Dopo la manifestazione nazionale di Roma “ci vuole un reddito” del 27 maggio e la manifestazione del 9 agosto, si è svolta a Napoli lo scorso 28 agosto un’altra mobilitazione contro lo smantellamento del Reddito di cittadinanza. Simultaneamente anche a Cosenza e Palermo centinaia di persone sono scese in piazza contro il taglio del Reddito di cittadinanza e contro il governo Meloni, fautore e attuatore di questa misura.
In piazza Garibaldi a Napoli, oltre alla Rete dei comitati per la difesa e l’estensione del reddito, promotrice della mobilitazione, si sono aggiunti il Movimento disoccupati 7 novembre, altri aggregati composti da percettori di Reddito di cittadinanza e non, organizzazioni sindacali come i Cobas scuola, l’Usb, l’Sgb e organizzazioni politiche tra le quali Rifondazione comunista, Rete dei comunisti e una delegazione del Partito dei CARC.
Durante la manifestazione, sotto la pioggia e i colpi dei manganelli della polizia, uno spezzone di manifestanti ha scavalcato il guardrail bloccando la rampa di accesso all’autostrada A3 dirigendosi prima verso il centro direzionale e poi verso il porto per bloccarne l’accesso.
Quella giornata di lotta ha dimostrato che i percettori del Reddito di Cittadinanza, i disoccupati e il resto delle masse popolari hanno la forza e devono organizzarsi per proseguire ed estendere la lotta per contrastare lo smantellamento di una misura che ha permesso a migliaia di famiglie di fronteggiare le difficoltà economiche.
Possono farlo imponendo da subito che sia il Sindaco del proprio Comune a mettere a lavoro i percettori del Reddito di cittadinanza e a stabilizzare coloro che già oggi svolgono lavori di pubblica utilità. Perché i sindaci hanno questo potere! Allora facciamoglielo usare!
Si tratta di lavori necessari per la collettività (bonifica e riqualificazione di zone abbandonate, manutenzione di aree a uso pubblico), ma di cui le istituzioni non hanno interesse ad occuparsi perché non producono profitto.
Lavori che i percettori di Reddito di cittadinanza e i disoccupati organizzati devono tradurre in un documento di indirizzo comune e in lavoro pratico: si tratta di programmare scioperi alla rovescia per dimostrare che il lavoro c’è, come ci sono uomini e donne che hanno voglia di farlo e che lo fanno!
Con l’organizzazione e la mobilitazione si può mettere in scacco il governo, mettere all’angolo la sua propaganda razzista e strumentale a padroni e padrini. Si può diffondere l’ingovernabilità per la classe dominante. Come?
1. Praticando insubordinazione alle autorità;
2. sviluppando autonomamente attività del “terzo settore” quali la produzione e distribuzione di beni e servizi organizzate su base solidaristica locale;
3. Appropriandosi di beni e servizi (espropri, “io non pago”, ecc.) bloccati dalla crisi;
4. scioperando e scioperando “alla rovescia”, principalmente nelle fabbriche, sui territori, nelle scuole
5. Occupando fabbriche, scuole, stabili, piazze, ecc.;
6. manifestando e boicottando l’attività delle pubbliche autorità;
7. rifiutandosi di pagare imposte, ticket, mutui;
8. sviluppando la contraddizione tra governo e Amministrazioni locali, spingendole a cedere alla pressione della mobilitazione popolare.
Rivendicare e ribellarsi allo smantellamento di diritti e conquiste è oggi una necessità ed è la base per alimentare l’organizzazione e il coordinamento per rendere ingovernabile il paese al governo Meloni fino a cacciarlo!
Per costruire un governo di emergenza popolare che faccia fronte intanto agli effetti più gravi della crisi.