Quando parliamo di rinascita del movimento comunista intendiamo la ricostruzione di un tessuto di organizzazioni di massa, aggregate intorno al partito comunista
– che rende forti i lavoratori e le altre classi delle masse popolari;
– che contrappone la rete di solidarietà dei lavoratori alla forza economica, politica e culturale dei padroni e del clero;
– che è veicolo e strumento per la crescita culturale delle masse popolari e la formazione di una coscienza politica più avanzata;
– che costituisce il terreno in cui si diffonde l’influenza e la direzione dell’avanguardia della classe operaia, il partito comunista, e da cui esso attinge la sua forza, le sue risorse, le sue reclute.
Oggi, il movimento comunista cosciente e organizzato (Mcco) è composto da un gran numero di organismi e partiti che provengono in gran parte dalla dissoluzione e frammentazione del vecchio Pci, ma in una certa misura anche dalla rinascita del movimento comunista.
Noi siamo parte del Mcco, sentiamo questa responsabilità… è per questo che il nostro dibattito congressuale non riguarda solo chi è del P.CARC. Il Mcco non si rafforza se un partito comunista cresce a scapito di un altro, il Mcco si rafforza se prevale la linea della rivoluzione socialista su quella disfattista de “il nemico è troppo forte”, del “non è possibile fare la rivoluzione socialista”, dell’“accontentiamoci di mantenere qualche posizione”, ecc.
Oggi parlare della trasformazione del P.CARC in partito di quadri e di massa riguarda tutti i comunisti.
Dal V al VI Congresso il P.CARC si è trasformato. Non siamo più quel piccolo corpo di compagni che teneva alta la bandiera rossa e che principalmente resisteva alla repressione del nemico, alla sfiducia e alla rassegnazione, che sviluppava principalmente la sua azione in alcune regioni del paese. Certamente non siamo ancora quel partito di quadri e di massa che serve per avanzare speditamente nella lotta per il Governo di Blocco Popolare e il socialismo, ma abbiamo fatto notevoli passi in avanti nello sviluppo della nostra azione, della nostra influenza tra le masse, del nostro intervento in tutte le regioni d’Italia. Abbiamo capito meglio perché serve un partito di quadri e di massa come il P.CARC nonostante riconosciamo necessario che a condurre la rivoluzione socialista sia il (n)PCI, il nostro partito fratello.
Perché è necessario che il P.CARC diventi un partito di quadri e di massa?
Prima di rispondere a questa domanda è necessaria una premessa. Il bilancio della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria ci ha insegnato che per mobilitare la classe operaia e le altre classi delle masse popolari a instaurare il loro potere, occorre un partito comunista
– che elabora e attua una linea e un piano d’azione adeguati a raggiungere questo obiettivo;
– che seleziona e forma i suoi membri, i suoi dirigenti, le sue organizzazioni e le sue relazioni con le masse in funzione di questo obiettivo;
– che garantisce la continuità della sua azione quali che siano le decisioni, le manovre e le azioni criminali della classe dominante;
– che si lega strettamente alla massa degli operai e delle altre classi popolari alleate della classe operaia.
In sintesi, per essere lo Stato Maggiore della guerra popolare rivoluzionaria, il partito comunista deve fondarsi sulla concezione comunista del mondo, essere composto da quadri e organizzarsi clandestinamente.
Per noi del P.CARC questo partito è il (n)PCI: abbiamo contribuito a fondarlo e oggi contribuiamo a rafforzarne il ruolo tra la classe operaia fino a farlo diventare a tutti gli effetti lo Stato Maggiore della rivoluzione socialista.
La storia di chi ci ha preceduto ha mostrato che un partito comunista di quadri e di massa non può essere lo Stato Maggiore della rivoluzione socialista. Allo stesso tempo, però, ha mostrato che un partito di quadri e di massa è necessario, in particolare nei paesi imperialisti dove il riformismo rivendicativo, il riformismo elettorale, le illusioni democratiche sono forti anche tra gli operai e i lavoratori più avanzati e persino tra quelli che si dicono comunisti.
Il nostro impegno è far diventare il P.CARC un partito di quadri e di massa che parte dalla necessità di resistere al procedere della crisi generale del capitalismo e porta a convincere gli operai e le masse popolari, per loro esperienza diretta, che la rivoluzione socialista è l’unica strada realistica, efficace e possibile. E la creazione delle condizioni per costituire il Governo di Blocco Popolare è l’esperienza diretta che ci farà avanzare verso la rivoluzione socialista.
Da qui l’importanza dell’azione che svolgiamo per moltiplicare e rafforzare gli organismi operai e popolari, coordinarli, portarli ad agire come nuove autorità pubbliche, orientarli a costituire un loro governo d’emergenza, unire in un fronte unico le forze anti Larghe Intese e promuovere la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato.
Negli ultimi anni, in particolare dallo scoppio della pandemia da Covid-19 in poi, abbiamo allargato le nostre file, la nostra rete e il nostro lavoro. Questi risultati ci pongono di fronte a nuove possibilità e a superiori responsabilità: richiedono un salto avanti.
Il Comitato Centrale del (n)PCI nel suo Comunicato n. 4 del 10.2.23, ha tirato una conclusione che riguarda anche noi del P.CARC: “Il freno principale all’avanzata della rivoluzione socialista è che molti di quelli che pur sono convinti che instaurare il socialismo è necessario, non attuano la riforma intellettuale e morale che farebbe di ognuno di loro un efficace promotore dell’avanzata della rivoluzione socialista”.
Nei prossimi mesi compagni, per l’avanzamento ulteriore del nostro partito, la riforma intellettuale e morale dei comunisti decide di tutto.
Il lavoro dei prossimi mesi
1. deve riguardare la comprensione, l’assimilazione e l’uso dell’analisi dell’epoca imperialista ai fini della nostra azione. La nostra opera entra più nel vivo e questo richiede che ci facciamo un’idea più concreta delle questioni che caratterizzano la lotta di classe in corso. “Entrare più nel vivo” significa per noi entrare più in dettaglio sulla struttura della società, sulle condizioni e forme della lotta di classe in corso.
È necessario possedere una visione mondiale e il senso generale della situazione in cui siamo. Senza di essa rischiamo di perderci in tante cose specialistiche (e particolari) tralasciando il senso delle questioni di fondo e degli obiettivi strategici e tattici che riguardano noi comunisti.
Studiando le caratteristiche dell’epoca imperialista ci accorgeremo che dobbiamo promuovere su ampia scala una lotta per la comprensione, l’assimilazione e l’uso del materialismo dialettico come metodo di conoscenza e di azione. Impadronirci e assimilare la sostanza dell’analisi dell’epoca imperialista è indispensabile per la nostra azione. Per i comunisti è fondamentale avere chiaro (e quindi poi agire e organizzarsi di conseguenza) il salto dell’epoca imperialista, che è l’epoca della rivoluzione socialista. L’imperialismo ha in sé i presupposti del comunismo, il disastro che abbiamo intorno è dovuto al fatto che non abbiamo ancora instaurato il socialismo;
2. deve tenere ben presente che ogni nostro sforzo per la costruzione di un partito di quadri e di massa è proficuo se finalizzato alla lotta per il Governo di Blocco Popolare (GBP) e il socialismo. Certo dobbiamo essere un partito che interviene e usa le elezioni, certo dobbiamo essere un partito che sostiene e valorizza le lotte economiche e rivendicative… ma noi stiamo costruendo un partito di quadri e di massa perché è quello che serve alla lotta per il GBP e il socialismo, perché solo dando questo obiettivo politico alla mobilitazione delle masse popolari riusciamo a valorizzare ogni singola lotta.
L’esperienza di questi anni ci conferma che è possibile, oltre che indispensabile, mobilitare un ampio numero di persone disposte a fare anche solo piccole cose per la causa del comunismo. L’esperienza di questi anni ci conferma che per tessere il legame tra comunisti e masse dobbiamo cogliere ogni occasione per spiegare, mostrare, far toccare con mano ai nostri compagni che la grande impresa di costruire la rivoluzione socialista è fatta di piccole cose quotidiane che ogni militante può e deve fare: il volantinaggio davanti la fabbrica, la stesura di un volantino, la piccola iniziativa nel quartiere, ecc. Che quel volantinaggio davanti al Pignone di Firenze, quel banchetto nel quartiere sanità di Napoli, quell’iniziativa culturale all’università di Palermo, quel presidio sotto l’ospedale San Paolo-San Carlo di Milano hanno un filo che li lega, hanno un progetto comune: l’obiettivo politico di fase, il GBP. Ogni militante che interviene in un’organizzazione operaia o popolare, che ne costruisce una nel suo posto di lavoro, che rafforza il loro coordinamento è prezioso alla causa della rivoluzione socialista.
L’esperienza di questi anni ci conferma che possiamo, dobbiamo (è possibile farlo e quindi dobbiamo farlo!) costruire nuove sezioni del Partito in ogni regione, provincia e città d’Italia: lo stiamo facendo e questa è la base per allargare ulteriormente il Partito e valorizzare quei compagni che vogliono dare il loro contributo alla nostra lotta.
In uno dei testi pubblicati dalle Edizioni Rapporti Sociali (Come fu temprato l’acciaio di Ostrovskij) mi sono imbattuto in alcune righe esemplificative della lotta che dobbiamo condurre nel movimento comunista (e quindi anche nel P.CARC) contro disfattismo e rassegnazione. Mi riferisco al confronto tra alcuni bolscevichi che, nel bel mezzo della lotta per costruire la ferrovia che avrebbe portato legna alla città di Sepetovka (attuale Ucraina occidentale, che era sotto il controllo dei bolscevichi), legna necessaria a riscaldare ospedali, scuole, case, a far sopravvivere la cittadinanza nell’inverno del 1920, dicevano: “Sappiamo che costruire in queste condizioni da cani, con una simile attrezzatura e con questa scarsità di mano d’opera, è impossibile. Però, noi tutti sappiamo che anche non costruire, è impossibile. Lo vedete anche voi, è già il secondo mese che stiamo scavando in questo posto, già quattro turni si sono alternati nel lavoro, ma la maggior parte dei ragazzi è qui dall’inizio: riescono a resistere solo facendo affidamento sulla loro giovinezza. Metà sono ammalati. Fa male al cuore guardare quei ragazzi. Sono eroici e più di uno ci lascerà la pelle in questo buco maledetto”. Compagni, è necessario avanzare nella nostra opera perché fare o meno la rivoluzione socialista significa oggi decidere del futuro dell’umanità. è possibile fare la rivoluzione socialista, l’hanno dimostrato i bolscevichi in Russia e i comunisti cinese sotto la direzione di Mao Tse-tung.
Oggi anche molti di quelli che si dichiarano comunisti dubitano della possibilità di fare la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti perché non è mai stata fatta fino ad ora. La Carovana del (n)PCI (tirando il bilancio della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria) ha scoperto i motivi che ci hanno portato alla sconfitta e ha indicato la strada da percorrere per imparare a fare quello che ancora i comunisti non sanno fare per vincere. Durante il dibattito al Congresso fondativo della Federazione Emilia Romagna, un compagno di uno dei partiti comunisti oggi presenti in Italia e con cui sviluppiamo una sana e proficua politica da fronte ci ha detto: “compagni, è vero siamo in guerra, ma la classe ha già perso questa guerra”. Quest’affermazione, oltre a essere sbagliata nei termini (se la classe operaia avesse perso la guerra, non saremmo in guerra…), è sbagliata perché nella guerra che il proletariato conduce contro di essa, la borghesia è in grado di vincere alcune battaglie approfittando dei limiti e degli errori di noi comunisti, ma non è in grado di vincere la guerra. La borghesia non può fare a meno del proletariato e di sfruttarlo.
Fare oppure no la rivoluzione socialista è una questione che riguarda direttamente e praticamente noi comunisti, il modo in cui concepiamo il nostro ruolo e i compiti che abbiamo di fronte. Dobbiamo diventare la riposta alle esigenze delle masse popolari e le masse popolari hanno l’esigenza di un partito di quadri e di massa. Dipende da ognuno di noi costruirlo.