Organizzarci e coordinarci per impedire l’ulteriore militarizzazione dei territori, per contrastare gli effetti più devastanti della partecipazione alla guerra USA-NATO in Ucraina, per cacciare i partiti delle Larghe Intese: della guerra, delle grandi opere inutili e dannose e della devastazione ambientale!
Il 6 settembre, a Roma, si è tenuto il tavolo interistituzionale per trattare del progetto della nuova base militare da installare a Pisa. Il significato politico di questo incontro (e di quanto si evince dal verbale) è che a distanza di un anno e mezzo dal primo decreto Draghi, i vertici militari, i partiti delle Larghe Intese e le loro autorità (governi locali e nazionale) non sanno dove sbattere la testa per far ingoiare alla popolazione questo boccone amaro.
Prima l’ipotesi di spacchettamento utilizzata per placare i primi animi e su cui i partiti delle Larghe Intese sembravano contendersi la sede del progetto, quelle stesse autorità di centro-destra e centro-sinistra che firmano accordi sottobanco per favorire l’economia di guerra, la militarizzazione e repressione del nostro territorio, che trafficano per accaparrarsi finanziamenti e che favoriscono la speculazione sulle nostre spalle!
Adesso, insieme alla conferma dello spacchettamento tra l’area del CISAM e Pontedera, la proposta di un’opera a minimo impatto ambientale, che addirittura favorirebbe la biodiversità, con tanto di bonifiche e riqualificazioni dei luoghi lasciati al degrado.
Insomma, chi ha firmato il “nuovo progetto” e cioè: il ministro della difesa Crosetto, il presidente della regione Giani, il sindaco di Pisa Conti, il presidente del parco Bani, ha dovuto tenere ben di conto della mobilitazione popolare che si è sviluppata in questo anno e mezzo, a partire dal Movimento No base- né a Coltano né altrove, e non solo: devono tenere conto anche di quello che continua a muoversi e che si muoverà domani. Infatti, dopo la riunione del 18 settembre alla presenza della Comunità del parco, all’interno dello stesso Partito Democratico sono sorte spaccature da cui si evince quanto, almeno una parte, sia costretta a tenere presente il ruolo delle masse popolari che si organizzano e ciò genera contraddizioni che dobbiamo alimentare e di cui dobbiamo approfittare.
Al netto del fatto che realizzare un’opera di quella portata (centinaia di migliaia di area militarizzata, centinaia di migliaia di metri cubi di edifici, che implicheranno il coinvolgimento e stravolgimento di strade urbane, della logistica, insomma un enorme terreno sottratto alla salute, agli interessi, alla vita delle masse popolari del luogo!) molto difficilmente può rispettare i criteri di fattibilità proposti, di certo non serve che si mobiliti il Ministro della Difesa per decidere, ad esempio, cosa fare della stazione Marconi di Coltano! A questo ci hanno già messo mano, e devono pensarci, i cittadini di Coltano, promuovendo un piano dal basso che realmente guarda agli interessi della collettività e favorisca la partecipazione popolare.
Non esiste opera che possa compensare la presenza nociva della base!
Infatti:
. dal punto di vista politico non c’è compensazione che tenga all’ospitare sul nostro territorio un corpo speciale (quello della Tuscania) specializzato nelle missioni militari all’estero, cioè rapine manu militari a danno di altri paesi in virtù degli interessi economici e politici della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA; UE e sionisti;
. dal punto di vista sociale chiediamo: quale contributo può dare alla vita delle masse popolari del territorio la presenza di questa base se non quello di farci abituare alla guerra?
. sotto il profilo ambientale, che ne dicano Giani e Co., sempre di cementificazione si parla, senza contare l’utilizzo dei materiali di addestramento, di mezzi per lo spostamento di materiale bellico ecc. che di “bio” non hanno proprio nulla! Tutto questo, in un territorio già martoriato militarmente dalla presenza della base di Camp Darby, dalla ferrovia di Navicelli per il trasporto di armi, inquinato dai fanghi del KEU, dall’inceneritore, dalla discarica.
Insomma, una faraonica opera inutile, dannosa e nociva finanziata con fondi pubblici che dovrebbero essere investiti per la messa in sicurezza delle case popolari e del resto dell’urbanistica, per il potenziamento della sanità e della scuola pubbliche, per i servizi sociali.
Le opere di riqualificazione citate nel verbale non sono altro che quanto serve al territorio e che non può essere merce di scambio per far piegare sindaci e popolazioni coinvolte ad accettare questo progetto.
Dobbiamo pretendere che le opere di riqualificazione a cui si fa riferimento vengano attuate indipendentemente dalla costruzione della nuova base: se è evidente la possibilità di farle nella prospettiva della costruzione della base, allora è altrettanto evidente la possibilità (e necessità) di realizzarle anche anche senza il ricatto della base!
Le autorità vigenti parlano di difesa, alimentando nelle masse popolari la paura della guerra. La verità è che i lavoratori e il resto delle masse popolari sono già in trincea: per non morire sui posti di lavoro, per curarsi mentre tagliano la sanità, per non morire sotto i tetti crollati delle scuole, per arrivare a fine mese.
L’accelerazione della militarizzazione dei territori, il riarmo, il tentativo di intruppare una parte crescente delle masse popolari nella guerre volute dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti (in particolare degli USA e della NATO) sono espressione della crisi del sistema capitalista in cui siamo immersi e del tentativo degli USA di far fronte alla loro perdita di egemonia nel mondo a cui provano a far fronte estendendo la NATO a EST e nel Pacifico.
Il progetto della base pare irrinunciabile per l’attuale governo Meloni dunque la lotta dei territori che si mobilitano assumerà un peso maggiore tanto più si legherà alla lotta per cacciare questo governo.
La lotta contro la nuova base a Pisa e Pontedera necessita del protagonismo della più ampia parte delle masse popolari del territorio, in primis degli operai che sono la base portante del sistema di produzione in cui viviamo, che hanno strumenti di lotta maggiormente in grado di incidere sugli interessi dei nostri nemici, che occupano posizioni strategiche in grado di boicottare nel concreto la produzione e il traffico di armi (come sono stati esempio i lavoratori aeroportuali di Pisa, i portuali del Calp di Genova).
Costruire decine di organizzazioni popolari che si mobilitano contro la guerra e rafforzare quelle esistenti!
Partire dalle scuole, dai quartieri, dalle fabbriche per boicottare gli effetti, la cultura, le opere, di guerra!
P.CARC sez. Pisa