Il tentativo di chiusura dello stabilimento Magneti Marelli a Crevalcore è un ulteriore passo nello smantellamento del settore auto in Italia. Basta guardare alla storia del gruppo ex FIAT, diventata FCA prima e Stellantis poi. Infatti, il marchio Magneti Marelli è stato liquidato dagli Agnelli-Elkan nel 2019-2020: un’operazione in linea con un progetto che perseguono da quarant’anni e cioè uscire dal settore industriale per trasformarsi sempre più in un colosso finanziario internazionale. Un’altra operazione di questo tipo, per esempio, fu la manovra dello scorporo tra IVECO e CNH.
Quanto avviene oggi a Crevalcore, cioè, non è un caso isolato. Lo dimostrano anche le recenti crisi aziendali dell’ex GKN di Campi Bisenzio (FI) o, per restare sul nostro territorio, quella della ex BreadaMenarinibus (oggi IIA – Industria Italiana Autobus). In tutta Europa è in atto un processo di questo genere nei principali settori manifatturieri, dalla siderurgia e il settore della produzione degli elettrodomestici. Tramite multinazionali manifatturiere, fondi di investimento USA (e non solo) comprano in Italia, Francia, ecc. aziende industriali allo scopo principale di delocalizzarle nei paesi dell’Europa Orientale o in Asia e in Africa.
Nel caso dello stabilimento di Crevalcore non bisogna guardare solo alla dichiarata volontà di spostare la produzione nello stabilimento di Bari: la Marelli è una multinazionale che ha stabilimenti in tutto il mondo. L’intento complessivo è delocalizzare tutto quello che riescono a delocalizzare in paesi dove possono ricavare maggiori profitti da destinare alle loro attività speculative, le quali sole garantiscono rendimenti adeguati considerata la massa dei capitali messi in moto. Ecco spiegata la “scarsa propensione” all’investimento nella conversione green! Arrivano, depredano e se ne vanno. Cercare di ottenere da questa gente la disponibilità a fare investimenti che tengano conto delle esigenze produttive della collettività (produrre quello serve, in questo caso veicoli ecologici) e la tutela dei posti di lavoro è come aspettarsi che uno sciacallo mangi insalata.
Per capirsi il fondo di investimenti che controlla la Marelli, Kohlberg Kravis Roberts (KKr), ha acquisito la Marelli per 5,8 miliardi di euro ma gestisce oggi circa 510 miliardi di patrimonio. Al 31 dicembre 2022 erano 127 le aziende in portafoglio nei suoi fondi e generavano in totale circa 288 miliardi di dollari di rendite per i suoi “investitori”. I fondi di investimenti USA hanno tutti i dollari che vogliono grazie alla Federal Reserve che dal 1971, con il colpo di mano di Nixon, può produrre tanti dollari quanti riesce a collocarne sul mercato finanziario e monetario. Comprando aziende e delocalizzandole, questi fondi si giovano dei salari più bassi e delle condizioni (diritti dei lavoratori, norme antinquinamento, ecc.) più favorevoli ai capitalisti vigenti nei paesi dell’Europa Orientale da dopo il 1989 e nei paesi oppressi, ma soprattutto rafforzano governi legati alla NATO per fare guerra alla Federazione Russa (il più forte militarmente degli Stati che non lasciano via libera sul proprio territorio alle scorrerie della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA europei e sionisti) e ricattare la Germania. È un’operazione di largo respiro, economica e politica. Sono operazioni di guerra, sono parte della guerra in cui l’Italia, da protettorato USA, è trascinata a sue spese. La lotta contro la guerra e contro la NATO è strettamente correlata alla lotta contro lo smantellamento dell’apparato produttivo nazionale: è un legame che va fatto vivere su grande scala nelle mille mobilitazioni dal basso di fase!
Che oggi procedano in quest’opera di devastazione e saccheggio della produzione adducendo come causa la crescita del costo dell’energia, come fanno alla Marelli, diretta conseguenza della (loro) speculazione sulle materie prime collegata alla guerra in Ucraina cos’altro è, infatti, se non propaganda di guerra?
Che cosa significa tutto questo per i lavoratori italiani e per tutti coloro che nel nostro paese non vogliono chinare la testa di fronte alle scorribande degli sciacalli nostrani e stranieri e aspirano a riportare l’Italia sul cammino di civiltà e progresso di cui è degna?
Innanzitutto, i lavoratori della GKN hanno dimostrato che un gruppo di lavoratori organizzati e determinati a fare della lotta una questione di ordine pubblico, una questione politica che riguarda tutto il territorio, possono far traballare il gigante dai piedi di argilla. Una via è stata aperta: si tratta per ogni lavoratore disposto a mobilitarsi, di percorrerla. Non accontentarsi di CIG e altri ammortizzatori sociali ma fare di ogni azienda minacciata di delocalizzazione, chiusura, ristrutturazione un centro promotore della lotta contro lo smantellamento dell’apparato produttivo del nostro paese!
Quanto vale per i lavoratori della Marelli vale per i lavoratori IIA, della TIM (su cui KKr sta allungando le grinfie) o di qualsiasi altra azienda destinata a entrare nel tritacarne della speculazione finanziaria: non aspettare l’avvio di una vertenza, organizzarsi per tempo (non importa se all’inizio si è in pochi) e partire dall’appartenenza di classe non dalla tessera sindacale né dalla posizione politica. Questo è un grande insegnamento che ci arriva dall’esperienza dei Consigli di Fabbrica degli anni ‘70 (clicca qui e qui per conoscere i volumi sulle interviste ai loro protagonisti)!
Inoltre, i lavoratori della GKN hanno, nella pratica, dimostrato il valore della convergenza e della solidarietà di classe. Crevalcore “non è Bologna” ma vi ha un legame di prossimità, storico e produttivo. Che Bologna entri nella partita! Il 22 ottobre 2022, quasi un anno fa, la GKN ha portato la bandiera dell’insorgere e del convergere e Bologna l’ha raccolta. È il momento quindi che il movimento cittadino tenga alta quella bandiera. La Marelli è del territorio, che il territorio insorga al suo fianco. Che ogni organizzazione, coerentemente con la propria natura e le proprie forze, metta in moto la solidarietà verso i lavoratori Marelli, manifesti pubblicamente il proprio sostegno con comunicati, organizzi iniziative con la partecipazione dei lavoratori, partecipi al loro presidio.
Partecipare ed estendere lo sciopero indetto dai lavoratori della Marelli, aderire agli scioperi nazionali indetti per il 7 ottobre dalla CGIL e per il 20 ottobre dai sindacati di base, costruire sul territorio le tappe di avvicinamento in modo che queste date non si risolvano in passerelle ma siano la base per azioni successive e concatenate.
E, quindi, marciare verso che cosa?
La partita è politica. È politica perché si tratta, in ultima analisi, di porre la questione del governo del paese, un governo che non lasci libertà di manovra ai gruppi imperialisti e che non sacrifichi la struttura produttiva del paese agli appetiti degli sciacalli. Un governo che imponga, in sostanza, una sovranità popolare e rompa con la sottomissione agli imperialisti USA. Il governo Meloni non è e non può essere un governo di questo tipo: è, al contrario, un governo che mentre intossica cuori e menti dei lavoratori perseguitando gli stranieri poveri, svende il paese agli stranieri ricchi (il cui operato, tra le altre cose, è la causa delle migrazioni di massa). È un governo espressione di finanzieri e speculatori. Va cacciato!
Chi vuole cambiare l’attuale corso delle cose deve imboccare la via della rivoluzione socialista, che nel nostro paese è la via del Governo di Blocco Popolare. Oggi è possibile e necessario assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) conformi alla sua natura e alle esigenze della collettività e dell’ambiente, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa). È possibile e necessario assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società. Applicare o meno queste misure, oltre che essere ormai una questione di vita o di morte per milioni di persone, è solo una questione di volontà politica. Costruire quell’infrastruttura sociale, quella rete di coordinamento che sola può sorreggere un governo che prende queste misure, è il compito dell’oggi.
Dalla Magneti Marelli passando per l’IIA fino alla lotta contro il Passante di Mezzo e per ricostruire la Romagna: continuare ad insorgere e a convergere a Bologna e nel resto della regione!
Il paese sprofonda. La soluzione non arriverà dai Bonaccini e Colla, né tanto meno dai Meloni e Urso di turno: solo le masse popolari organizzate possono salvarlo!