Su Resistenza n. 7-8 abbiamo pubblicato l’articolo “Opposizione popolare all’acciaieria di S. Giorgio di Nogaro”.
Un articolato movimento popolare, combattivo, incisivo e tenace, da sette mesi organizza assemblee, presidi, cortei per impedire la costruzione di un impattante impianto siderurgico, la cui realizzazione sconvolgerebbe in maniera irreversibile la laguna di Grado e Marano (UD). Il piano di realizzazione prevede, oltre al sito siderurgico, anche la costruzione di una serie di opere infrastrutturali (canali – con un dragaggio fino a 9,76 metri di profondità per consentire il passaggio di navi con carichi di centinaia di tonnellate e la conseguente salinizzazione delle falde – banchine di approdo, strade ecc.), i cui costi, stimati in 250 milioni di euro, ricadrebbero sulle casse pubbliche della Regione. Il progetto fa capo a una joint venture fra la multinazionale friulana Danieli e la Metinvest dell’oligarca ucraino Achmetov, già proprietario della Azovstal di Mariupol in Ucraina, che quando era in funzione era annoverata fra le acciaierie più inquinanti d’Europa.
La mobilitazione popolare dei comitati contro la sua realizzazione ha portato a schierarsi anche molte amministrazioni locali come quelle di Marano Lagunare, Lignano Sabbiadoro, San Giorgio di Nogaro, Grado, Latisana, Terzo di Aquileia e Aquileia, tutti comuni che subirebbero un contraccolpo notevole anche in termini di prestigio e affluenza turistica. Si è creato così un fronte ampio che ha fatto via via vacillare l’iniziale via libera alla realizzazione dato dalla Regione Friuli Venezia Giulia, guidata dal leghista Fedriga.
Annusando che l’operazione non filava liscia come sperato, il presidente di Danieli, Benedetti, a metà settembre ha diramato alcune note stampa in cui sosteneva la compatibilità ambientale del progetto e che non farlo in Friuli sarebbe stata un’occasione persa, un peccato “anche dal punto di vista culturale” (sic!).
Ad agitare le acque ci si sono poi messi i risultati di due studi commissionati dalla Regione Friuli alle università di Udine e Trieste. Il progetto a loro avviso si può realizzare senza problemi particolari, nonostante tutte le evidenze rilevate dai comitati popolari, dalle associazioni ambientaliste e dai loro tecnici. I comitati “No acciaieria” affermano che non è chiaro chi sia il reale committente di questi studi, visto che il presidente Fedriga dichiarava che non c’era un progetto già definito, mentre gli studi sembrano appoggiarsi a rilevazioni molto precise e dettagliate.
Tutto questo rimescolare le carte è avvenuto in vista dell’audizione della II e IV commissione del consiglio regionale svoltasi il 21 settembre. All’audizione erano presenti, oltre al consiglio regionale, i sindaci della laguna, i sindacati e associazioni ambientaliste come Wwf e Legambiente. I comitati popolari “No acciaieria” sono stati esclusi e per protesta hanno promosso un presidio fuori dalla sede regionale in contemporanea con le audizioni.
Nonostante le manovre di Danieli-Metinvest (che continua a insistere, facendo leva sui risultati dei citati studi universitari) e l’iniziale favore al progetto manifestato dalla Regione, l’organizzazione e la mobilitazione popolare ha incassato una prima vittoria, portando la Regione Friuli a fare marcia indietro! Poco importa che l’assessore regionale alle attività produttive Bini motivi il cambio di rotta con gli eccessivi costi delle opere infrastrutturali: la vittoria è frutto dei comitati popolari, anche se il fronte nemico non lo riconoscerà mai!
In seguito a questo pronunciamento è ripartita la campagna di piagnistei e denigrazioni sull’occasione persa e la presunta arretratezza di chi ha rifiutato un progetto innovativo, che avrebbe portato prosperità e benessere. Il classico schema che si ripropone ogni volta che l’opposizione popolare riesce a impedire la realizzazione di opere inutili e dannose: l’esperienza No Tav in Val Susa ne è l’esempio più noto. Uno schema che segnala che chi ha incassato questa sconfitta non è ancora rassegnato a mollare l’osso e che è necessario tenere alta la guardia. Il ministro Urso ora invoca la necessità dell’acciaio per il nostro paese, mentre si chiudono senza battere ciglio le acciaierie di Piombino!!
In ogni caso, questa prima vittoria dimostra che con l’organizzazione e la mobilitazione popolare è possibile creare un fronte compatto, aprire contraddizioni in campo nemico e vincere.