Massa. Il 29 luglio si è svolto un partecipato dibattito sulle prospettive della mobilitazione contro la guerra nel nostro paese. Argomentazioni ampie, anche in ragione dell’eterogeneità dei partecipanti.
La Banda Bassotti (Picchio e Davide), che poi ha suonato la sera stessa, ha portato l’esperienza della Carovana Antifascista che dal 2014 (in particolare dopo il massacro alla Casa dei Sindacati di Odessa) porta sostegno e solidarietà alle popolazioni del Donbass. Ha spiegato motivazioni (“ci ha colpito che nessun sindacato del nostro paese, in particolare i confederali, non abbiano detto una parola su quella strage”), problematiche (“siamo un gruppo musicale militante, siamo tutti operai, non è semplice trovare il tempo e le risorse per andare a sostenere cause anche in altri paesi, anche se lo abbiamo sempre fatto dal Nicaragua ai Paesi Baschi, dalla Palestina fino in Donbass) e obiettivi (“raccogliamo generi di prima necessità e soldi per sostenere orfanotrofi, scuole e centri medici”).
Giuliano Marrucci ha presentato natura, obiettivi e “metodi” di OttolinaTv, un media non solo indipendente, ma “che si vuole mettere al servizio del pensiero critico del nostro paese” per contribuire a una coscienza politica diffusa e a una superiore convergenza fra partiti, organismi e realtà politiche: “OttolinaTv è al servizio di tutti, ma non può essere usata per farsi la guerra fra partiti e organizzazioni, è al servizio di chi si vuole unire contro il nemico comune”.
Emanuele Lepore, dell’Associazione Nazionale Vittime dell’Uranio Impoverito (Anvui), ha spiegato l’obiettivo principale dell’associazione (riconoscimento della responsabilità dello Stato nelle malattie contratte dai militari entrati in contatto con l’uranio impoverito e altri veleni di guerra), sottolineando che l’Anvui è stato l’unico organismo prossimo agli ambienti militari (è composto da ex militari e familiari di ex militari morti o malati) a schierarsi fin da subito apertamente contro il coinvolgimento dell’Italia nella guerra contro la Federazione Russa e contro l’invio di armi all’Ucraina.
Serena Tusini, dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, ha presentato le attività dell’organismo (animato da un ampio spettro di organizzazioni anche molto diverse fra loro, da Pax Christi ai sindacati di base Cobas, Usb e Cub) e ha posto molto chiaramente l’obiettivo di cacciare i militari e la propaganda di guerra dalle scuole di ogni ordine e grado – l’Osservatorio ha prodotto un vademecum utile a docenti e genitori per indicare i passi concreti da compiere con il sostegno della legge.
Un contributo alla discussione, diretta da Andrea De Marchis della Direzione Nazionale del P.CARC, è arrivato anche dal Collettivo Autonomo Lavoratori Porto di Genova (Calp).
È stata, come si intuisce dalla sintesi delle relazioni, una discussione molto ricca tanto sugli elementi di analisi della situazione che per le riflessioni sui motivi per cui in Italia non si è ancora sviluppata una mobilitazione di massa contro la guerra e per la pace. Molti sono stati, ovviamente, gli spunti su come alimentarla.
Per motivi di spazio non riusciamo a entrare nel merito di tutte le questioni emerse (guarda il video completo su Fb) e ci soffermiamo solo su tre aspetti.
a. Dobbiamo essere ottimisti o pessimisti? Di fronte al marasma in cui siamo immersi e alle conseguenze immediate e di prospettiva del protrarsi della guerra in Ucraina (che, come dice Marrucci, “non è una guerra come le altre, è l’avvisaglia di una nuova grande guerra”) esistono davvero gli elementi per essere fiduciosi e ottimisti sul fatto che una mobilitazione ampia si svilupperà nel prossimo periodo oppure le masse popolari sono ormai disabituate a mobilitarsi, a protestare e manifestare? Condivisibile e di prospettiva la posizione di Serena Tusini: la classe dominante non ha il sostegno delle masse popolari, anzi aumentano distacco e sfiducia nelle istituzioni. Poiché “la storia marcia molto velocemente” quello che oggi si presenta come disinteresse e distacco, molto rapidamente può trasformarsi in mobilitazione e protagonismo: non solo bisogna essere ottimisti, ma bisogna anche assumere un ruolo per spingere in questa direzione.
b. Chi ha la forza di suscitare un’ampia mobilitazione? Il contributo del Calp ha fatto emergere chiaramente che sono i lavoratori e le masse popolari (gli organismi operai e popolari) che hanno la forza per alimentare, suscitare e sviluppare un’ampia mobilitazione contro la guerra, perché hanno tutto l’interesse a farlo. Non dobbiamo stare ad aspettare che i sindacati confederali o le grandi associazioni nazionali o i partiti borghesi si decidano: sono le tante, piccole e capillari iniziative territoriali che si susseguono a sollecitarli e a “stanarli” dove e quando si tirano indietro, ha affermato Emanuele Lepore.
c. I principali fronti su cui dare battaglia. C’è il fronte dell’informazione, ci sono i posti di lavoro e c’è la scuola. Veramente significativo lo spirito promosso da Serena Tusini che ha chiamato a sostenere l’Osservatorio nel promuovere la resistenza nelle scuole e frapporsi tra gli studenti e i militari, i guerrafondai e i servi della Nato
Quindi, aziende e scuole, con il sostegno dell’informazione indipendente e dell’arte e della cultura popolare e rivoluzionaria.
Il dibattito non aveva l’obiettivo di fissare date e scadenze per la mobilitazione e infatti ciò non è stato, ma ha contribuito a mettere sul tavolo gli elementi necessari a far confluire le mobilitazioni del prossimo autunno in un grande movimento contro la guerra di cui lavoratori e masse popolari saranno protagonisti.