Fino a un certo punto, il capitalismo ha svolto un ruolo di progresso nella storia dell’umanità. Oggi non è più così. Ogni elemento di questo sistema, ogni cosa che esso oggi produce, ha il prezzo del marasma e della devastazione in cui ci troviamo.
Il 19 luglio è giunta la notizia che in provincia di Brescia ben due operai sono morti sul lavoro per il troppo caldo. Uno è stato ritrovato sul suo camion in un parcheggio attiguo all’autostrada A4, a Castenedolo, mentre un altro è morto nel cantiere della linea TAV Brescia-Verona a Lonato, in uno dei container arroventati che fanno da casa a chi ci si ritrova a lavorare.
Il 20 luglio la FIOM ha rilasciato un comunicato in cui denuncia l’intenzione di Iveco di cedere la divisione antincendio. Una decisione che mette a rischio 1000 posti di lavoro in Europa, di cui 180 impiegati nel sito di Brescia.
Nella tarda mattinata del 21 luglio una tempesta, con venti fino a 100km/h, si è abbattuta su varie zone di Brescia e provincia. Oltre alle coltivazioni devastate, ai tetti scoperchiati, agli alberi abbattuti, ci sono stati ingenti danni anche in moltissime aziende. In una di queste due operai sono rimasti feriti per la caduta di due finestre, abbattute dal forte vento.
Il 25 luglio, alle Fonderie di Torbole (BS), un operaio ha subito un grave infortunio e nei giorni seguenti gli operai sono scesi in sciopero per richiedere maggiori misure di sicurezza.
Cosa lega questi eventi?
Il tratto comune è che il mondo in mano ai capitalisti mette a rischio in ogni modo il lavoro, la salute e la vita degli operai!
Le cause di ognuno di questi episodi sono da ricercare nella sete di profitto a ogni costo. Il caldo estremo e i conseguenti eventi meteo catastrofici che ne conseguono sono determinati dal sistema produttivo capitalista, fonte inesauribile di inquinamento. Non esisterà mai un capitalismo green, perché non ci può essere una vera tutela dell’ecosistema se si è orientati a conseguire il massimo profitto costi quel che costi.
Sempre la ricerca del massimo profitto sta alla base della chiusura o della delocalizzazione delle aziende. Queste decisioni vengono pagate dai lavoratori che vengono licenziati, mentre quelli che eventualmente restano vedono continuamente peggiorare le loro condizioni di lavoro
La crisi ambientale è ormai un nuovo elemento da aggiungere agli altri che già determinano il rischio di morti e di feriti sui posti di lavoro. La mancanza di tutele, di ambienti salubri in cui lavorare, l’incuria in cui vengono mantenuti – per risparmiare sui costi!- i siti produttivi, spesso in condizioni precarie, al limite dell’agibilità: ecco ulteriori elementi che determinano nuovi rischi sui posti di lavoro.
Cosa possono fare gli operai per fermare tutto questo?
É necessario organizzarsi, sia per cambiare le cose nelle aziende, che per cambiarle in tutto il paese.
Bisogna prendere esempio dagli operai Stellantis di Pomigliano d’Arco e dell’Elettrolux di Forlì, che hanno scioperato contro i ritmi e le condizioni di lavoro a causa del caldo, così come hanno fatto anche gli operai della Pasotti di Pompiano (BS) che hanno fermato le linee per più di un’ora.
La sicurezza nei luoghi di lavoro la fanno i lavoratori che attuano direttamente le misure necessarie della sicurezza e che organizzandosi mettono sotto scacco i padroni.
La sezione di Brescia e tutto il P.CARC sostengono ogni lavoratore che si mette su questa strada, mettendo a disposizione contatti, relazioni, e strumenti laddove possibile.
Esprimiamo la massima solidarietà e vicinanza agli operai della Fonderia di Torbole in sciopero e a tutti gli operai decisi a ribellarsi e organizzarsi alla guerra di sterminio non dichiara dai padroni e dalla classe dominante.
In questa ottica rilanciamo e riportiamo di seguito il comunicato della Commissione Lavoro Operaio e sindacale della Toscana del P.CARC “Mandati a morire di calore, un altro atto di guerra contro gli operai: come contrastarlo”.
No alla rassegnazione e al disfattismo!
Organizziamoci per cambiare le cose!
La classe operaia deve dirigere tutto!
Mandati a morire di calore, un altro atto di guerra contro gli operai: come contrastarlo
Andare al lavoro è diventato come andare in guerra, ma chi muore sul lavoro non fa scalpore come un soldato caduto al fronte. Anzi è diventata “la normalità”. Non bastava rimanere stritolati da rulli, schiacciati da lamiere o cadere da impalcature: ora chi lavora deve mettere in conto di poter morire a causa del caldo. Sono ormai diversi anni che le estati sono diventate una tortura per via del cambio climatico e la situazione è aggravata dalla mancata adozione di misure di sicurezza previste dalla legge 81/2008. Per chi vuole approfondire l’argomento e ricavare misure pratiche da far rispettare o adottare dal padrone, consigliamo l’articolato contributo di Marco Spezia, ingegnere esperto in sicurezza e membro di Medicina Democratica.
È così che è morto a Firenze il lavoratore di 61 anni, stramazzato al suolo per ipertermia mentre stava lavorando; così è morto a Lodi un operaio addetto alla segnaletica stradale di 44 anni. “Grazie” anche alla legge Fornero che ha alzato l’età pensionabile, sono tanti i lavoratori a rischio, ma le alte temperature sono pericolose non solo per tutti quelli che lavorano all’esterno, ma anche per chi lo fa nei capannoni, dove spesso non esistono condizionatori.
Ma esistono alcuni esempi positivi di ribellione a queste condizioni di lavoro indecenti. Essi vengono dagli operai della Iveco di Suzzara, scesi in sciopero immediatamente e senza preavviso per il malfunzionamento dell’impianto di condizionamento; dagli operai della Piaggio di Pontedera che da almeno 8 anni lottano per averli installati e scioperano periodicamente non solo per protestare ma anche per tutelarsi, mentre il “capitano coraggioso” Colaninno macina sempre più milioni di utili.
Fanno bene e hanno tutte le giustificazioni del mondo coloro che stoppano il lavoro di fronte a vere e proprie situazioni di pericolo, altro che preavvisi, PEC e minacce di cui i padroni se ne fregano!
Sono questi gli esempi da esportare anche nelle aziende medie e piccole, dove gli operai sono più ricattati e meno sindacalizzati, organizzandosi anche in piccoli gruppi di operai (non occorre essere in tanti per cominciare) per imporre alcune immediate e semplici misure come:
– fare turni negli orari più freschi della giornata come al mattino presto o dopo le 18;
– obbligare il padrone a fornire, gratuitamente, una quantità di acqua giornaliera sufficiente;
– interrompere immediatamente il lavoro laddove le condizioni minime di sicurezza non siano garantite, mobilitando i sindacati di ogni tipo presenti in azienda, confederali o alternativi di base che siano a dichiarare sciopero;
– denunciare puntualmente e con la massima risonanza comportamenti criminali e minacce di rappresaglia.
Oggi nelle aziende dilagano il ricatto e il timore di essere licenziati, la demoralizzazione per le tante sconfitte subite a livello sindacale e la loro azione poco efficace (spesso i sindacati si fermano alla protesta e al puntare i piedi ma faticano ad andare oltre nel dare battaglia, tranne alcune eccezioni come il SI Cobas), la sensazione che “ormai è così e niente può cambiare”. Queste sono le armi principali che usa il padrone, non perché è forte ma perché i lavoratori non fanno ancora valere tutta la loro forza invincibile (se si fermano loro si ferma il paese, come abbiamo visto bene nel periodo del Covid!), faticano a coordinarsi, prevalgono gli aspetti negativi. Ma quando lo fanno, come alla Iveco e alla Piaggio, padroni e sindacati possono solo rincorrere e i primi possono solo inventare qualche scusa per i loro comportamenti sempre più palesemente criminali, dettati dalla sete di profitto: la sicurezza per loro è solo un costo e un fastidio da evitare, uno dei residui lacci e lacciuoli che cancellerebbero volentieri per essere più “competitivi” con la concorrenza. Questa è la realtà.
Ma questa situazione desta sempre più insoddisfazione, rabbia e voglia di agire: è da questa brace che cova sotto la cenere che si deve partire! Ecco l’importanza di creare in ogni luogo di lavoro una cellula, comitato o gruppo che dir si voglia di operai che si organizzano per imporre le misure di sicurezza che servono: che a schiattare di caldo ci vada il padrone! Servono gruppi di operai che indicano le misure da prendere per far fronte ai rischi di ipertermia (l’operaio morto a Firenze aveva una temperatura corporea di 43°) e le impongono, si fanno sostenere da ingegneri, medici, ispettori ASL non corrotti e da sindacalisti nell’elaborarne di nuove, denunciano pubblicamente ogni situazione di pericolo, anche anonimamente per mettersi al riparo dalle ritorsioni dei famigerati codici aziendali: i padroni non rispettano la Costituzione, per cui non c’è motivo per i lavoratori di rispettare la legge che intendono imporre nelle loro aziende visto che non si tratta, per ora, di territorio extragiudiziale. Adottare ogni forma di lotta e di protesta anche illegale, purché legittima!
La Commissione Lavoro Operaio e sindacale della Toscana e tutto il P.CARC sostengono ogni lavoratore che mette su questa strada, mettendo a disposizione contatti, relazioni, e strumenti laddove possibile.
La soluzione a questa mattanza parte dal piano sindacale seguendo tutte le articolazioni pratiche che abbiamo appena indicato, ma è al livello politico che dobbiamo avanzare per applicarle. Non ci sono speranze che soluzioni di largo respiro arrivino dal governo Meloni, che gli operai “italiani” li sacrifica nelle fabbriche lasciandoli alla mercè del padrone, dirotta risorse utilizzabili per controlli e misure preventive verso la guerra in Ucraina. Non arriverebbe nemmeno da governi composti da altri teatranti delle Larghe Intese come il PD, che negli anni ha demolito l’articolo 18, ha introdotto l’Alternanza Scuola Lavoro, ha sdoganato i contratti precari a ogni livello.
A noi serve un governo che assuma immediatamente misure di emergenza che preservino la salute e la sicurezza dei lavoratori e organizzino la produzione nel modo più conveniente, un governo che metta in pratica le misure indicate dalle organizzazioni operaie e popolari che agiscono unitariamente per farla finita con questo sistema putrido, assassino e corrotto. Questo è il Governo di Blocco Popolare di cui abbiamo trattato diffusamente al VI° congresso di aprile, un governo realmente costruito dal basso e che cominci a far fronte ai principali bisogni delle masse popolari.
Le organizzazioni operaie e popolari servono a questo, a far valere ancora e difendere con tenacia i diritti strappati con la prima ondata della rivoluzione proletaria e riprendere quel percorso glorioso, che non è finito ma si è solo arrestato, per cacciare i padroni, gli sfruttatori, i guerrafondai di ogni genere.
Serve una nuova società, la società socialista che è già in grembo a quella attuale: la crisi in cui siamo immersi è la manifestazione del passaggio che ancora non avviene, un passaggio per cui servono organizzazione, mobilitazione e lotta per arrivare alla vittoria!
Fermiamo la strage quotidiana dei morti sul lavoro imponendo le misure necessarie in ogni cantiere, capannone, fabbrica e azienda!
Al fianco di ogni lavoratore che si organizza senza riserve! Rispediamo al mittente la guerra di sterminio non dichiarata che ci portano contro padroni, governo Meloni e i loro servi!
Commissione Lavoro Operaio e sindacale della Toscana del P.CARC.