Di seguito le riflessioni di una compagna che ha recentemente concluso il suo percorso di candidatura a membro del P.CARC.
Sono contenta che la candidatura sia stata accolta positivamente dal Partito. Riprendere a fare militanza e, questa volta, a essere parte di un partito comunista è per me necessario, nonostante le difficoltà insite nell’intraprendere un percorso di impegno collettivo e di trasformazione personale. La questione di classe è oggettiva in ogni ambito delle nostre vite e imparare a leggere il mondo con questa lente significa scoprire la realtà, la “fisiologia” di questa società.
(…) Cosa distingue i comunisti? Che i comunisti vogliono fare il comunismo. E il comunismo ha bisogno del concorso mirato di uomini e donne consapevoli e organizzati per l’opera che devono compiere. Il percorso non può essere né meccanico né spontaneo. Ma “guidato” da tanti più comunisti in grado di trasformarsi per diventare adeguati al compito. (…)
La frantumazione del movimento comunista e la conseguente questione sulla linea delle organizzazioni comuniste è una questione dirimente. L’organizzazione politica, nella quale in precedenza avevo militato per dieci anni, vuole ricostruire tutto da capo, ma è vulnerabile rispetto alle contraddizioni della lotta di classe. Ha caratteristiche proprie dell’Autonomia Operaia e influenze tipiche della sinistra borghese, ma anche gruppettare e settarie. Un mix che non la porta ad assumersi la responsabilità di formare militanti comunisti.
In quegli anni mi son sentita come in una macchina in corsa che vuole vincere la gara, ma che improvvisamente fa una derapata e gira su se stessa lasciando solo un gran polverone. Maschilismo, interessi di nicchia escludenti, individualismo e subordinazione sono aspetti che ho trovato lì dove non pensavo ci fossero, e soprattutto negli ingranaggi dell’attività politica dell’organizzazione. Per questo mi ha colpito quello che ho appreso da questa fase di candidatura rispetto all’apporto del maoismo: i comunisti sono soggetto e oggetto della rivoluzione socialista, il maoismo ci insegna che la lotta contro la concezione borghese che è dentro di noi è lotta di classe.
(…) Nella mia testa, ogni comunista era un comunista, punto. Si trattava solo di leggere e imparare a parlare di comunismo. In realtà, non avendo acquisito un metodo, senza studiare e senza elaborare, non ho fatto altro che introiettare, nel tempo, una mia inutilità personale alla causa, che alla fine mi ha portato in un circuito chiuso di sofferenza e rassegnazione.
(…) La coscienza di classe, la conoscenza di una linea politica e la consapevolezza della sua scienza, unite alla necessità di un bilancio storico del movimento comunista cosciente e organizzato, sono il percorso da intraprendere per affrontare l’azione quotidiana con una sana e abbondante dose di razionalità che questa società ci porta a tutti i costi a occultare. Io devo pertanto imparare e applicare un metodo che il P.CARC mi sta già insegnando, come fossi parte di una grande scuola di comunismo. Per fare sì che sia il Partito ad acquisire il mio contributo e che io non debba essere dipendente dai “Che Guevara” che incontro. (…)
Saluti a pugno chiuso
CI