Morire di caldo sui posti di lavoro

La crisi climatica è una componente della crisi generale del capitalismo. I suoi effetti rientrano in quella che definiamo guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia imperialista muove contro le masse popolari. É una guerra che fa morti e feriti, pur non essendo dichiarata ufficialmente né pianificata come tale. Semplicemente, il persistere del sistema capitalista è incompatibile con il rispetto della vita umana e del pianeta.

Tra gli effetti del salto di qualità della crisi climatica e delle temperature record di luglio e agosto 2023 ci sono i morti sul posto di lavoro.

11 luglio, Lodi – Pasquale Izzo, 44 anni, morto rifacendo la segnaletica stradale.

14 luglio, Firenze – Stefano Olmastroni, 61 anni, morto facendo le pulizie in un magazzino.

18 luglio, Lonato (BS) – Gabriele Lucido, 65 anni, trovato morto in uno dei roventi container che fanno da casa a chi lavora al cantiere del Tav Brescia-Verona.

19 luglio, Jesi (AN) – Ciro Adinolfi, 75 anni, morto in un cantiere edile di un nuovo magazzino Amazon.

19 luglio, Castenedolo (BS) – camionista serbo, 62 anni, trovato morto nel suo camion in sosta in un’area parcheggio dell’autostrada A4. Il nome non ci risulta riportato in nessun notiziario.

27 luglio, Montalto di Castro (VT) – Naceur Messaoudi, 57 anni, morto in un campo raccogliendo cocomeri.

14 agosto, La Spezia – Fabrizio Croci, 59 anni, corriere morto in un palazzo dopo la consegna di un pacco.

25 agosto, Cazzago S. Martino (BS) – Ioan Avarvarei, 37 anni, morto vendemmiando in Franciacorta.

L’elenco sicuramente è sommario e incompleto, perché spesso quanto accade in molti cantieri edili o nei campi rimane sommerso.

Ma non solo di morti è fatta la cronaca del lavoro in questi mesi di caldo eccezionale. Ci sono esempi di lotte spontanee e scioperi in risposta alle condizioni ambientali invivibili. Dove c’è stata organizzazione e mobilitazione è stato possibile trovare almeno dei parziali rimedi.

Alcuni scioperi indetti per non morire di caldo.

13 luglio, Iveco di Suzzara (MN) – sciopero spontaneo nel reparto verniciatura per il guasto dell’impianto di raffrescamento, poi sistemato.

17 luglio, Stellantis di Pomigliano d’Arco (NA) – sciopero rientrato con l’accensione dell’impianto di raffrescamento, distribuzione di bottigliette d’acqua ai lavoratori e sconti per l’acquisto di bevande energetiche ai distributori automatici.

20 luglio, Rossi Spa di Modena – sciopero spontaneo di quattro ore. Sempre nel modenese, alla Cnh, si è evitato lo sciopero solo perché il padrone non ha impedito che i lavoratori si spostassero in reparti più freschi. In molti casi, si riporta da fonte sindacale, la minaccia di proteste ha portato i padroni a correre anticipatamente ai ripari, mitigando le condizioni lavorative, rimodulando gli orari e distribuendo acqua ai lavoratori.

22 luglio, ristorante Mc Donald’s di Bari – sciopero dei lavoratori delle cucine.

25 luglio, tre stabilimenti del gruppo Nsg a San Salvo (CH) – sciopero di otto ore indetto dai Cobas lavoro privato contro il caldo eccessivo. Lo sciopero è stato poco partecipato per il boicottaggio attivo della Cgil.

26 agosto, Electrolux di Susegana (TV) – sciopero di più giorni nelle ore più calde in alcuni reparti.

A fronte dei morti e delle prime mobilitazioni, anche i sindacati di regime si sono fatti sentire, spingendo il governo a partorire il tanto decantato “decreto caldo”. Questo decreto, fatto in fretta e furia, da un lato dimostra quanto i padroni, il governo e anche i sindacati di regime temano la mobilitazione operaia, dall’altro quanto le misure adottate siano solo parziali (riguardano solo alcune precise categorie, non sono misure strutturali) perché la volontà è quella di concedere il meno possibile.

In ultima analisi la soluzione non sono nuove regole e leggi, ma la vigilanza sull’applicazione delle misure di sicurezza. Questa può essere garantita solo dai lavoratori organizzati. Vale per la tutela dal caldo eccessivo come per qualsiasi altro aspetto della salute operaia.

Quello che per il padrone è solo un costo da eliminare o almeno contenere il più possibile, per i lavoratori è questione di vita o di morte. Qualsiasi decreto o regolamento a tutela della salute sul lavoro, per essere applicato deve essere imposto al padrone dalla forza organizzata dei lavoratori.

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