Il 12 giugno è morto Silvio Berlusconi. Da quella data, fiumi d’inchiostro sono stati scritti sulla sua figura. Se la maggior parte dei media di regime ne hanno parlato per beatificare la sua persona e incensare la sua opera e i suoi successi, la sinistra borghese ne ha ricordato gli eccessi, le colpe, i crimini, coerentemente con il suo ruolo di “coscienza critica della classe dominante”. Una profusione di articoli, scritti, servizi televisivi e interviste utili soprattutto ad alimentare confusione e due opposte tifoserie: Berlusconi sì, Berlusconi no.
I comunisti devono contrastare questa tendenza alimentata dalla classe dominante. Quello che ci serve realmente indagare è il ruolo decisivo di Berlusconi nella storia della Repubblica Pontificia, allo scopo di comprendere la natura e le trasformazioni del regime in cui viviamo e che dobbiamo rovesciare, i cambiamenti e le prospettive cui la sua morte apre.
A questo fine il (n)PCI ha rilanciato il 18 giugno un comunicato del 2009 sulla figura di Silvio Berlusconi che approfondisce proprio questi temi. Citiamo dal comunicato: “Berlusconi è stato l’uomo politico che più ha inciso sul corso delle cose nel nostro paese negli ultimi quarant’anni. Nella storia della Repubblica ha svolto un ruolo di livello eguale o superiore a quello di Alcide De Gasperi, Amintore Fanfani, Giulio Andreotti, Bettino Craxi. Le masse popolari italiane e immigrate ne subiscono i risultati e ognuno è quindi in grado di valutare la qualità della sua opera”.
E più sotto: “Silvio Berlusconi è persona di grandi capacità e di grande ambizione che, stante la scuola a cui è stato formato, ha impiegato e impiega contro le masse popolari italiane e contro il progresso dell’umanità, per perpetuare nel contesto concreto il sistema di relazioni sociali borghesi nell’ambito della Repubblica Pontificia, come Mussolini lo fece nel contesto della prima crisi generale del capitalismo e dell’eredità della Prima Guerra Mondiale nell’ambito della diarchia Monarchia-Vaticano. Le ha impiegate con successo dapprima per fare carriera come finanziere della Mafia, poi per costruirsi un impero economico personale, quindi per acquistare autonomia anche rispetto alla Mafia senza farsi schiacciare ed eliminare (come successo invece a Virgillito, a Sindona, a Calvi e ad altri), assurgere alla direzione delle Organizzazioni Criminali e del sistema della P2 di Licio Gelli e diventare la personificazione più moderna del padrino mafioso e dell’uomo politico borghese dei nostri tempi.”
Nel seguito del comunicato si spiega poi come Berlusconi sia arrivato ad assumere tale ruolo, nel contesto dei sommovimenti prodotti a livello internazionale e nazionale dall’inizio della seconda crisi generale del capitalismo cominciata negli anni Settanta.
“La fine del capitalismo dal volto umano è la fine della linea di politica economica e sociale su cui dopo la Seconda Guerra Mondiale il regime Dc si era consolidato e per alcuni decenni aveva retto. La combinazione dello sfruttamento con la beneficenza e l’elemosina e il rispetto più o meno approssimativo delle conquiste e dei diritti strappati dai lavoratori, diventavano incompatibili con le misure necessarie per far fronte alla crisi assieme ai gruppi imperialisti degli altri paesi: privatizzazioni, esternalizzazioni, delocalizzazioni, finanziarizzazione, speculazione finanziaria, globalizzazione.
(…) È a questo punto della storia d’Italia che le Organizzazioni Criminali (Mafia, ‘Ndrangheta e Camorra principalmente) tracimano dai territori tradizionali, travalicano i vecchi giri e mestieri, si impiantano a livello nazionale, invadono i grandi circuiti nazionali e internazionali della finanza, dell’industria e del commercio e assumono nuove responsabilità politiche a livello nazionale, ispirate da Licio Gelli e dalla sua P2.
Berlusconi e Craxi sono i personaggi chiave della nuova fase della Repubblica Pontificia.
(…) Fino allora la Mafia aveva avuto voce in capitolo nella politica nazionale tramite la Dc di Andreotti. Con l’installazione di Craxi alla testa del Psi nel 1976, essa inizia a costruire una propria rappresentanza politica a livello nazionale alternativa alla Dc. Tramite tra la Mafia e Craxi in questa operazione sarà proprio Berlusconi. Questi ha fatto la sua carriera di operatore finanziario della Mafia e la sua fortuna di speculatore immobiliare nella Milano della cui amministrazione comunale Craxi è padre e padrone da anni, proprio nel periodo in cui la Mafia si installa a Milano, nella Borsa e nel mondo finanziario.
(…) Negli anni Ottanta Craxi e il suo Psi diventano dunque a livello nazionale la rappresentanza politica della Mafia e delle altre Organizzazioni Criminali, profondamente penetrate nel mondo finanziario e industriale di tutto il paese. Il mandato del Vaticano a governare arrivò al Psi di Craxi negli anni Ottanta. La nuova combinazione tra Vaticano e Organizzazioni Criminali viene consacrata con l’elevazione di Pertini alla presidenza della repubblica, con l’avvento di Craxi alla testa del governo, con il rinnovo del Concordato (1984). Sono anche gli anni in cui il Psi di Craxi lancia l’attacco alle conquiste economiche e sociali e ai diritti strappati dalle masse popolari alla borghesia: con il Decreto di S. Valentino (febbraio 1984) viene intaccata d’autorità la scala mobile.
Quando a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta la combinazione degli avvenimenti nazionali e internazionali diventa tale che la Dc e il Psi di Craxi-Andreotti-Forlani (il Caf) vengono insieme travolti, Berlusconi che fino allora era stato il burattinaio di Craxi, l’eminenza grigia del regime, per salvare il salvabile deve occuparsi direttamente del teatrino della politica borghese”.
Per i successivi vent’anni Berlusconi e i suoi uomini governeranno direttamente il paese, per conto delle Organizzazioni Criminali e su mandato del Vaticano, con la complicità del polo del centrosinistra che gli reggerà il sacco ogni volta che ne avrà bisogno.
Il comunicato si chiude parlando degli scricchiolii del rapporto Vaticano-Organizzazioni Criminali che minavano, già all’epoca (2009), il ruolo di Berlusconi.
“Finché si trattava di tirare in lungo e procrastinare gli sbocchi catastrofici della crisi generale, la rappresentanza politica nazionale delle Organizzazioni Criminali, prima con Craxi e poi con Berlusconi, per il Vaticano ha ‘ben operato’ seguendo il ‘programma comune’ della borghesia imperialista. Ma da un anno siamo entrati nella fase terminale della crisi generale e il Vaticano non può aderire alla linea apertamente criminale e razzista impersonata dalla banda Berlusconi. Perché è una linea incompatibile con l’egemonia del Vaticano e della sua Chiesa sulle masse popolari italiane, in qualche misura formate dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria a difendere i propri interessi di classe e a una certa comprensione del carattere collettivo della vita di ogni individuo.”
E infatti, negli anni successivi, l’epoca dei governi Berlusconi terminò bruscamente: nel 2011 i vertici della Repubblica Pontificia cacciano il suo governo usando il ricatto dello spread e installano il governo Monti e nel 2012 viene approvata la legge Severino che lo rende incandidabile (tornerà candidabile solo nel 2018).
La “caduta di Berlusconi” alimentò la crisi del sistema politico del paese – e in un certo modo ne fu essa stessa un ingrediente – che dura ancora oggi. I vertici della Repubblica Pontificia non sono riusciti a trovare un sostituto: da Renzi a Salvini, tutti i suoi campioni hanno perso consenso tanto rapidamente quanto rapidamente lo avevano guadagnato.
La crisi avanza, si acuisce la concorrenza tra i gruppi della classe dominante, cresce il distacco tra le masse popolari e il sistema politico borghese. Si approfondisce il caos da cui nascerà un nuovo ordine.