È chiaro a tutti come il nostro paese sia già in guerra ed è già in una guerra mondiale. Una guerra mossa dai gruppi imperialisti USA e dal seguito della comunità internazionale che mira a estendere la Nato ed allargare il fronte di guerra. Si vede da quello che succede in Kosovo e dal tentativo di inserire i paesi scandinavi all’interno della NATO.
La guerra non si fermerà, andrà avanti fino a lambire l’Asia e la Repubblica Popolare Cinese. Questo perché siamo in una fase storica in cui questo sistema sociale è immerso in una crisi generale e continuare ad accumulare profitti per i paesi imperialisti significa estendere i fronti di guerra, aprire nuovi mercati e sottomettere nuove aree del pianeta.
Quando parliamo di guerra non dobbiamo immaginarci solo la guerra del fronte anzi, quella è la manifestazione di un’altra guerra, che è quella principale, e che avviene all’interno di ogni paese imperialista. È la manifestazione della guerra di classe. La guerra della borghesia imperialista contro le masse popolari.
Se la classe dominante porta avanti questa guerra, dobbiamo entrare nell’ottica che anche noi dobbiamo fare una guerra. Una guerra di riscossa, che abbia come obbiettivo quello di cacciare il governo Meloni e i suoi lacchè dai loro posti. E tutte le rivendicazioni che bene conosciamo e che subiamo quotidianamente, non avranno alcuna risposta che non sia una risposta politica che punti a scansare dal governo locale e nazionale i passacarte dei gruppi di potere della classe dominante.
Il fattore decisivo della nostra guerra di riscossa, quella delle masse popolari organizzate, è la fiducia che possiamo vincerla.
Fiducia che va costruita promuovendo il coordinamento delle numerose realtà che in più parti del paese si stanno già mobilitando, alcune delle quali – come la Lega degli Obiettori di Coscienza, il Comitato contro la militarizzazione delle scuole, ANVUI, Miracolo a Milano e Donne e Uomini contro la guerra – Centro sociale 28 maggio, A Foras il Coordinamento paradiso, il Comitato di Liberazione Nazionale; il CSA Spartaco, il Comitato No AD (no autonomia differenziata), esponenti del SI Cobas, della Costituente Comunista, dei Lavoratori autorganizzati, rete movimento No GP, Ravenna e della Casa dei diritti – hanno preso parte ai dibattiti contro la guerra delle Feste della Riscossa Popolare federali in Toscana, Lombardia e Emilia Romagna che si sono svolte nelle scorse settimane.
Negli incontri sono state riportate le esperienze delle differenti organizzazioni popolari che, ognuna con proprie specificità, hanno dato e continuano a dare un contributo di qualità alla mobilitazione contro la guerra nel nostro paese.
Cosa significa “di qualità”? Significa che al netto dell’inesistenza (per ora) di un ampio movimento contro la guerra, queste esperienze hanno il pregio di mettersi sulla strada di porre soluzioni pratiche e indicazioni concrete al coinvolgimento del nostro paese nella guerra della NATO.
Ogni organizzazione ha portato all’interno del dibattito le proprie concezioni, a volte anche in contraddizione tra loro, ma gli aspetti in comune attengono al porsi come organizzatori dei lavoratori e delle masse popolari, fuori dai recinti della rivendicazione alle istituzioni della borghesia che è totalmente orientata alla prosecuzione della guerra in corso.