La terra gira intorno al sole. Oggi sembra un’ovvietà, ma all’epoca di Galileo Galilei (1564 – 1642) sfidare le certezze del potere costituito significava andare incontro a processi, carcerazione e persino alla condanna al rogo, come nel caso di Giordano Bruno (1548 – 1600).
Durante il processo istituito dalla Santa Inquisizione, Galileo si rimangiò le tesi che aveva sostenuto fino a quel momento per evitare appunto la fine di Giordano Bruno. Tuttavia la terra gira intorno al sole e la verità non poteva essere cambiata né dalla Santa Inquisizione né dall’abiura estorta a Galileo.
La verità rimane lì, conosciuta da pochi, ignorata da molti e osteggiata dalla classe dominante, ma è concreta, oggettiva, e prima o poi è destinata a imporsi, coerentemente con lo sviluppo del progresso umano. Che questo accada prima anziché poi dipende solo da quanto gli uomini ne fanno lume della loro azione collettiva, faro dello sviluppo e del progresso umano: la terra girava attorno al sole anche prima che ciò fosse scoperto, prima di Galileo e della Santa Inquisizione. E gira intorno al sole anche oggi. È una verità che ha sostenuto lo sviluppo del progresso da quando il genere umano ne ha preso atto e l’ha trattata per ciò che appunto è: una realtà oggettiva.
Perché introduciamo questo numero di Resistenza parlando di Galileo e dell’importanza della scoperta scientifica?
Seppur in condizioni generali profondamente diverse, anche oggi occorre che una verità – questa volta delle scienze sociali, anziché naturali – si imponga, per proseguire nel progresso dell’umanità.
In termini generali,l’umanità è alle prese con la necessità (e la possibilità) di avvalersi di una scoperta scientifica fatta da Marx ed Engels e arricchita poi da Lenin, Stalin e Mao: la crisi generale del capitalismo e il declino della società borghese (l’epoca imperialista) sono il contesto e la condizione per la rivoluzione socialista, sono l’anticamera del socialismo.
È una scoperta che è ancora patrimonio di pochi, ignorata dalla maggioranza delle masse popolari, compresi molti degli elementi avanzati, e la classe dominante cerca con ogni mezzo di nasconderla e negarla. Eppure è una verità.
Per dare slancio al progresso umano deve essere conosciuta, compresa e trattata per ciò che è: una realtà oggettiva.
Ragioniamo sull’importanza di concepire la lotta politica rivoluzionaria come una scienza e non (solo) come un atto di volontà o una inevitabile prospettiva, poiché la crisi del capitalismo non ha soluzione entro i confini del capitalismo. La cappa di oscurantismo e conservatorismo del potere clericale nel 1600 ha rallentato lo sviluppo umano, ma non lo ha fermato. E, infatti, il potere temporale della Chiesa è stato sostituito dal potere della borghesia. Oggi la situazione è molto diversa: se la classe operaia e le masse popolari non rovesciano il potere della borghesia imperialista e non instaurano il socialismo, il mondo in mano alla borghesia imperialista corre verso l’autodistruzione. La borghesia imperialista non solo rallenta e ostacola l’ulteriore sviluppo umano, ma mina le condizioni dell’esistenza umana sulla terra. Per questo la costruzione del socialismo diventa l’opera coerente con lo sviluppo dell’umanità e impellente per costruire il nostro futuro.
Se scendiamo nel particolare il discorso diventa più chiaro e diventano più evidenti anche i passi che si possono e devono fare per dare slancio alla lotta di classe in corso, per organizzarla e incanalarla nella lotta rivoluzionaria, nella lotta per la conquista del potere politico da parte della classe operaia e delle masse popolari organizzate. E qui entra in ballo il ruolo e il compito dei comunisti.
Un primo aspetto da considerare attiene al fatto che TUTTE le mobilitazioni spontanee delle masse popolari hanno una causa comune, quale che sia il motivo per cui nascono, le forme che assumono, i contenuti e le prospettive che esprimono. Anche se la classe dominante prova in ogni modo a ricondurle a esigenze particolari, piccoli egoismi e interessi “di nicchia”, tutte sono la manifestazione della resistenza spontanea che le masse popolari oppongono agli effetti più gravi della crisi generale del capitalismo.
Per tutto un periodo, ad esempio, i media di regime hanno provato a denigrare i movimenti contro le grandi opere speculative, dannose e inutili come manifestazione dell’egoismo di chi “si oppone al progresso per mantenere il privilegio di vivere in una nicchia”. La borghesia ha trovato anche un nome a questa tendenza: l’acronimo inglese Nimby,che in italiano significa “non nel mio giardino”.
Chiaro? Gli abitanti di Taranto sarebbero capricciosi perché pretendono di non essere costretti a vivere sotto la cappa di polveri velenose dell’Ilva, così come lo sono gli abitanti della Val Susa che vogliono impedire che i cantieri del Tav devastino il loro territorio, come già è avvenuto nel Mugello. E che dire poi dei lavoratori dei trasporti pubblici che quando scioperano “ledono il diritto dei cittadini alla mobilità”, dei pastori, pescatori, agricoltori, allevatori che non campano più per rispettare le quote di produzione e le varie norme imposte dalla Ue, oppure delle Partite Iva bollate come “esercito di evasori”…
La verità è che ogni settore delle masse popolari è colpito dalla crisi generale ed è coinvolto nel progressivo decadimento della società borghese sul piano economico, culturale e sociale. Tutti i settori delle masse popolari sono spinti a mobilitarsi. Le mobilitazioni sono parziali, disordinate, contraddittorie (anche questo è un dato oggettivo) e tali rimarranno finché la classe operaia non si metterà alla loro testa e finché il movimento comunista cosciente e organizzato non si metterà nella condizione di valorizzarle e incanalarle nel solco della lotta politica rivoluzionaria, nella lotta per la conquista del potere politico.
Da qui una prima sintesi: il contenuto, le forme, i risultati e le prospettive delle mobilitazioni delle masse popolari, che nascono tutte come resistenza spontanea alla crisi generale, dipendono da quanto, da come e perché (con quali obiettivi a breve, medio e lungo termine) i comunisti ci intervengono.
Un secondo aspetto da considerare, strettamente legato al precedente, è che per svilupparsi oltre un livello “elementare” le mobilitazioni spontanee delle masse popolari hanno bisogno di una prospettiva coerente con la loro natura e con lo sviluppo della società. Nascono come risposta agli effetti della crisi e si possono sviluppare oltre il livello elementare solo se i comunisti le incanalano verso uno sbocco politico. Questo perché la loro natura è politica, al di là di come si presentano e al di là di come la classe dominante le presenta e le tratta.
Che organizzazioni sindacali di base, o addirittura di regime, siano ripetutamente spinte ad assumere l’iniziativa sul terreno politico (ad esempio le mobilitazioni del 24 giugno dell’Usb contro il governo Meloni e della Cgil per la sanità – articolo a pag. 8) conferma in piccolo, ma in maniera efficace, che l’unica mobilitazione capace di fare fronte agli effetti della crisi è quella politica. Cosa significa?
Significa che per precise cause e condizioni le lotte rivendicative e le proteste – il “livello elementare” della lotta di classe – possono ottenere solo risultati parziali, temporanei e contraddittori.
In altri termini, per un sindacato che voglia fare gli interessi delle masse popolari è finita l’epoca in cui poteva limitarsi a “fare il sindacato”; per gli organismi operai e popolari è finito il tempo in cui potevano attestarsi alla difesa/rivendicazione dei diritti alle autorità borghesi locali o nazionali; per i partiti (a maggior ragione se si dichiarano comunisti e anticapitalisti) è finito il tempo in cui potevano limitarsi alle comparsate elettorali o all’organizzazione di manifestazioni di mera testimonianza.
Ed è solo perché la dirigenza dei sindacati, dei partiti e – in una certa misura – degli organismi operai e popolari ha ancora poco chiare la conoscenza e la comprensione del contenuto della lotta di classe in questa fase che la mobilitazione delle ampie masse non si sviluppa per come sarebbe già possibile e necessario.
E pur si muove! Anche se ai vertici dei sindacati di regime ci sono capi scelti appositamente per soffocare la mobilitazione e la ribellione che crescono fra i lavoratori, anche se fra i vertici dei sindacati di base prevalgono spesso logiche di concorrenza, anche se fra i partiti che aspirano a raccogliere il malcontento delle larghe masse prevale l’elettoralismo, anche se fra molti organismi e partiti del movimento comunista cosciente e organizzato prevalgono l’attendismo e il disfattismo, tuttavia la soluzione alla crisi è politica e questa è una verità e una necessità oggettiva.
È la forza di questa verità che deve muoverci e animarci alla conquista di coloro – operai, lavoratori, pensionati, giovani e donne d’avanguardia – che “avvertono” attraverso l’esperienza pratica che al mondo dei padroni, che sta crollando, bisogna opporre la costruzione del nuovo mondo governato dalla classe operaia e dalle masse popolari organizzate.