Lo scorso 10 giugno è scomparsa dall’ex-Astor occupato di Firenze Kata, una bambina di 5 anni. Un fatto drammatico. Ma la vicenda di Kata è solo la punta dell’iceberg, il catalizzatore dell’attenzione di media e istituzioni che “si accorgono” adesso che a Firenze esiste un grave problema abitativo e di diritto alla casa.
Un problema la cui gestione è questione di scelte politiche. Infatti, di fronte all’emergenza (indagini per il rapimento di una bambina) l’amministrazione e la prefettura di Firenze hanno predisposto lo sgombero dello stabile ricollocando le 132 persone (tra cui 42 minori) presso altre strutture. Adesso, Palazzo Vecchio e la prefettura si fregiano del fatto di aver attivato tutte le reti sociali (assistenti sociali, cooperativa il Girasole che – da come è riportato sulla stampa – pare abbia preso in carico la situazione) per dare una sistemazione agli ex occupanti: bene, hanno dimostrato che gestire il problema abitativo in modo diverso da come Nardella ha recentemente rivendicato in un’intervista (“da quando sono sindaco abbiamo fatto 62 sgomberi, 1 sgombero ogni 50 giorni!”, bella roba!) è possibile è, per l’appunto, questione di volontà politica.
Detto questo, la domanda è: perché nel 2023, nella “culla del Rinascimento”, centinaia di famiglie sono costrette ad occupare per avere un tetto sopra la testa? La causa principale è da ricercare nella gestione dell’amministrazione cittadina delle Larghe Intese (dal PD passando per la Lega fino a FdI e Forza Italia). In una città come Firenze, infatti, gli affitti sono alle stelle, in un mercato immobiliare dedicato quasi esclusivamente ad attirare il turismo da oltreoceano e a fare gli interessi di speculatori e palazzinari di ogni sorta. Oggi, pur lavorando, è impossibile trovare una casa in affitto o una qualsiasi altra sistemazione a prezzi abbordabili e il problema riguarda anche gli studenti fuorisede che, non a caso, nelle scorse settimane hanno messo in campo una protesta proprio sul caro-affitti. Questo a fronte di 7mila case vuote (dati del 2019) proprietà di banche, Chiesa, Comune, ecc. e 800 alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) chiusi con le blindature, lasciati a marcire con porte e finestre murate. Gli sfratti per morosità incolpevole, poi, rimangono oltre il 90% di quelli effettivi. È quindi logico che i proletari, in particolare immigrati, ma non solo, siano costrette a occupare.
La classe dominante attacca il tessuto delle occupazioni facendo passare l’idea che occupare sia un atto criminale in mano a dei criminali da condannare per associazione sovversiva (vedi il caso del Comitato Abitanti Giambellino di Milano), oppure in mano a organizzazioni criminali italiane e straniere. Ma si nasconde una verità assai scomoda e cioè che la gestione politica dell’emergenza abitativa nelle nostre città, Firenze compresa, è la principale responsabile del racket di affitti di fronte a cui, adesso, Nardella e compagnia si scandalizzano.
Come P. CARC esprimiamo piena solidarietà a tutti coloro che occupano per dare un tetto alle proprie famiglie, e anche ai compagni e alle compagne del Movimento di Lotta per la Casa che li sostengono e che sono colpiti continuamente da denunce, minacce e intimidazioni da parte della Questura. Parliamo di un organismo popolare con trenta anni di storia e di lotta nella nostra città, che ha dato un tetto a migliaia di famiglie mentre il Comune rispondeva con sgomberi, polizia, denunce e smantellando di fatto l’Ufficio Casa.
La storia del Movimento è chiara, così come le innumerevoli battaglie portate avanti insieme all’Unione Inquilini, alla Rete Antisfratto, ai centri sociali che di fatto hanno recuperato un numero crescente di strutture che venivano lasciate in mano alla speculazione oppure semplicemente a marcire (come il grande stabile di via Pellas a Rifredi, sgomberato e blindato a pochi giorni dall’inizio del lockdown e da allora abbandonato). È giusto prendere ogni misura che va negli interessi delle masse popolari anche se non è legale; vale per le occupazioni come per i picchietti con cui gli operai difendono le fabbriche dal saccheggio dei capitalisti, per gli espropri alla grande distribuzione, per il non pagamento di bollette stratosferiche e via dicendo.
Detto questo, è necessario affrontare anche un’altra questione: che l’occupazione dell’ex-Astor alimentasse alcune complessità nel quartiere è innegabile. Le lotte tra fazioni rivali, il “mercato nero” nelle camere all’interno dell’ex-Astor, ecc. sono fatti e, per fare un servizio utile alla nostra classe, come comunisti non dobbiamo negarli ma affrontarli alla luce di un orientamento giusto.
La classe dominante alimenta in ogni modo la guerra fra poveri, l’oppressione e l’abbrutimento tra le masse popolari, cosa che ovviamente genera delle contraddizioni. Come abbiamo scritto, il Movimento di Lotta per la Casa ha svolto negli anni e svolge ancora un lavoro importante sul tema dell’emergenza abitativa. Un lavoro che però, oltre a dare un sostegno materiale alle famiglie – cosa che dovrebbero fare le istituzioni – deve mirare sempre di più a organizzare le masse popolari per mettere mano ai loro problemi. Anche la Chiesa, per fare un esempio, “offre” (sempre meno in realtà) delle soluzioni a chi rimane senza casa, ma lo fa in ottica assistenzialista e alimentando l’oppressione stessa di chi le si rivolge. Invece, per intervenire sul problema abitativo nell’ottica di alimentare la mobilitazione popolare, dobbiamo agire su un altro piano. Promuovere occupazioni è giusto e sacrosanto ma, per farlo, è necessario entrare nel merito dei problemi e delle contraddizioni interne alle masse popolari stesse. Essere classe oppressa, infatti, significa anche che i proletari si portano dietro tutte le contraddizioni, l’intossicazione e le storture generati dalla società capitalista in cui viviamo. È quindi necessario innescare e promuovere anche all’interno delle occupazioni un movimento positivo che miri ad educare, che limiti i comportamenti anti-sociali (violenza, spaccio, mercato nero degli alloggi, ecc.) e che, al contrario, promuova una coscienza di classe e si leghi alle masse popolari del quartiere e al territorio. Perché il problema della casa, della gestione degli spazi urbani e della configurazione dell’uso pubblico di questi stessi spazi riguarda tutte le masse popolari, non solo chi oggi è costretto a occupare. In questa direzione va anche il referendum Salviamo Firenze, un’iniziativa che ha il nostro pieno appoggio.
A completamento di questo ragionamento aggiungiamo che: la mobilitazione spontanea delle masse popolari deve avere uno sbocco politico. Questo è l’unico modo affinché essa si sviluppi in senso positivo. Il discorso, cioè, è che chi si mette a promuovere la mobilitazione – che è sempre giusta e legittima – deve prendersi la responsabilità di legare quella mobilitazione particolare alla costruzione dell’alternativa politica. Significa lavorare non più in ordine sparso ma unitariamente, con un obiettivo e un percorso comune. Al centro di questo percorso c’è il protagonismo popolare che strappa metro per metro “pezzi di direzione” della società al controllo del nemico di classe ponendolo sotto la sua direzione. Questo movimento, in una certa misura già esistente, dev’essere coscientemente orientato al fatto che la costruzione di questi rapporti di forza servono alla lotta per la conquista del governo del paese.
Un’ultima osservazione. Il rapimento di Kata è frutto del sistema voluto e alimentato da chi oggi si fa paladino della legalità. Le famiglie proletarie e sottoproletarie hanno certamente mille contraddizioni, limiti e brutture, e ovviamente nessuno è sollevato dalla propria specifica responsabilità (benchè, noi di certo, non ci mettiamo a fare i giudici). Ma il sistema, quello che permette che una bambina di 5 anni viva in un hotel occupato (e per fortuna non viveva in una macchina o sotto un ponte) è di responsabilità di un pugno di palazzinari e speculatori di merda che oggi si stracciano le vesti per questo rapimento, ma le loro mani grondano del sangue delle masse popolari; bambini, uomini, donne, ragazzi e vecchi: carne da macello da sacrificare per il loro profitto.
Federazione Toscana del P.CARC