In questi giorni siamo a venuti a conoscenza dell’intenzione – da parte del presidente e di alcuni consiglieri – di chiudere il circolo A. Gramsci (nel quartiere della Cella, a Pisa) al cui interno, come compagni e compagne della sezione di Pisa del P.CARC, operiamo da più di tre anni. Nel maggio scorso vi abbiamo anche inaugurato la nostra sede.
In questi tre anni, anche con il sostegno del presidente e di altri consiglieri e soci del circolo, abbiamo portato avanti attività di mutuo aiuto attivando, durante la pandemia da Covid-19, una brigata di sostegno alimentare per far fronte ai bisogni immediati delle masse popolari del territorio; riunendo lavoratori e lavoratrici per discutere dei loro problemi sul posto di lavoro a partire dalla repressione che spesso questi subiscono; dando modo ad altri organismi del territorio, realtà di movimento, associazioni politiche e culturali di ritrovarsi e promuovere le proprie iniziative. Abbiamo costruito decine di assemblee, dibattiti e momenti di formazione come la Scuola di Base A. Makarenko di alfabetizzazione storica e della lingua italiana.
Queste attività esemplificano il tipo di lavoro che il nostro partito conduce (non solo a Pisa ma ovunque ve ne sia l’opportunità) all’interno dei circoli ARCI e delle case del popolo con lo scopo di promuovere una cultura proletaria per il progresso morale e culturale delle masse popolari, per lo sviluppo delle aggregazioni economiche e sociali popolari e autogestite dai lavoratori. Dunque, la notizia dell’imminente chiusura del circolo – che ci è stata comunicata in modo del tutto informale dal presidente – è per noi una doccia fredda, inspiegabile!
Infatti, la decisione sarebbe stata presa in una riunione del consiglio alla quale non siamo stati convocati, sebbene un nostro compagno sia anche consigliere. I motivi addotti dal presidente e da alcuni consiglieri per giustificare la chiusura sarebbero di tipo economico.
Siccome non siamo degli sprovveduti, consociamo bene le difficoltà dei circoli e delle case del popolo ad andare avanti. Prima la pandemia che ha visto proprio circoli e case del popolo tra i primi a chiudere, adesso il caro vita, ulteriormente aggravato dall’impegno del nostro paese nella guerra che la NATO sta conducendo contro la Federazione Russa in Ucraina e dalle misure adottate dal governo in carica che destina fondi e risorse nel riarmo anziché nel rafforzamento della spesa pubblica (a vantaggio degli interessi delle masse popolari) che aggrava ancora di più la loro situazione finanziaria.
Il regime economico imposto da leggi e normative costringe i circoli a indebitarsi per migliaia di euro (ricordiamo l’articolo108 della Legge di Bilancio 2021 con cui le associazioni no profit e del terzo settore sono state costrette ad aprire partite IVA), a inserire all’interno dei locali aggeggi come le slot machine, a ospitare feste private, ecc. per raccogliere i soldi per rimanere a galla (come mai le associazioni religiose godono di tutt’altro regime economico e fiscale invece?). Ma chi è che ha messo i circoli in questa situazione se non i partiti delle Larghe Intese che non hanno alcun interesse a mantenere in vita queste importanti istituzioni se non quando devono fare campagna elettorale? Non possiamo infatti esimerci dal sottolineare che i circoli sono spesso ridotti a essere bacino elettorale, soprattutto da parte del Partito Democratico, quello stesso partito che ci ha trascinato in guerra e che ha legalizzato la precarietà con l’abolizione dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Sia chiaro, che queste sono le misure promosse dai vertici del PD che nulla hanno a che vedere con chi quel partito ancora lo vota (per speranza, “tradizione” piuttosto che mancanza di alternativa) e che spesso sono gli stessi che animano con il loro impegno, il loro attivismo e in modo del tutto disinteressato gli stessi circoli ARCI. Ebbene, riappropriarci dei circoli è possibile, ribellarci alle misure vessatorie che vorrebbero strangolarli economicamente e finanziariamente anche.
La lotta per tenere aperti i circoli dev’essere condotta nella consapevolezza del ruolo che questi ricoprono e degli obiettivi con cui le attività economiche devono essere portate avanti e gestite. Il sostentamento economico di un circolo, infatti, deve servire all’espletamento delle sue attività sociali, mutualiste, ricreative e politiche, che sono le attività proprie di un circolo, così come illustrato nello Statuto nazionale di ARCI. Oggi più che mai è necessario ridare ai circoli il ruolo sociale per cui sono nati perché i lavoratori, i giovani proletari e il resto delle masse popolari hanno bisogno di organizzarsi, partendo dalla possibilità di potersi ritrovare, di discutere di politica, di utilizzare il proprio tempo libero per contrastare la cultura dello sballo, dell’alienazione, della diversione e dell’isolamento che ci impone il sistema capitalista dedicandosi invece all’arte, alla cultura, al sano intrattenimento.
Venendo alla situazione economica del circolo A. Gramsci quello che risulta è che nessun problema finanziario esistente (ad oggi) giustifica la chiusura, nel senso che la sua attività economica è adeguata all’espletamento di tutte le sue funzioni: dal pagamento delle utenze, al mantenimento dei locali aperti per lo svolgimento delle sue attività (e non abbiamo debiti!). Dato che un circolo non deve né fare utili, né “aver i conti a posto” per fare investimenti futuri di chissà che tipo, non c’è alcun reale problema economico che giustifichi questa decisione. A questo punto non possiamo non far notare il sospetto che questa (definitiva o forse temporanea?) chiusura del circolo abbia in un certo modo a che fare con noi; con noi comunisti del P.CARC e con la nostra agibilità. Non si tratta di “fare le vittime” o i “perseguitati politici” ma è evidentemente una lotta per noi, conquistare e mantenere agibilità in spazi che (come scritto sopra) pur essendo eredità del primo movimento comunista e naturale ambito di socializzazione, organizzazione e mobilitazione popolare, sono terreno di contesa con altre forze politiche, spesso espressione di interessi che sono opposti a quelli che noi comunisti difendiamo. Dunque, nel caso in cui questa chiusura fosse frutto anche (o solo) di un tentativo atto a togliere spazio e agibilità al Partito dei Carc non ce ne stupiremmo: questo non ci indebolisce, anzi, ci rafforza come stiamo dimostrando con questa stessa denuncia pubblica.
Siccome il nostro interesse è tenere aperto il circolo abbiamo deciso di denunciare pubblicamente questa situazione e abbiamo chiesto anche sostegno ad ARCI provinciale nella convinzione che sia comune interesse quello di non far morire l’ennesimo circolo.
Facciamo appello a tutti i nostri contatti, collaboratori, simpatizzanti, lavoratori, realtà sociali del territorio, abitanti del quartiere e soci del circolo che non vogliono vedere l’unico punto di ritrovo del quartiere morire, a sostenere la battaglia per non far chiudere il circolo A.Gramsci e dare il proprio contributo nelle campagne che lanceremo per salvarlo.
Il primo appuntamento è per sabato 22 luglio all’assemblea aperta ai soci che si terrà al circolo A. Gramsci.
Non ci piegheremo di fronte a una decisione che ad oggi appare veramente ingiustificata e immotivata!
P. CARC sez. Pisa