A Genova il silenzio istituzionale vale quanto un’ammissione

Traffico di armi nei porti italiani

Il 7 giugno si è riunita la Commissione sviluppo economico del Comune di Genova, appositamente convocata per ascoltare il Presidente dell’Autorità Portuale (Paolo Emilio Signorini) e il Prefetto (Renato Franceschelli) sulle modalità con cui viene applicata nel porto la legge che vieta il transito di armi verso zone di guerra (Legge 185 del 1990).

Sì, perché da oltre quattro anni il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (Calp) – presente alla riunione insieme a esponenti di Weapon Watch e Amnesty International – denuncia il passaggio e la movimentazione di armi in porto e si mobilita per impedirli. Dalle massime autorità finora non è stata proferita parola alcuna e l’audizione in Commissione avrebbe dovuto trattare proprio della situazione.

L’esito? Sia il Presidente dell’Autorità Portuale che il Prefetto hanno disertato senza alcun preavviso.

Non si tratta solo di “uno sgarbo istituzionale”: prima di tutto è la dimostrazione che il governo centrale e i suoi galoppini a livello locale non hanno alcuna intenzione di rendere conto a nessuno del loro operato al servizio della guerra e dei guerrafondai e non si assumono neppure la responsabilità delle loro azioni.

Hanno fatto benissimo i portuali del Calp a percorrere anche la strada istituzionale per contrastare il traffico illegale di armi: benché le istituzioni facciano orecchie da mercante, la loro assenza all’audizione è la più chiara ammissione di responsabilità. Si sono risparmiate la fatica di arrampicarsi sugli specchi, ma per farlo hanno dovuto umiliare l’Amministrazione e il Consiglio Comunale, hanno dovuto contribuire a far cadere la maschera della democrazia borghese.

Ma la storia non si conclude certo qui: Signorini, Franceschelli e compagnia cantante dovranno rendere conto alla Commissione, ma soprattutto ai lavoratori e alle masse popolari genovesi. In un modo o nell’altro.

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