Dal campeggio No Muos di Niscemi
Dal 4 al 6 agosto a Niscemi si è tenuto il campeggio No Muos, a cui una delegazione del Partito dei CARC ha preso parte. Il campeggio si è tenuto in un contesto generale di fermento e mobilitazione determinato dall’escalation militare e dalla prosecuzione dell’attuazione dell’agenda Draghi da parte del governo Meloni, quindi del taglio della spesa sociale a fronte della corsa agli armamenti, della sottomissione agli imperialisti Usa-Nato e della repressione per chi vi si oppone.
Il campeggio No Muos è stato infatti espressione di una mobilitazione contro la guerra e contro l’occupazione dei territori da parte della Nato più ampia, che ha visto i mesi di luglio e agosto 2023 pullulare di iniziative: dal campeggio “fermare l’escalation” di San Piero a Grado (PI) indetto dal Movimento No Base – né a Coltano né altrove nei primi di luglio ai campeggi No TAV e Climate Camp’s, passando per il campeggio di A Foras in Sardegna. Tutte iniziative che contribuiscono a promuovere organizzazione e mobilitazione per far fronte all’economia di guerra, alla sottomissione del nostro paese alla Nato e all’imposizione di vecchie e nuove basi militari qui ed ora e non “in attesa dell’autunno”.
Al campeggio hanno partecipato in delegazione realtà da tutto il paese e molti organismi popolari locali: dalla Val Susa al Friuli, da Pisa a Napoli, passando per il comitato No Inceneritore di Gela (CL), il comitato contro il poligono militare di Punta Izzo (SR) e altre esperienze locali di lotta e mobilitazione, che hanno riversato il proprio contributo politico all’interno delle diverse iniziative che hanno animato la tre giorni.
Dal campeggio, il movimento No Muos è uscito con due linee di sviluppo positive per alimentare la mobilitazione a livello locale e nazionale:
- la prima è la necessità di radicare il movimento No Muos a livello locale, con propri aggregati e strutture di base che sviluppano iniziativa tra le masse popolari su temi diversi che pure sono collegati al problema del Muos e della militarizzazione dei territori: programmi di alternanza scuola lavoro nelle strutture militari, presenza militare nelle scuole e propaganda tra i giovani, problema della salute e dell’inquinamento da poligono o da base, l’oppressione di genere in particolare in un contesto come quello Niscemese dove storicamente si è formato un gruppo di Mamme No Muos;
- la seconda è inserirsi in un processo che già è in corso a livello nazionale con un ruolo attivo e propositivo, animando una più ampia campagna generale contro la guerra e l’economia di guerra.
Entrambe le tendenze sono giuste e vanno alimentate, devono alimentarsi l’un l’altra, nella strutturazione di una attività ampia e dispiegata, che metta al centro il coordinamento degli organismi popolari, dei sindacati di base, e delle organizzazioni politiche a sostegno della lotta contro l’occupazione militare Usa-Nato del nostro paese e la partecipazione alla guerra contro la Federazione Russa, contro l’economia di guerra e l’attacco ai diritti delle masse popolari del paese in nome della sottomissione alle direttive dei gruppi imperialisti nazionali e internazionali.
A questi aspetti ne va aggiunto un terzo: la definizione di un obiettivo politico alle rivendicazioni in corso. Bisogna alzare il tiro e puntare a cacciare il governo Meloni!
Senza nemmeno guardare troppo lontano, i principali centri di mobilitazione attivi nella lotta alla guerra e all’economia di guerra nel nostro paese sono nei fatti contro il governo Meloni e riconoscono che più speditamente del suo predecessore è deciso a imporre alle masse popolari del paese misure lacrime e sangue, garantire profitti agli speculatori (progetto del Ponte sullo stretto, speculazione energetica ecc.), intruppare il paese nella guerra della Nato contro la Federazione Russa. Nonostante ciò, da un lato la frammentazione e le divisioni nel campo del sindacalismo di base, delle organizzazioni politiche che si dichiarano contro le Larghe Intese e degli ambiti di movimento, dall’altro la sfiducia generale nel fatto che si possa effettivamente farla finita con il dominio della borghesia e costruire il nuovo potere delle masse popolari organizzate, non rende unitario ed esplicito l’obiettivo politico di scalzare il governo Meloni dal governo del paese.
A questi due aspetti se ne aggiunge un terzo: l’idea che senza un imponente movimento di piazza non si possa riuscire oggi a fermare la guerra e quindi “nel nostro piccolo facciamo quello che possiamo”.
Nel nostro paese in realtà l’opposizione alla guerra è diffusa. Sono numerose e capillari le iniziative di denuncia, di protesta e di lotta, molti e diversi gli organismi e i singoli che vi contribuiscono. Perché allora le piazze non sono piene di manifestanti? Perché l’opposizione alla guerra non sfocia in un movimento di massa per la pace come quello che ha coinvolto le masse popolari del nostro paese contro la guerra in Iraq del 2003? L’opposizione alla guerra non sfocia in un movimento di massa come quello del 2003 perché le masse popolari hanno sperimentato che quella lotta contro la guerra, fatta di manifestazioni per premere e chiedere ai governi dei gruppi imperialisti e alle loro istituzioni internazionali di cambiare strada, non serviva: le oceaniche manifestazioni dell’epoca (milioni di persone in piazza) non hanno fermato la guerra in Iraq. A chi propone di riprendere una lotta simile, bisogna prima di tutto chiedere di spiegare perché la lotta di un tempo ha portato all’attuale situazione di guerra sempre più diffusa e perché le masse popolari dovrebbero tornare oggi a quella lotta che ieri si è mostrata inefficace.
I governi dei partiti delle Larghe Intese, poi di Draghi e ora di Meloni, sono governi della Repubblica Pontificia che è dalla sua nascita, nel 1948, un protettorato Usa, legato ora anche all’Unione Europea, istituzione dei gruppi imperialisti europei a loro volta imbrigliati nella Nato, dominata dai gruppi imperialisti Usa. Allo stesso tempo, lo scollamento e la sfiducia delle masse popolari nei confronti delle istituzioni e autorità borghesi si allarga tanto più vengono inviate armi in Ucraina, costruite basi militari, tagliati i servizi sociali e reddito e chiuse le aziende. Questo è il campo d’azione per sviluppare diffuse e coordinate iniziative di lotta contro la guerra e la sottomissione del paese agli imperialisti Usa-Nato, moltiplicare la nascita e il coordinamento degli organismi operai e popolari per rendere ingovernabile il paese e cacciare il governo Meloni. Questo è il terreno di lotta e mobilitazione tramite il quale alimentare la costruzione del nuovo potere, il potere delle masse popolari organizzate. Un potere che non nasce già pronto ma deve essere alimentato e costruito alimentando e dando continuità alle iniziative e mobilitazioni che sono già in corso, utilizzarle per alimentare una campagna nazionale contro la guerra.
Durante il campeggio sono emerse diverse proposte per dare continuità a livello nazionale e locale alle iniziative in corso, in particolare legate alla mobilitazione nazionale contro la guerra e l’escalation militare lanciata dal campeggio del movimento No Base – né a Coltano né altrove per il 21 ottobre e la data di mobilitazione generale lanciata dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole per il 4 novembre. Con il nostro intervento alla plenaria finale del campeggio No Muos abbiamo però posto due questioni importanti che attengono al ruolo che può assumere il Movimento No Muos nel processo generale di lotta contro la guerra:
- L’adesione del Movimento No Muos allo sciopero del 20 ottobre indetto da una parte del sindacalismo di base: è importante e decisivo che la lotta contro la guerra si leghi alle istanze e mobilitazioni dei lavoratori, che come più volte ripreso nei momenti assembleari vivono e subiscono la mannaia dell’economia di guerra, seppure apparentemente ci sia ancora difficoltà a mobilitare ampi settori della classe operaia. Sostenere lo sciopero, aderendo e sviluppando iniziative di preparazione al 20 e 21 ottobre che coinvolgano settori di lavoratori, è un segnale forte di unità e sostegno con la classe lavoratrice;
- Un’iniziativa di incalzo (attraverso un appello, un comunicato, interventi ecc.) verso il sindacalismo di base affinchè sostenga la giornata di mobilitazione del 4 novembre che coinvolgerà particolarmente i lavoratori della scuola, affinchè si assumano la responsabilità di indire sciopero a partire dal pubblico impiego e sostenere tutti quei lavoratori della formazione che intendono mobilitarsi attivamente in vista della ricorrenza del 4 novembre, in cui le autorità e istituzioni borghesi riverseranno gran parte della loro propaganda di guerra e legittimazione delle iniziative guerrafondaie del governo Meloni.
Questi sono alcuni degli spunti che riportiamo rispetto a come i movimenti e gli organismi in lotta contro la guerra, l’occupazione militare Usa-Nato del paese e l’economia di guerra possono muoversi concretamente per alimentare un processo unitario, coordinando, sostenendo e rafforzando le iniziative in corso.
Le masse popolari hanno la forza per porre fine alla partecipazione del nostro paese alla guerra Usa-Nato. La useranno e acquisiranno più fiducia in sé stesse man mano che vedranno gli effetti delle loro prime operazioni contro la partecipazione alla guerra. Ai loro esponenti d’avanguardia spetta il compito di mostrarli.