno creato potenti strutture in Ucraina per trattare il grano prodotto dai gruppi agroalimentari. Le grandissime aziende agricole, lontane eredi di quelle statali, sono state trasformate dagli investitori stranieri, europei e statunitensi, i quali hanno assunto il controllo delle colture cerealicole su larga scala, coltivate in condizioni estremamente favorevoli, grazie a un alto livello di meccanizzazione. Si tratta di una concorrenza anomala, perché in linea di principio il mercato interno europeo è protetto.”
Insomma, hanno approfittato della situazione e delle misure di emergenza per macinare enormi profitti grazie al basso prezzo del grano ucraino, affamando i paesi che da questo dipendono e mandando in rovina le aziende agricole dell’Europa orientale. Il fatto non è stato privo di conseguenze, al contrario. Polonia, Ungheria, Bulgaria e Slovacchia hanno reagito chiudendo le frontiere al grano ucraino. Addirittura il governo polacco – fino a quel momento fra i più accaniti sostenitori della guerra contro la Federazione Russa e del regime ucraino – ha dichiarato che non fornirà più armi a Kiev, per concentrarsi sul riarmo del proprio esercito. Intanto Mosca ha annunciato a luglio che nei prossimi mesi esporterà gratuitamente il grano nei paesi più bisognosi e rafforza la sua influenza in Africa e Medio Oriente.
Insomma, alla fine questa speculazione è arrivata a minare il fronte della Nato nella guerra contro la Federazione Russa. L’unità è, quindi, solo apparente: ogni gruppo persegue il suo interesse specifico, cerca di arraffare quanto più possibile, fregandosene delle conseguenze. Morale della storia? Ogni manovra che i gruppi imperialisti mettono in campo per mantenere il controllo della situazione si ritorce contro di loro, aumenta il caos e alimenta la crisi.