Rispondiamo all’articolo uscito il giorno 11 agosto sul Tirreno nel quale si annuncia, da parte dell’ex presidente, la chiusura del circolo A. Gramsci, circolo storico della città di Pisa e in cui il maggio scorso avevamo inaugurato la sede della nostra Sezione.
Nell’articolo (vedi qui) si attribuiscono le cause della chiusura del circolo alla crisi e ai giovani che non si interessano più di politica.
Relativamente alla crisi, conosciamo bene le difficoltà a sostenere le spese di spazi come i circoli, stroncati prima dalla pandemia e dopo dal caro-vita e caro-bollette, ma, come già scrivemmo nella nota pubblicata il 18 luglio (vedi qui), i circoli, dati il loro ruolo e il motivo per il quale sono nati, necessiterebbero di un sostegno economico atto soltanto a garantire lo svolgimento delle attività da offrire al territorio (attività di stampo sociale, aggregativo, culturale e politico).
Per quanto attiene ai giovani, la nostra è una Sezione interamente composta di giovani. Abbiamo svolto attività politiche costanti all’interno del circolo per circa tre anni: decine e decine di dibattiti e assemblee, seminari, presentazioni di libri, pranzi e cene sociali, attività ricreative. Su nostra iniziativa, all’interno del circolo ha operato per circa un anno una brigata di solidarietà nata durante la pandemia e composta interamente da giovani. Si sono riuniti all’interno del circolo decine di giovani appartenenti agli Studenti Contro il Green Pass, giovani che si sono avvicinati al Comitato No Camp Darby, giovani anarchici che hanno promosso cicli di presentazioni di libri e cineforum, giovani lavoratori che si incontravano per organizzarsi nei propri posti di lavoro. Non ci risulta, in tre anni, che il circolo abbia promosso alcun tipo di attività politica. Il punto, dunque, non sta nello scarso interesse dei giovani verso la politica, ma nella gestione privatistica dei circoli!
Una volta venuti a conoscenza, il 7 luglio, della minaccia di chiusura del circolo ci siamo subito mobilitati per comprenderne le ragioni economiche, mettendoci a disposizione per trovare soluzioni alternative alla sua gestione. Abbiamo pubblicato e diffuso una nota contro la chiusura del circolo (vedi qui) e abbiamo fatto girare un appello da proporre alla cittadinanza. Tutto il processo di chiusura, poi, è avvenuto senza il passaggio formale attraverso una riunione dei soci, o almeno, nell’eventualità in cui questa ci sia stata, nessuno ci ha messi al corrente.
Ci siamo quindi appellati all’ARCI provinciale, con una lettera mandata il 17 luglio, in cui riportavamo il caso, chiedevamo delucidazioni e ponevamo le nostre proposte. Tramite un nostro contatto sapevamo che sarebbe stato preso in carico il caso ma non abbiamo avuto alcuna risposta formale. Abbiamo invitato ARCI a presentarsi all’assemblea dei soci in programma per il 22 luglio, ma non si è presentato nessuno. Siamo rimasti abbastanza allibiti da questo comportamento, in quanto è vero che la struttura non appartiene all’ARCI, ma è pur vero che il circolo fosse sempre un circolo ARCI e che i soci fossero tutti tesserati con l’ARCI.
In una situazione generale in cui numerosi circoli si son trovati a chiudere nel nostro territorio o sono alle prese con debiti o altre gravi difficoltà economiche, l’interesse a preservare ciò che ancora poteva rimanere in piedi del lascito e del tessuto della prima ondata della rivoluzione proletaria ci sembrava il minimo. Soprattutto in una fase in cui vengono meno spazi di associazione politica e aggregazione, in particolare in un quartiere come quello della Cella in cui, con la chiusura del circolo, non esisterà più neanche un luogo di ritrovo.
Nell’assemblea del 22 luglio abbiamo portato le nostre analisi e riflessioni, ma soprattutto delle proposte concrete. Ci siamo offerti di mandare avanti su base volontaria il circolo, di costituire, attingendo dalla nostra rete di contatti, un’associazione che permettesse di garantire lo svolgimento di attività politiche, sociali, culturali e ludiche all’interno, proposte su come ricavare un sostegno economico, attivare gli abitanti del quartiere e molto altro. Ci siamo trovati però a scontrarci con un muro perché le decisioni, evidentemente, erano già state tutte prese. Non solo, ci siamo trovati a discutere del destino del circolo, ovvero di uno spazio che dovrebbe essere un bene della collettività, con i proprietari della struttura che hanno mantenuto un approccio da veri e propri padroni. All’interno dell’assemblea sono state riportate ipotesi, su cui evidentemente era già stato avviato un ragionamento, per lasciare il circolo in mano ai vigili urbani, ai carabinieri in pensione (per quanto se ne dica nell’articolo del Tirreno, è stata una proposta emersa pubblicamente), per una parafarmacia ecc. Nell’articolo, infine si esplicita la prospettiva di dare la struttura in affitto per cui ecco che un altro pezzo di eredità del vecchio movimento comunista non solo non esisterà più ma potrebbe andare a favorire dinamiche di stampo privatistico.
Di fronte a tutta questa situazione le riflessioni che poniamo sono essenzialmente due: la prima legata alla gestione generale dei circoli e la seconda di carattere politico.
Per quanto riguarda la gestione dei circoli, abbiamo capito che è necessario vigilare su queste strutture per accertarci che gli obiettivi portati avanti siano quelli che fanno riferimento alla Statuto di ARCI e alla storia dalla quale provengono. I circoli devono essere trattati come beni comuni del territorio e al servizio di questo.
Rispetto alla questione politica, per quanto attiene alla nostra esperienza, riteniamo importante vigilare sulla componente politica che assume ruoli all’interno dei circoli: da dove vengono, ma soprattutto qual è il loro operato. Inoltre, non possiamo fare a meno di notare che gli ottimi rapporti che abbiamo sempre avuto coi gestori e soci del circolo abbiano iniziato ad incrinarsi a partire dalle scorse elezioni amministrative quando chiedemmo di istituire nel circolo un comitato elettorale per un nostro candidato nella lista di Unione Popolare e in seguito con la nostra indicazione di voto all’astensione per il ballottaggio. Pertanto, non escludiamo che l’operazione di chiusura del circolo sia stata accelerata o fomentata in un’azione combinata dei due poli delle Larghe Intese.
Grazie all’impegno che abbiamo messo negli anni per rendere il circolo A. Gramsci un punto di riferimento per le realtà politiche e sociali del territorio, tanti sono stati i compagni e le compagne che ci hanno contattato dopo la pubblicazione dell’articolo in questione, dispiaciuti della decisione (a cui noi non ci siamo mai associati) di chiudere il circolo e che si sono messi a disposizione per salvarlo.
Ribadiamo quindi pubblicamente la nostra disponibilità a mobilitarci per tenere aperto il circolo, facendo appello al sostegno delle altre realtà del territorio che ben conoscono le difficoltà a trovare spazi di agibilità politica o soltanto di aggregazione, all’ARCI e all’Amministrazione comunale per opporsi alla desertificazione degli spazi per le masse popolari nella nostra città.
P. CARC sez. Pisa