In questi giorni, un nostro compagno, durante la notte, è stato aggredito lungo una strada del quartiere La Cella, vicino alla sede della nostra sezione. L’aggressore, nel tentativo di rubare la bici ed il telefono ha fatto cadere il compagno lasciandolo a terra, il quale poi si è recato al pronto soccorso presentando alcuni traumi, per fortuna, non gravi, ma da cui potevamo prevedere il peggio.
Non ci stupisce il fatto che sempre di più si intensifichino avvenimenti di questo tipo nelle periferie della nostra città in un momento in cui avanza la crisi economica, politica, sociale e culturale del sistema in cui viviamo, in cui si acuiscono le contraddizioni, ma soprattutto, in contesti in cui interi quartieri, diventati quartieri-dormitorio e quartieri-ghetto vengono lasciati all’incuria e all’abbandono. Rimaniamo invece allibiti dalla risposta delle stesse forze dell’ordine, da cui si è recato il compagno, che hanno volto a lui la domanda su cosa fosse andato a fare di notte in quel quartiere sapendo quale fosse la situazione. Come se fosse normale non avere più la possibilità di frequentare la propria città da soli in quel quartiere, dove per altro, quella sera, al circolo Antonio Gramsci, si teneva un’importante cena solidale per le Brigate di Solidarietà Attiva impegnate nel disastro in Emilia-Romagna. Ebbene, questa risposta, data da coloro grazie ai quali dovremmo dormire sonni tranquilli, vista anche la crescente militarizzazione della città (militarizzazione che, evidentemente, serve soltanto quando si tratta di reprimere i movimenti sindacali, politici e sociali), rende evidente il fatto che non c’è sicurezza alcuna se lasciamo le nostre città nelle mani di chi ci comanda, ovvero nelle mani di chi non ha il minimo interesse a tutelare i luoghi in cui abitano i lavoratori, i precari e il resto delle classi oppresse. Non c’è interesse a rendere minimamente vivibili questi quartieri che, seppur facciano angolo alla città, sono ormai destinati ad essere riempiti (volutamente, dalle nostre amministrazioni) dei soggetti più emarginati per confinarli, a vedersi tagliare progressivamente i servizi (dai mezzi pubblici, alle scuole, ai presidi sanitari, alle manutenzioni ecc.), a far chiudere una dopo l’altra le poche attività commerciali, a non disporre di un luogo di ritrovo o di uno spazio in cui portare i bambini a giocare.
Quello che è successo, infatti, è solo una delle manifestazioni del degrado cui vengono lasciati i nostri quartieri. Il degrado lo fanno già la disoccupazione e la precarietà sempre più dilaganti, i luoghi pubblici lasciati all’incuria nella sporcizia o al buio, i complessi di case popolari, di cui è ricca la nostra città, lasciati vuoti nelle mani della speculazione mentre si sfrattano intere famiglie. Il degrado è la carenza di mezzi di trasporto, insufficienti nel numero per coprire le esigenze di lavoratori e studenti oppure non sicuri, è lo stato dei marciapiedi su cui i disabili non hanno la possibilità di passare, è la mancanza di verde, la cementificazione selvaggia, la mancanza di manutenzione delle scuole delle periferie, il traffico incontrollato e l’inquinamento che ne deriva e l’elenco sarebbe ancora lungo.
In questa situazione, farci prendere dalla paura e rinchiuderci in casa, proprio come vorrebbero le nostre istituzioni, fomentando, al contempo, la guerra tra poveri, non è la soluzione. La soluzione non è neanche riempire la città di videocamere o posti di blocco delle Forze dell’Ordine, se non c’è la volontà di proteggere neanche l’incolumità di un abitante anziano della zona. L’unica soluzione sta nell’organizzazione dal basso di chi vive questi quartieri, occupandoli, riempendo i luoghi in cui abita di attività sociali, culturali, in grado di allontanare la delinquenza, di togliere i più giovani ed emarginati dalla strada, di favorire la sana aggregazione. Organizzarsi dal basso, dunque, per riprendere del tutto in mano i propri quartieri costituendo comitati di quartiere, organismi di lavoratori, organismi giovanili, che si occupano di individuare i principali problemi e si adoperano per farvi fronte praticando quelle soluzioni che già ora la maggior parte delle masse popolari sarebbe in grado di trovare: per far fronte all’emergenza abitativa mappando gli edifici abbandonati, progettandone l’utilizzo per rispondere alla carenza di case popolari, individuando tutti quei lavori che servono per far funzionare le cose per la collettività (riqualificazione di giardini e altri luoghi pubblici, manutenzione delle strade e degli edifici fatiscenti ecc.) per contrastare la disoccupazione e imporre che i soldi pubblici vengano utilizzati per le esigenze della collettività, attingendo dalle tante associazioni e organismi per ricreare ambienti di sano divertimento che rappresentino un’alternativa alla cultura dello sballo per i ragazzi, per intrattenere i bambini, per dar vita a luoghi di ritrovo in cui poter passare il proprio tempo libero.
Serve, quindi, creare i rapporti di forza per imporre tutte le misure che servono alla collettività attivando la vigilanza proletaria, ovvero mettendo al centro il protagonismo popolare per tutelare la sicurezza della propria classe contro la delinquenza, l’abbrutimento, la guerra tra poveri e la repressione, praticando la solidarietà di classe e costruendo, dal basso, l’alternativa che vogliamo.
10, 100, 1000 organismi popolari che si occupano dei propri territori! Riprendiamo in mano i quartieri fino a tutta la città!
P.CARC sez. Pisa