da La Voce del (n)PCI n. 74

Un approfondimento sul multipolarismo

“Chi credete di essere per permettervi di criticare una teoria, quella del mondo multipolare, che è difesa e diffusa da un partito comunista come quello cinese, a confronto del quale siete una nullità?”: è la domanda, a volte muta e a volte aperta, che alcuni sostenitori del multipolarismo ci rivolgono.

Noi non diciamo che il Partito Comunista Cinese (Pcc) e il governo della Repubblica Popolare Cinese (RPC) sbagliano a sostenere e far valere la linea del multipolarismo, cioè della convivenza pacifica tra paesi indipendentemente dal sistema sociale vigente in ciascuno di essi. Noi critichiamo i partiti, gruppi e singoli comunisti che nei paesi imperialisti propugnano la linea del multipolarismo, perché li porta a trascurare la lotta per l’instaurazione del socialismo nel proprio paese, cioè proprio l’opera che il bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria ha confermato essere determinante per arrivare a un mondo di pace, di progresso e di collaborazione tra paesi. Per essi significa puntare non sullo sviluppo della lotta di classe nei paesi imperialisti, ma sull’azione degli Stati che si oppongono agli imperialisti Usa e alla Comunità Internazionale da questi dominata: per alcuni più sulla RPC, per altri più sulla Federazione Russa (FR) e per altri ancora su una combinazione di entrambi.

Promossa dal governo della RPC, la linea del multipolarismo serve a denunciare la politica di aggressione degli imperialisti Usa (missioni di guerra, sanzioni, tentativi di destabilizzazione, operazioni sovversive tipo le “rivoluzioni arancioni”, allargamento della Nato, corsa al riarmo) contro ogni Stato che non si piega alla loro volontà, che non apre le frontiere ai loro traffici, affari, sopraffazioni e a coalizzare i paesi le cui autorità vogliono liberarsi dal dominio politico-militare ed economico-finanziario degli imperialisti Usa (i cosiddetti “Stati canaglia”, i Brics e altri). È un campo ampio che comprende paesi molto diversi tra loro, dalla Corea del Nord, Cuba e altri paesi che conservano conquiste e istituzioni della prima ondata della rivoluzione proletaria alla Federazione Russa e alla Bielorussia, dalla Serbia al Venezuela e ad altri paesi latinoamericani, dall’Iran alla Siria, al Mali, all’Eritrea e ad altri paesi africani. Ci sono i paesi ex sovietici del Caucaso e dell’Asia (Georgia, Armenia, Azerbaijan, Kazakistan, Turkmenistan, Tagikistan, Kirghizistan, Uzbekistan), dove i gruppi imperialisti Usa, sionisti ed europei cercano di allargarsi, ma la strada che prenderanno gli oligarchi che dirigono questi paesi è ancora aperta a opposti sviluppi. Bisogna infine considerare i nuovi gruppi monopolisti che l’esportazione di capitale ha fatto nascere in alcuni paesi i cui Stati sono contesi tra accettare il dominio Usa o competere autonomamente a livello mondiale: l’India e la Turchia sono casi esemplari. Per rafforzare nelle autorità borghesi di questi paesi l’opposizione al dominio degli imperialisti Usa, il governo della RPC non può indicare la linea di “instaurare il socialismo”: indica e promuove la via del multipolarismo. È da vedere quale azione contemporaneamente il Pcc svolge verso i partiti comunisti di ognuno di questi paesi e, soprattutto, dei paesi imperialisti.

Il governo sovietico e il Pcus finché fu diretto da Stalin sostennero e applicarono la linea della “coesistenza pacifica tra paesi a sistemi sociali diversi”, che era diretta principalmente alla mobilitazione delle masse popolari dei paesi imperialisti contro l’aggressione dell’Urss da parte delle potenze imperialiste e si combinava con la mobilitazione in ogni paese imperialista delle masse popolari a instaurare il socialismo nel proprio paese. Tramite l’Internazionale Comunista l’Urss assunse il ruolo di base rossa mondiale della rivoluzione proletaria (socialista e di nuova democrazia), promosse la formazione di partiti comunisti in ogni angolo del mondo e promosse la trasformazione (“bolscevizzazione”) dei partiti comunisti dei paesi imperialisti, sostenne la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (1917-1976). Oggi la RPC non svolge il ruolo di base rossa mondiale della rivoluzione proletaria. Ma il Pcc partecipa sistematicamente a Solidnet,(1) che è la più vasta aggregazione di organismi comunisti a livello mondiale.

Esso svolge una crescente attività di inchiesta e promozione di incontri bilaterali, di seminari e di visite nella RPC di delegazioni di partiti e organismi comunisti e progressisti con annesse pubblicazioni (vedasi in questo numero de La Voce, pag. 42 e segg.). L’Accademia del marxismo della Cass (Accademia Cinese delle Scienze Sociali) organizza sistematicamente convegni internazionali per favorire la conoscenza e il dialogo tra intellettuali, ricercatori, rappresentanti di partiti e organizzazioni comuniste e di sinistra di tutto il mondo. A partire dal 2012 (quindi dal XVIII Congresso del Pcc e dall’elezione di Xi Jinping), l’Accademia del marxismo, insieme ad altri centri e istituti della Cass, ha intensificato l’attività di studio dei movimenti comunisti e operai del mondo e nel 2018 ha istituito un gruppo di ricerca dedicato specificamente a questo, che pubblica un rapporto annuale sullo sviluppo dei movimenti comunisti internazionali.(2) Non ci risulta che il Pcc promuova la conoscenza, lo studio e l’applicazione del maoismo, degli sviluppi che Mao Tse-tung ha apportato alla scienza comunista frutto del bilancio della rivoluzione cinese e più in generale della prima ondata della rivoluzione proletaria (vedasi in proposito La Voce n. 41, pagg. 48-50), quanto piuttosto i risultati raggiunti dal Pcc diretto da Xi Jinping nello sviluppo delle forze produttive del paese, nella modernizzazione dell’agricoltura e delle aree rurali, nella protezione dell’ambiente, nell’istruzione, nella lotta contro la corruzione, nella lotta alla povertà, ecc. Questo per alcuni versi è coerente con la linea del multipolarismo e, probabilmente, deriva anche dalla scarsa fiducia nella capacità rivoluzionaria dei partiti comunisti dei paesi imperialisti.

Noi abbiamo sicuramente da imparare dai comunisti cinesi, dobbiamo conoscere e far conoscere la RPC e il Pcc: non perché speriamo che ci “tolgano le castagne dal fuoco”, ma per imparare a promuovere e dirigere la rivoluzione socialista con cui instaureremo il socialismo nel nostro paese.

Mobilitare le masse popolari a rendere l’Italia ingovernabile dall’attuale classe dominante, a cacciare il governo Meloni e a costituire un proprio governo d’emergenza.

Un deciso salto di livello della rivoluzione socialista come la costituzione di un governo d’emergenza popolare è il contributo principale che i comunisti italiani possono dare per spezzare la spirale di guerre, epidemie, devastazione ambientale e miseria in cui il dominio della borghesia imperialista trascina le masse popolari del mondo intero ed è anche il maggior aiuto alla rivoluzione negli altri paesi.

Allo stesso modo in cui i comunisti russi con la rivoluzione culminata nell’insurrezione dell’Ottobre 1917, la creazione dell’Internazionale Comunista e la costituzione dell’Urss spezzarono il corso delle cose che aveva portato i grandi gruppi imperialisti mondiali a scontrarsi per decidere chi avrebbe dominato e sfruttato il mondo intero, e diedero inizio alla prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria.

Tutti noi comunisti siamo per un ordine mondiale di pace e collaborazione tra paesi, ma proprio per questo dobbiamo organizzare, educare e mobilitare le masse popolari a combattere e vincere la guerra che le oppone alla borghesia imperialista. Contare di arrivarci non attraverso una serie di rivoluzioni socialiste vittoriose che scalzano dal potere le classi dominanti nei paesi imperialisti, ma perché la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa facendo fronte comune tra loro e con altri “Stati canaglia”, indurranno imperialisti Usa e soci a desistere dalle loro aggressioni, significa sperare… ma “chi di speranza campa, disperato crepa”. Pur proclamandosi marxisti, leninisti e maoisti, i comunisti dei paesi imperialisti che indicano il multipolarismo come via d’uscita dalla guerra non solo buttano a mare le basi della scienza comunista (“la storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi”), ma non tirano neanche lezione dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976) e da quello che ne è seguito. “Se non vincerà il socialismo, la pace tra gli Stati capitalisti significherà soltanto un armistizio, una tregua, la preparazione ad un nuovo massacro dei popoli” (“Per il pane e per la pace”, 27 dicembre 1917, in Opere complete, vol. 26), scriveva Lenin nel dicembre 1917, a due mesi dalla vittoria della rivoluzione russa: tutta la storia successiva fino a oggi lo ha confermato.(3)

Una corrente dei “multipolaristi” dei paesi imperialisti, che si combina o in cui confluiscono compagni della base rossa ammiratori (nostalgici) dell’Urss solidali con le Repubbliche del Donbass, antifascisti e antimperialisti, è costituita da quanti contano e si augurano che l’operazione militare iniziata dalla Federazione Russa abbia successo, che la FR sconfigga le formazioni armate del governo fantoccio di Zelensky e sbarri così la strada alla Nato. Noi non sappiamo se la FR riuscirà a impedire l’estensione della rete di basi e agenzie militari Nato con le quali i gruppi imperialisti Usa cercano di contenere il loro declino economico e finanziario: sicuramente sarebbe l’esito più vantaggioso per le masse popolari non solo russe e ucraine, ma di tutta Europa e di tutto il mondo.

Ma noi comunisti italiani, come lavoriamo a questo esito in modo da far avanzare la rivoluzione socialista nel nostro paese? Certo, è utile e bisogna far conoscere la resistenza eroica della popolazione delle Repubbliche del Donbass contro il battaglione Azov e le altre formazioni neonaziste armate dal regime di Kiev, denunciare i crimini del governo Zelensky contro di essa e contro tutte le masse popolari ucraine, promuovere la solidarietà con i fratelli Kononovich e gli altri esponenti del Partito Comunista Ucraino perseguitati insieme ad altri oppositori politici, organizzazioni sindacali, comitati antifascisti, denunciare la rivalutazione di Stepan Bandera e degli altri ucraini che collaborarono con i nazisti di Hitler. Ma prima di tutto dobbiamo mobilitare ogni settore della popolazione, ognuno con operazioni specifiche, per mettere fine alla partecipazione del nostro paese alla guerra Usa-Nato contro la Federazione Russa, facendo leva sul fatto che la partecipazione dell’Italia alla guerra è contraria agli interessi immediati della grande maggioranza delle masse popolari italiane e mettervi fine è allo stesso tempo lotta per liberare il nostro paese dal protettorato Usa instaurato dal 1948.(4)

Anche noi auspichiamo che il governo di Kiev, fantoccio degli Usa e della Nato e composto in larga misura di scimmiottatori dei nazisti, sia spazzato via. Ma a questo fine non bisogna fare affidamento principalmente su Putin e il gruppo di oligarchi di cui è alla testa. Questi all’inizio del secolo hanno salvato la Federazione Russa dall’immediata colonizzazione Usa su cui l’avevano instradata Eltsin e soci, ma non di più: non a caso hanno atteso fino al 2022 prima di intervenire apertamente contro il governo fantoccio e pronazista, massacratore di russi e di ucraini, installato a Kiev nel 2014. Bisogna fare affidamento principalmente sul fatto che i proletari russi con i comunisti alla loro testa rovescino il corso delle cose e riprendano il potere in Russia, cioè sullo sviluppo della lotta di classe e della lotta tra le due vie (restaurazione del capitalismo o ripresa della transizione verso il comunismo). Lo stesso vale per l’Ucraina: bisogna tenere presente il ruolo dei comunisti ucraini e considerare che in Ucraina gli imperialisti Usa non sono riusciti a fare quello che è riuscito loro nelle repubbliche baltiche e nell’Europa dell’Est (e che avevano iniziato a fare anche nella Federazione Russa con Eltsin): anche tra gli oligarchi ucraini ci sono contrasti, non sono tutti per sottomettersi agli imperialisti Usa, quelli che non sono favorevoli all’apertura agli Usa sono in parte imprigionati, in parte all’estero e in parte stanno a vedere come si sviluppa la situazione. Tanto più che il vertice Nato tenuto a Vilnius l’11 e 12 luglio ha mostrato alle masse popolari (ma anche agli oligarchi ucraini) che Zelensky e le autorità di Kiev si sono messi nelle mani di gente a cui interessa solo usare la popolazione ucraina come carne da macello contro la Federazione Russa.

L’idea che la guerra in corso cesserà tramite negoziati di pace officiati dalla RPC è il “sogno nel cassetto” di tanti fautori del mondo multipolare e fa presa tra la base rossa: anche tra chi si dice comunista, oggi sono molti quelli che hanno più fiducia nella pacificazione dei rapporti tra imperialisti Usa-Ue e Federazione Russa-RPC che in una nuova ondata di rivoluzioni proletarie. Con la guerra in corso in Europa la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti Usa, sionisti e Ue mira a estendere la Nato all’Ucraina e agli altri Stati sorti nel 1991 dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. La loro guerra in Europa si combina con la loro guerra contro la Repubblica Popolare Cinese e con la creazione dell’equivalente della Nato negli Stati rivieraschi dell’Oceano Indiano e dell’Oceano Pacifico. D’altra parte andare avanti con la guerra in Ucraina gli si sta ritorcendo contro in vari modi e aumenta le divisioni al loro interno. Sta coalizzando i paesi che si oppongono alle loro pretese (de-dollarizzazione, allargamento dei Brics, ecc.). Le sanzioni contro la Federazione Russa intralciano i traffici di una parte di essi, non sono servite ad affossare Putin e il suo gruppo e hanno alimentato le brame degli speculatori che si sono tradotte nell’aumento generalizzato dei prezzi dei beni di consumo, dei carburanti e delle tariffe di luce e gas. L’inflazione e le misure (rialzo dei tassi di interesse) imposte da Fed e Bce per curarla si sono combinate con le misure antipopolari a far lievitare l’indignazione e la protesta popolare: lo sciopero di sceneggiatori e attori di Hollywood parla da solo. Il rischio che la guerra in corso porti all’uso di armi nucleari tattiche se non strategiche accresce l’allarme e l’opposizione alla guerra. Quindi non è detto che i negoziati cinesi (o quelli del Vaticano, condotti dal cardinale Zuppi) non riescano, non è escluso che gli imperialisti Usa concludano che bisogna cedere alla Federazione Russa le zone che essa rivendica e fare di Zelensky un ricco esule negli Usa (oppure eliminarlo). Ma anche in questo caso, per dirla con Lenin, finché non vincerà il socialismo sarà un armistizio, una tregua, la preparazione a un nuovo massacro dei popoli, perché per i gruppi imperialisti Usa, sionisti, europei e i loro satelliti la guerra è indispensabile per mantenere il loro dominio sull’umanità (e inoltre con la produzione militare alcuni di essi accumulano enormi profitti), non possono fare altrimenti.

In Italia come in tutti i paesi imperialisti, tra le masse popolari aumentano la mobilitazione, l’agitazione e il malcontento, si allarga il loro distacco dalle istituzioni politiche della borghesia imperialista, quest’ultima incontra crescenti difficoltà a dare un indirizzo unitario all’attività del suo Stato e della Pubblica Amministrazione e a imporre alle masse obbedienza alle leggi, alle ordinanze e alle altre disposizioni delle sue autorità. Sta ai comunisti saperle mobilitare e organizzare a fare la rivoluzione socialista.

Antonio L.

NOTE

1. Rete di solidarietà-Solidarity Network, conosciuta anche come Incontro Internazionale di Partiti Comunisti e Operai – International Meeting of Communist & Workers’ Parties, riunitasi per la prima volta ad Atene nel 1999 su iniziativa del Kke e proseguita con regolari riunioni annuali, salvo il 2020 e la riunione solo online del 2021, fino alla 22° riunione di ottobre 2022 a L’Avana.

2. Il primo rapporto è stato quello relativo al periodo 2018-2019, presentato al VII forum dei movimenti comunisti internazionali svoltosi a Zunyi, in Cina; il secondo, relativo al 2019-2020, è stato pubblicato in cinese nel 2020 dalla Social Science Academic Press della Cass, tradotto in vietnamita dalla Vietnam Political Theory Press e, infine, tradotto in inglese. Della traduzione in italiano del secondo si è occupato Marx XXI, che ha annunciato anche l’imminente pubblicazione di quello del 2020-2021, già pubblicato in cinese e vietnamita.

3. Il socialismo vinse, ma solo nell’impero zarista, anello debole della catena imperialista e la rivoluzione socialista vittoriosa solo in Russia diede inizio alla prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (combinazione di rivoluzioni socialiste e di rivoluzioni di nuova democrazia). La successiva guerra mondiale, combinazione della terza aggressione di tutti i gruppi imperialisti (compreso il Vaticano) contro l’Unione Sovietica e della guerra tra potenze e gruppi imperialisti, aprì alla creazione di nuovi paesi socialisti (RPC, Corea, democrazie popolari dell’Europa Orientale) e allo sconvolgimento del vecchio sistema coloniale (Vietnam e Indocina, India, Indonesia e Malesia, Medio Oriente, Africa), ma la borghesia riuscì nuovamente, anche se a fatica, a restare in sella nei paesi imperialisti. Anziché sperare in un mondo multipolare, i comunisti dei paesi imperialisti devono domandarsi e capire perché la rivoluzione non ha vinto nei paesi imperialisti e tracciare e attuare una linea per arrivare a instaurare il socialismo.

4. Non perché la presenza militare americana impediva di fare altrimenti: ogni misura del complesso militare-industriale Usa che ritardava il “ritorno a casa” dei soldati incontrava grande opposizione tra i soldati americani stessi e negli Usa, dove il movimento comunista e il prestigio dell’Urss allora erano molto forti. Ma principalmente perché il Pci capeggiato da Togliatti soppresse per propria iniziativa il legame fra guerra di liberazione nazionale e lotta per il socialismo, subordinando la propria azione agli interessi della classe dominante. Dopo aver mobilitato le masse popolari nella Resistenza contro i nazifascisti ed essere divenuto l’effettivo Stato Maggiore della classe operaia in armi, anziché proseguire la lotta “accettò di svolgere il ruolo di cui il regime Dc aveva assoluto bisogno per consolidarsi: occultare il potere monarchico del Vaticano, nascondere il carattere fittizio della Costituente e della Costituzione, avallare il carattere democratico del regime di “sovranità limitata” che tacitamente il Vaticano e gli imperialisti Usa imposero al paese, minimizzare il significato dell’installazione politica e militare dell’imperialismo Usa in Italia, liquidare la forza politica e militare che la classe operaia e le masse popolari avevano raggiunto” (Manifesto Programma, cap. 2.1.2, pag. 130 e segg.). L’ala destra del Pci (Togliatti e soci) era convinta che non era possibile fare in Italia il socialismo, l’ala sinistra (Secchia e altri) non aveva mai pensato abbastanza a fondo a cosa fare per arrivarci.

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