Napoli

Si può fare! Impedita la costruzione del deposito di Gnl

Il 24 maggio il Ministero dell’Ambiente ha espresso parere negativo sulla proposta delle multinazionali Kuwait Petroleum ed Edison di realizzare un impianto di stoccaggio di gas naturale liquefatto (Gnl) nella Darsena Petroli del Porto di Napoli, la zona costiera di San Giovanni. Il progetto non ha superato la valutazione di impatto ambientale, dice la commissione tecnica, perché ‘è incompatibile con l’obiettivo di delocalizzare i depositi petroliferi dall’area orientale e con l’obiettivo di riqualificare l’area; inoltre sono stati rilevati impatti avversi sui comparti ambientali’ e poiché l’intervento ricade in area vincolata ‘sono consentite trasformazioni orientate esclusivamente al miglioramento della sicurezza e dell’impatto ambientale’. Insomma sono state confermate come motivazioni le osservazioni già elaborate nel 2022 dagli organismi popolari dell’area orientale per dimostrare che questo deposito non si doveva neanche proporre” – dal comunicato della Sezione di Napoli Est sul sito.

Una vittoria che cade dal cielo oppure dovuta al “buon cuore” del Ministero dell’Ambiente? Nessuna delle due! Questo importante risultato è opera della mobilitazione delle masse popolari organizzate.

Infatti la Rete Stop Gnl, insieme alle associazioni, ai comitati di Napoli Est e al P.CARC, negli ultimi mesi ha preso parte o promosso una trentina tra assemblee, presidi, manifestazioni e volantinaggi, chiamando all’appello le altre realtà già organizzate sul territorio: le associazioni del terzo settore, le onlus del sociale, il comitato No Biodigestore, i Fridays For Future, i lavoratori ex-Whirlpool, i comitati Disoccupati 7 Novembre e Cantiere 167 di Scampia, la Consulta Popolare Salute e Sanità di Napoli.

“Questo risultato fornisce già degli insegnamenti, delle posizioni conquistate e delle conferme importanti. Il primo aspetto è che la determinazione e la costruzione di un fronte ampio sono elementi essenziali per vincere ogni battaglia. Il secondo è che porre ogni vertenza come un problema sociale – facendo appello a intellettuali, artisti, sinceri democratici, comunità religiose, ecc. – costringe le istituzioni a esprimersi. In questa specifica situazione queste ultime hanno dovuto prendere una posizione, ossia che il progetto non si può fare perché il sito è inquinato. Così facendo hanno dato ragione ai comitati, che da anni denunciano l’inquinamento dell’area orientale e reclamano le urgenti bonifiche. Ciò vuol dire che ora bisogna pretendere anche le bonifiche!” (dal comunicato).

Infatti l’area in questione è un sito di interesse nazionale (Sin) ovvero una zona di particolare pregio ambientale che deve essere bonificata perché inquinata e a rischio. Altro che stoccaggio del Gnl!

E la vicenda fa venire in mente un altro Sin: l’area industriale di Piombino (LI) dove, invece di fare le bonifiche promesse agli abitanti già decenni fa, il governo ha pensato bene di imporre l’installazione di una pericolosa nave rigassificatrice. Un rigassificatore contro cui, come abbiamo scritto varie volte sulle pagine di Resistenza, sono sorti vari comitati cittadini e regionali che, nei mesi scorsi, hanno organizzato decine di manifestazioni e presidi.

L’aspetto centrale, l’ingrediente essenziale della vittoria della Rete No Gln è che la questione specifica è stata posta da subito come un problema di ordine sociale, la cui soluzione deve e può essere solo politica. Perché la questione Gnl rientra nelle politiche energetiche del governo, così come il rigassificatore di Piombino, le centrali geotermiche, lo sfruttamento dei combustibili fossili e via dicendo. Per questo è necessario sviluppare e rafforzare il coordinamento con gli altri organismi come la Rete Fuori dal fossile e la Rete No Rigass No Gnl, solo per fare due esempi.

Dall’altra parte, alla vittoria conseguita dai comitati napoletani va data la giusta importanza! Anche solo aver rimandato la decisione sullo stoccaggio – dato che le due multinazionali hanno la possibilità di fare ricorso al Tar entro 120 giorni, “rimodulando” e ripresentando il progetto – è il risultato della mobilitazione dal basso che ha imposto la sua volontà alle istituzioni locali e nazionali.

Qualcuno potrebbe pensare “ok, la battaglia è stata vinta, ma non la guerra”. È vero, ma la guerra è fatta di tante battaglie. Battaglie che le masse popolari combattono e vincono se si danno gli strumenti per farlo, se valorizzano le singole vittorie per conquistare posizioni, rafforzando l’organizzazione e il coordinamento; se fanno bilancio delle sconfitte e usano anche queste per rilanciare, fino alla vittoria. La gestione dei territori, così come quella dell’apparato produttivo, dei servizi e di tutti gli altri ambiti della società deve essere presa in mano dalle organizzazioni operaie e popolari. La posta in gioco è il governo del paese.

Gnl e guerra
Il deposito di stoccaggio a Napoli, il rigassificatore di Piombino (che trasforma il Gnl proveniente dagli Usa), il progetto di costruire altri rigassificatori rientrano tutti nella gestione delle politiche energetiche del paese da parte delle Larghe Intese.
Con la falsa prospettiva di “liberare l’Italia dalla dipendenza dal gas russo”, il governo sta acquistando Gnl dagli Stati Uniti. Un gas liquido che costa più del doppio del gas naturale proveniente dalla Russia, che necessita di strutture invasive e mastodontiche per essere trasformato, stoccato e distribuito e che, tra l’altro, non è minimamente sufficiente a soddisfare il nostro fabbisogno energetico.
Un “affare” che è legato, sì, al conflitto in Ucraina, ma che è principalmente indice della sudditanza del nostro paese agli Usa e alle sue speculazioni.

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