Basta bla bla bla e lacrime di coccodrillo!
Pubblichiamo l’intervista a Vito Totire, medico del lavoro e portavoce delle Associazioni Esposti Amianto di Bologna e della Rete Nazionale Lavoro Sicuro, sull’esperienza dei Gruppi Operai Omogeni (GOO), uno strumento per l’organizzazione dal basso dei lavoratori a tutela della loro salute e della sicurezza sul lavoro.
Quello della salute e della sicurezza sul lavoro è un problema oggi più attuale che mai: la strage di Brandizzo (TO) del 31 agosto, la morte di Alfredo Morgese mentre lavorava all’interno dell’aeroporto Marconi di Bologna il 14 settembre (a cui è seguito uno sciopero con corteo il 18 settembre anche alla presenza del sindaco PD Matteo Lepore con il solito canovaccio di tanto fumo e niente arrosto), la media quotidiana di tre omicidi sul lavoro e le migliaia di infortuni annuali sono lì a dimostrarlo. Tutto ciò non è una fatalità né è dovuto all’”errore umano” di questo o quel lavoratore. Sono “l’effetto collaterale” dello sfruttamento, della censura e degli obblighi di fedeltà aziendale, della repressione, dei ritmi infami di produzione, dei subappalti, del mancato rispetto delle procedure di sicurezza che sono un costo per i padroni perché riducono i loro profitti. Nel 2010, l’allora Ministro dell’Economia Giulio Tremonti dichiarò spudoratamente la linea dei padroni e delle loro autorità: “robe come la 626 (la legge sulla sicurezza sul lavoro) sono un lusso che non possiamo permetterci”. È la stessa linea che guida padroni e autorità anche oggi, anche se Mattarella e ministri versano lacrime di coccodrillo e gridano “mai più morti sul lavoro” quando ci scappa la strage (mentre i lavoratori che ogni giorno muoiono ma sparpagliati in diverse aziende non valgono la fatica!).
Ogni strumento va bene per fermare la strage sui posti di lavoro. Per questo invitiamo tutti a sottoscrivere, a far sottoscrivere e a collaborare con la raccolta firme promossa dall’Unione Sindacale di Base per introdurre una legge di iniziativa popolare per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro. Ma la cosa determinante per la tutela della salute e della sicurezza sui posti di lavoro sono il protagonismo, l’organizzazione e il coordinamento dei lavoratori in ogni dove, dentro e fuori i posti di lavoro: le norme di sicurezza sul lavoro nel nostro Paese esistono, si tratta di farle valere e applicare dal basso. E questo solo i lavoratori organizzati possono farlo!
Nella sua intervista Totire, riprendendo l’esperienza dei Consigli di Fabbrica degli anni ‘70 (clicca qui e qui per conoscere i volumi sulle interviste ai loro protagonisti) in materia di salute e sicurezza, illustra non tanto e solo la necessità ma anche la possibilità di formare un fronte unito tra tecnici e lavoratori per imparare a occuparsi del proprio posto di lavoro e fornisce indicazioni pratiche e precise su come costruire i GOO.
Il Partito dei CARC sostiene ogni lavoratore e gruppo di lavoratori che vuole organizzarsi in tal senso e fa appello a partecipare al dibattito pubblico “La resistenza di ieri e di oggi”. Organizzarsi e mobilitarsi per una nuova liberazione nazionale, previsto per venerdì 29 settembre, ore 18.00 alla Festa Nazionale della Riscossa Popolare del P.CARC – Napoli, Villa Salvetti.
Organizzarsi e organizzare per fermare la strage sui posti di lavoro!
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Vito, puoi presentare la Rete Nazionale Lavoro Sicuro?
La Rete Nazionale Lavoro Sicuro è nata il 26 Maggio 2022 con un seminario a Modena su impulso del nucleo storico dei macchinisti delle ferrovie organizzati nel combattivo e storico del Co.MU (Coordinamento Macchinisti Uniti), un sindacato di base extra confederale nato nel 1987 (qui l’intervista ad Ezio Gallori, uno dei suoi fondatori – ndr). L’intenzione era quella di dare uno stimolo alla nascita di una rete su tre questioni fondamentali: partiamo col constatare che la speranza di vita, di salute e di benessere in Italia, in Europa e nel mondo non è uguale per tutti qualunque sia la collocazione nell’ambiente di lavoro. Il primo obiettivo è quello di cercare di contribuire a realizzare questo risultato ovvero l’uguale speranza di vita, di salute e di benessere per tutti. In Italia, per la prima volta, i dati epidemiologici sono stati raccolti da un gruppo di Torino (con riferimento al professor Giuseppe Costa) e abbiamo disponibili anche studi analoghi condotti in altri paesi europei da Michael Marmot (“La salute disuguale: la sfida di un mondo ingiusto” – Il Pensiero Scientifico Editore, 2016). Il riscontro è che a seconda dell’attività lavorativa che fai e della, più o meno, nocività del lavoro, i dati di mortalità risultano nettamente differenziati.
Il secondo obiettivo è quello di intervenire sugli eventi mortali acuti e sulle malattie professionali, arrivandoci il giorno prima. Abbiamo proposto l’ipotesi, che non abbiamo ancora concretizzato, di realizzare una trasmissione in una radio con la quale si possa interloquire con l’operaio che ti contatta per segnalare una situazione di rischio. Chi fa questo tipo di attività è quasi sempre oggetto di repressione anche se è una repressione “illegale”. Molti sindacati hanno accettato l’idea che non si deve comunicare fuori ma che si deve discutere all’interno dell’azienda. Questa strategia è molto pericolosa. Ad esempio, a Cervia c’è stato un evento mortale di un operaio che aveva più volte segnalato il rischio. L’errore è stato quello di far rimanere la denuncia in un cerchio chiuso di segnalazioni interne alla RLS (Rappresentante Lavoratori per la Sicurezza), al RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) e al datore di lavoro. Se l’informazione rimane in questo cerchio la sicurezza non è garantita. Le segnalazioni vanno fatte esternamente, vanno fatte ai servizi di vigilanza che oggi sono l’ASL e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) che intervengono a tutto campo in qualunque comparto lavorativo (tranne nel settore carcerario e nell’esercito). In questo, è importante dire e sapere che la segnalazione può farla anche il singolo lavoratore. Al petrolchimico di Ravenna ci fu un contenzioso: un operaio fece una segnalazione all’ASL e gli fecero un procedimento disciplinare che però poi rientrò perché il singolo lavoratore è legittimato a fare questo tipo di segnalazioni. Il lavoratore preferisce sempre la segnalazione anonima perché nell’azienda parte poi la caccia all’uomo. Come Rete Nazionale Lavoro Sicuro noi siamo disponibili a raccogliere le segnalazioni anonime come fattore di protezione nei confronti dei lavoratori e fare da tramite con i servizi di vigilanza.
La terza questione: noi riusciamo a risalire la china della strage continua nei luoghi di lavoro solo se cresce la forza dei lavoratori. Senza l’aumento di potere dei lavoratori noi rimaniamo legati al palo, qualunque conoscenza tecnico scientifica rispetto all’impatto del rischio sulla salute se non marcia sulle gambe della forza dei lavoratori rimane sostanzialmente inefficace. L’esempio storico nel mondo è stato l’amianto.
E qui veniamo alla pratica dei Gruppi Operai Omogenei (GOO). Come nasce?
Si sviluppa tra la fine degli anni ‘60 e inizio anni ‘70 del secolo scorso da una constatazione: la tutela della salute in fabbrica non è possibile se viene affidata e delegata esclusivamente ai tecnici della prevenzione. Ci sono tecnici indipendenti che hanno rapporto di fiducia coi lavoratori e non con l’azienda, ma anche così non se ne viene a capo.
Il GOO nasce attorno a un episodio. Andando a controllare le condizioni di lavoro davanti a un altoforno, i tecnici della prevenzione monitoravano l’ambiente e dicevano che la temperatura era accettabile ma gli operai manifestavano malessere. Si pose una contraddizione, si discusse e si capì che i tecnici sbagliavano perché misuravano la temperatura con un termometro normale mentre la temperatura andava provata con un globotermometro, un termometro specifico per quegli ambienti. La temperatura effettiva risultò essere molto più alta di quella rilevata con il termometro utilizzato dai tecnici.
Questi fatti dimostrano che se il tecnico non si confronta coi lavoratori non arriva a fare un quadro realistico della situazione, tanto più quando ragioniamo su fattori di rischio che non hanno effetti negativi immediati ma che sono di lunga latenza. Per i rischi che possono danneggiare la salute dopo lunga latenza il contributo dei tecnici di fiducia dei lavoratori è essenziale e anche da qui nasce la necessità di elaborare e stilare una mappa dei rischi unendo le conoscenze tecniche con la soggettività dei lavoratori. Definita la mappa dei rischi del territorio si individuano e si propongono azioni di miglioramento.
Come avete creato e promosso, concretamente, i GOO oggi?
Premessa: la forza del movimento operaio negli anni ’70 ha avuto una ripercussione a livello istituzionale. Alcune regioni soprattutto nel nord Italia hanno preso atto delle istanze del movimento operaio e hanno adottato delle normative. In Emilia Romagna esiste la legge regionale n.33 del 1979 che determina la procedura dell’intervento in fabbrica nell’ambito della tutela della salute attraverso un metodo di lavoro che si basa sull’assemblea con il GOO, e cioè un’assemblea indetta dal servizio di vigilanza dei luoghi di lavoro. Sulla base della volontà dei lavoratori, un operaio poteva attivare il servizio di vigilanza oppure i tecnici di propria fiducia sulla scorta dell’articolo 9 dello Statuto dei Lavoratori, in quel momento erano poi gli enti locali che costituivano quei comitati di operatori che intervenivano nei luoghi di lavoro.
Nel tempo, i servizi di vigilanza si sono via via burocratizzati e annacquati, il GOO è andato in crisi e la pratica è stata dismessa. Oggi vogliamo riprenderla in mano. Il primo GOO lo abbiamo fatto alla Fercam a Carpiano (MI), fabbrica dove la maggior parte dei lavoratori è tesserata col S.I. Cobas. La linea è quella di convocare assemblee per gruppi omogenei, ovvero un gruppo di operai che sono esposti allo stesso tipo di rischio o selezionati per lo stesso tipo di mansione (per esempio gruppi di quelli esposti a rumori, gruppi dedicati alla movimentazione manuale dei carichi o anche quello con gli impiegati). In Fercam il gruppo era unico perché le attività erano omogenee. L’assemblea si svolge sempre in azienda, viene introdotta dalla Rete Nazionale Lavoro Sicuro e la parola è poi data ai lavoratori dai quali si raccolgono tutte le informazioni. Ci sono diverse tecniche per gestire la raccolta di dati. La prima è la parola, vengono infatti poste domande dirette: quali sono i problemi che riscontrate? ci sono dei disturbi che rilevate? Avete contratto delle malattie professionali? Altri metodi sono l’utilizzo di una sagoma di uomo, vengono distribuiti dei bollini rossi e si fanno attaccare i bollini sulla sagoma per indicare dove i lavoratori sentono più dolore nell’organismo. Un altro è l’uso di un questionario. Il questionario è molto utilizzato per valutare lo stress sul lavoro anche se bisogna tener conto della conoscenza linguistica.
Inoltre, bisogna procurare anche una serie di elementi e documenti quali il registro degli infortuni e il registro “near-miss” (alternativamente qualificabile come “quasi-incidente” o “quasi-infortunio”), ovvero i registri degli eventi sentinella gravi. Dove il registro non c’è, è una lacuna, e si deve istituire. Anche le relazioni annuali del medico aziendale (i lavoratori sono idonei? Idonei con limitazioni? E quali limitazioni?) vanno prese.
I risultati del censimento dei rischi che è stato fatto viene riportato e poi si chiede se alcune cose possono essere fatte diversamente, ovvero viene stimolato il lavoratore ad occuparsi direttamente di come dovrebbe essere svolto il lavoro. A Carpiano, alla Fercam, si è posta, per esempio, la questione dei turni notturni. Il lavoro notturno è classificato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) a rischio cancerogeno (categoria “2A” e cioè probabilmente cancerogeno per l’uomo), allora siamo stati costretti a ragionare memori anche delle questioni principali del movimento operaio degli anni ‘70 che erano: contestare il mito della neutralità della scienza e rifiutare la monetizzazione della salute, ovvero quando si accetta il lavoro nocivo. Tornando a noi, se il turno di notte fa male alla salute, dobbiamo accettare la monetizzazione del rischio? Il gruppo operaio della Fercam nei fatti accetta il turno di notte perché alcuni lavoratori hanno bisogno di maggior salario. Però ne è emersa una chiara percezione del problema e gli stessi lavoratori hanno messo in campo alcuni meccanismi di difesa, organizzandosi diversamente. Il turno di notte è stato fatto su base volontaria da gruppo selezionato di operai che ne hanno necessità. Inoltre, mettono in atto un controllo solidale tra loro e quando notano qualche collega particolarmente stanco o stressato, cercano di disincentivarlo a fare il turno. In secondo luogo abbiamo ragionato su delle rivendicazioni intermedie come la riduzione delle ore nel turno notturno a parità di salario o delle compensazioni in termini di ferie.
A seconda delle condizioni di agibilità politica dentro l’azienda si può chiedere di fare un’ispezione come abbiamo fatto in un’azienda del comparto carni, prima col caporeparto e poi una seconda ispezione con gli operai. L’assemblea propone delle azioni di miglioramento che poi vengono imposte all’azienda o sulle quali costruire una vertenza sindacale.
Secondo te il GOO è una pratica che può funzionare anche per costruire un gruppo di lavoratori laddove ancora non c’è? Ad esempio facendo un’assemblea fuori dal posto di lavoro?
Funziona anche per costruire agibilità. Porto l’esempio dei ferrovieri CMC Cargo. Con l’assemblea del 1° aprile 2023, ci hanno fatto una richiesta esplicita di produrre un opuscolo sulle ripercussioni sulla salute dei turni massacranti con i cosiddetti “orari antisociali” cui sono sottoposti regolarmente. Questo opuscolo che stiamo producendo sarà un mezzo che i lavoratori diffondo tra i colleghi per provare ad aumentare la partecipazione agli scioperi e al coordinamento.
Questa pratica si può allargare anche a questioni che riguardano la salute del territorio: a Mezzano di Ravenna, luogo in cui sono scoppiati diversi incendi con diffusione di diossina e altri veleni a causa della mala gestione dei rifiuti accumulati dopo l’alluvione, si è costituito un gruppo di lavoro ambientale sul modello del GOO.
Vuoi aggiungere qualcosa in conclusione?
Sì. Un GOO costituito tra lavoratori manutentori delle ferrovie, magari riunitosi solo qualche giorno prima della strage di Brandizzo (TO), evidenziando i rischi, l’avrebbe sicuramente evitata. Perché non è stato avviato? Senza l’organizzazione e la partecipazione attiva dei lavoratori le stragi continuerebbero: mettiamo tutta la forza che abbiamo per cambiare pagina!