Il 24 agosto a Johannesburg in Sud Africa si è tenuto il vertice dei Brics (acronimo di Brasile, Federazione Russa, India, Repubblica Popolare Cinese e Sud Africa). L’incontro segna un’importante svolta: è stato annunciato l’allargamento dell’organizzazione ad altri sei paesi: Iran, Argentina, Egitto, Etiopia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Altri ventitré paesi, tra cui l’Algeria e il Venezuela, hanno presentato domanda formale di adesione.
Già prima del vertice, e con maggiore frenesia dopo il suo evidente successo, i media di regime hanno sfornato una valanga di articoli per convincere l’opinione pubblica del fatto che i Brics non sono un’alternativa alla Comunità Internazionale degli imperialisti né un ostacolo alle sue manovre. Ma la vera notizia, di portata storica, sono proprio i passi in questa direzione che i media si affannano a negare.
Il coordinamento tra i Brics nasce a partire dal 2009. Nei vent’anni trascorsi, il peso economico di questi paesi è enormemente cresciuto, così come quello demografico. Con l’allargamento ai sei nuovi membri, che scatterà nel 2024, questa organizzazione rappresenterà il 36% del Pil e il 37% della popolazione dell’intero pianeta.
Oggi i Brics non sono più l’organizzazione di paesi emergenti, ma tutto sommato marginali, che era in origine. Riunisce infatti attori decisivi sulla scena mondiale e tra essi un peso determinante ce l’hanno proprio i principali concorrenti della Comunità Internazionale degli imperialisti sul piano politico, economico e militare: la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese.
Un esempio del rilievo che stanno assumendo i Brics è la discussione sull’abbandono del dollaro come valuta degli scambi internazionali in favore di una nuova moneta appositamente creata. A questo si aggiunge l’attività della Nuova Banca di Sviluppo, con sede a Shanghai, istituzione alternativa al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, nati dagli accordi di Bretton Woods e controllati dagli imperialisti.
Lo sviluppo dei Brics è positivo? La risposta è sì, ma è importante capirne bene i motivi.
Alcuni compagni lo interpretano come un’accelerazione verso un mondo multipolare, dove il dominio degli imperialisti Usa sarà sostituito dall’equilibrio tra diverse potenze. Abbiamo più volte spiegato che l’equilibrio multipolare NON è una prospettiva realistica: quanto più gli imperialisti Usa e la loro Comunità Internazionale perdono il ruolo di dominio incontrastato sul mondo, tanto più lo scontro si sposta sul piano della guerra economica, commerciale, delle valute e militare. Tuttavia, i fattori che alimentano la tendenza alla guerra – tipica della fase imperialista del capitalismo – sono esattamente gli stessi che alimentano la nuova ondata mondiale della rivoluzione proletaria.
Il rafforzamento e lo sviluppo dei Brics indebolisce la borghesia imperialista, crea condizioni e prospettive più avanzate per l’azione e l’opera dei comunisti di ogni paese.
Manovre Nato nel Pacifico
Il 12 luglio al vertice Nato tenuto a Vilnius hanno partecipato delegati dal Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. La loro presenza è stata occasione per discutere della “minaccia cinese”, cioè di come espandere la Nato nell’Indo-Pacifico per sviluppare l’accerchiamento della Repubblica Popolare Cinese, del cui contenimento parla apertamente anche la dichiarazione finale, documento solitamente ben più vago nell’indicare i temi discussi.
Le manovre di allargamento della Nato non si limitano quindi all’accerchiamento della Federazione Russa: l’altro loro bersaglio è la Repubblica Popolare Cinese e la guerra in Ucraina è solo una parte della più generale offensiva contro “i nemici degli Usa”.
Ma non mancano le contraddizioni interne al fronte imperialista: la proposta di costruire un ufficio fisico a Tokyo per il momento è stata respinta per l’opposizione della Francia, risentita per essere stata esclusa dall’alleanza nell’Indo-Pacifico tra Australia, Gran Bretagna e Usa, che hanno anche soppiantato Parigi nella fornitura di sottomarini a Camberra.