Massa. Il 28 luglio si è svolto il dibattito “Le amministrazioni locali che servono – immaginarsi e agire da organismo di governo alternativo del territorio”. Ovviamente, il tema è stato individuato anche per fare un bilancio pubblico e dare continuità al lavoro della campagna elettorale per le amministrative dello scorso maggio, ma soprattutto per portare a ragionare su un piano comune organismi popolari e comitati.
Non è possibile riassumere in modo esaustivo la discussione (guarda il video completo su Fb), dunque ci limitiamo a segnalare gli aspetti salienti.
Anzitutto i partecipanti. La Consulta Popolare Salute e Sanità di Napoli, il Comitato La Piazza di Piombino, l’assemblea permanente No Keu di Empoli e Massa Insorge hanno portato un contributo di qualità, parlando della loro esperienza. Pablo Bonuccelli e Silvia Fruzzetti della Direzione Nazionale del P.CARC, hanno moderato la discussione.
I compagni della Consulta di Napoli (Patrizia Fabbricini e Marco Coppola) hanno fatto emergere chiaramente che il ruolo istituzionale ottenuto dall’organismo è frutto di una specifica lotta fatta ai tempi dell’amministrazione De Magistris. È attraverso la mobilitazione che la Consulta è stata ufficialmente riconosciuta da una delibera del Consiglio comunale, in forza della quale agisce come “istituzione dal basso”. A chi ha sottolineato che un simile risultato è stato possibile in virtù dell’amministrazione De Magistris, i compagni hanno ben argomentato che in verità il discorso è da capovolgere: senza i comitati, gli organismi e le reti politiche e sociali, senza le loro battaglie, De Magistris non sarebbe diventato sindaco di Napoli! Lo è diventato e ha avuto un ruolo positivo fintanto che ha mantenuto un legame con gli organismi operai e popolari. Rotto quel legame è finita anche l’esperienza della giunta arancione di Napoli.
I compagni della Consulta hanno lanciato l’appello al coordinamento attraverso tavoli nazionali di lavoro: “le reti telematiche, territoriali e nazionali di discussione e informazione sono utili, ma dobbiamo dotarci di strumenti che ci permettano di elaborare programmi comuni, di individuare misure concrete e di mobilitarci per attuarle e imporle”.
Ugo Preziosi, il compagno di Piombino, ha portato alla discussione la ricca esperienza di organizzazione e mobilitazione del territorio, a partire dalle lotte nate attorno al futuro dell’acciaieria Lucchini negli anni Novanta. Ragionando sulla più recente mobilitazione contro il rigassificatore, ha centrato il discorso attorno a una domanda: a Piombino tutte le istituzioni locali si sono espresse contro il rigassificatore, ma nessuno ne ha tenuto conto. Quanto vale, quanto pesa, quanto conta un piccolo comune rispetto agli interessi delle grandi corporazioni?
La compagna della rete No Keu di Empoli, Samuela Marconcini – l’abbiamo intervistata per Resistenza, vedi il n. 1/2023 – ha messo in luce che nella battaglia contro il gassificatore ha avuto un ruolo anche l’aspetto della trasparenza: l’amministrazione comunale ha spacciato per “informativa alla cittadinanza” tre iniziative di natura propagandistica, infarcite di menzogne talmente evidenti che, alla terza iniziativa, le masse popolari si sono ribellate fino a costringere, almeno momentaneamente, la sindaca di Empoli a sospendere il progetto.
Marco Lenzoni, di Massa Insorge, ha parlato del legame fra le mobilitazioni territoriali e l’uso delle elezioni: “Abbiamo detto insorgiamo, ma per fare cosa? Non per prendere voti, non per vincere le elezioni, ma per rafforzare la mobilitazione dal basso che costituisce il governo alternativo del territorio. Insorgiamo per andare a governare il territorio!”.
Si sono susseguiti altri interventi dal pubblico, uno di essi ha perfettamente interpretato i contenuti del dibattito: è stato quello di Elia Buffa dell’Usb/Asia di Massa-Carrara. Parlando dell’esperienza della lotta per il diritto alla casa condotta a Massa ha toccato un aspetto decisivo: “ci opponiamo agli sfratti e agli sgomberi delle famiglie… ma si arriva a un certo punto, dopo aver conquistato anche dieci o quindici rinvii, a volte anche sfidando la forza pubblica, in cui ci si rende conto che quella non può essere la soluzione. Cioè con quel tipo di mobilitazione – che è giusta! – si riesce a “mettere una toppa”, ma non ci sono prospettive durature. Senza strumenti adeguati per risolvere il problema, uno sgombero si può solo rimandare. La questione è che tutte le politiche di sostegno all’affitto sono fini a loro stesse, la verità è che servono case popolari: costruire nuove case popolari o, meglio ancora, recuperarle dalle strutture già esistenti. E per farlo, per decidere e farlo, bisogna governare”.
Quali amministrazioni locali servono? Servono amministrazioni che abbiano la volontà politica di usare tutti gli strumenti che hanno a disposizione per affermare gli interessi delle masse popolari, anziché farsi galoppini del governo centrale. Come si costruiscono? Serve che gli organismi operai e popolari si diano un programma di governo del territorio, serve che elaborino misure concrete attraverso cui attuarlo e chiamino alla mobilitazione le masse popolari per iniziare ad attuarlo direttamente.