In Sardegnaè in atto un piano di speculazione finanziaria ed energetica: un cartello che diverse aziende specializzate nella “green economy” hanno messo in campo per la costruzione di nuovi e giganteschi parchi eolici. “Una cagata pazzesca!”, se vogliamo usare un eufemismo.
A un occhio esterno, questa iniziativa sembrerebbe andare nell’ottica di ridurre l’impatto ambientale delle attuali fonti (in particolare ridurre i livelli di CO2) per produrre dal vento energia pulita, necessaria a far funzionare il paese. In realtà, sarà solo l’ennesima opera di speculazione, utile a far arricchire le multinazionali che partecipano al banchetto del denaro pubblico destinato alla cosiddetta “transizione energetica”.
Solo per fare un esempio: per ogni megawatt installato, le aziende coinvolte riceveranno 140mila euro l’anno… a tempo indeterminato!
Perché ogni opera grande o piccola, più o meno utile, se gestita dalla classe dominante diventa inevitabilmente un modo per fare profitti, per devastare l’ambiente o per spremere ulteriormente le masse popolari.
La possibilità di portare avanti questa speculazione è uno degli ultimi regali che il governo Draghi ha fatto ai pescicani della “transizione energetica” che, coadiuvati dalla propaganda di regime e sostenuti dai lauti finanziamenti dell’Ue, hanno deciso di aggredire la Sardegna.
Questo grazie a due decreti legge del governo Draghi, uno di marzo 2022 e uno addirittura di ottobre 2022 (cioè a fine mandato, durante le trattative per l’installazione del governo Meloni, la fase in cui si dovrebbero gestire solo “gli affari correnti”), che esautorano Regione e Comuni dal veto sui parchi eolici, in quanto considerati “di interesse strategico nazionale”, già inseriti e approvati nel Pnrr.
Le pale eoliche, poi, sono connesse a un altro progetto già in corso: la costruzione di un maxi condotto elettrico – il Thyrrenian Link – che collegherà Sardegna e Sicilia al continente per il trasporto dell’energia prodotta sulle isole. Un’opera affidata a Terna, società che per il cantiere di Termini Imerese (PA) ha già abbattuto 1.600 ulivi secolari. Alla faccia della transizione energetica compatibile con l’ambiente!
La mobilitazione contro questa gigantesca opera di speculazione è iniziata già dall’autunno 2022 e nelle scorse settimane ha visto la costruzione di momenti importanti di confronto e discussione. A Bauladu (OR) e Thiesi (SS) si sono svolte alcune assemblee con sindaci e rappresentanti dei comitati territoriali del Sarcidano, dell’Anglona, del Meilogu, del Sulcis, della Marmilla, del Medio Campidano, del Nuorese e dell’Ogliastra che hanno visto la partecipazione di centinaia di persone. Questo perché il progetto per l’eolico in Sardegna prevede l’installazione al largo delle coste e nell’entroterra di oltre 1.500 torri eoliche, installate a poche centinaia di metri dai nuraghi, da Zone di Interesse Comunitario (Zic), in baie e tratti di mare tra i più belli e pescosi del Mediterraneo.
E questo si aggiunge all’occupazione militare dell’isola, che vede un quarto del territorio soggetto a servitù militare, già inquinato dalle esercitazioni a fuoco dei paesi Nato. Si aggiunge, in particolare nel Sulcis e nella zona di Porto Torres, al pesante inquinamento ambientale dovuto alle ex miniere mai bonificate e al petrolchimico.
Infine, si tratta dell’ennesima opera imposta dall’alto senza il consenso popolare e con la scusa – che dopo più di un anno sa di farsa – della necessità per l’Italia di costruirsi una propria indipendenza energetica dalla Russia. Ma la Sardegna produce già più del doppio dell’energia elettrica necessaria al fabbisogno regionale e la previsione produttiva è di energia equivalente ai consumi di 25 milioni di persone, ossia diciotto volte il fabbisogno delle aziende e delle abitazioni sarde! Quindi, la lotta che i nascenti comitati promuovono contro l’imposizione dell’eolico in Sardegna è a tutti gli effetti anche lotta contro l’economia di guerra.
La questione è politica: cosa si produce, come si produce, per chi si produce. Se la decisione è lasciata ai gruppi imperialisti, la Sardegna sarà utilizzata come campo di scorrerie e speculazioni senza alcun beneficio reale. Solo le masse popolari organizzate possono fermare la fiera delle speculazioni e degli affari.