Mandare a casa il governo Meloni e tutti i servi della Nato e di Confindustria
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Fin dal suo insediamento, il governo Meloni ha proseguito l’attuazione dell’agenda Draghi portando più a fondo tutte le “riforme” che Draghi aveva iniziato o aveva annunciato. Non solo aggravare la sottomissione dell’Italia alla Nato trascinandola nella partecipazione alla guerra contro la Federazione Russa e nel sostegno incondizionato al governo ucraino (invio di armi, addestramento di soldati, uso del territorio italiano per esercitazioni e manovre militari, ecc.), il governo Meloni ha attuato integralmente il programma di Draghi. In particolare aumentando la precarietà del lavoro, proseguendo lo smantellamento della sanità pubblica, della scuola e dell’università pubblica, ma anche picconando le misure introdotte dal governo Conte 1 che davano “una boccata d’ossigeno” alla parte più povera, precaria e ricattabile della popolazione. L’abolizione del Reddito di Cittadinanza ne è un esempio.
Di fronte a tutto ciò il governo Meloni non ha incontrato nessuna opposizione significativa nè in campo politico (i partiti di opposizione), nè in campo sindacale (le organizzazioni sindacali e in particolare i sindacati confederali), anzi la mancanza di iniziativa, di proteste, di manifestazioni e di mobilitazioni da parte di chi formalmente “è all’opposizione” ha via via assunto ruolo di una forma di sostegno all’operato del governo Meloni. O meglio: dichiarazioni “di fuoco” contro il governo, ma nessuna iniziativa pratica per dare gambe e prospettive alla larga parte della popolazione che si oppone all’agenda Draghi.
Del resto, molti di coloro che oggi in parlamento si pongono all’opposizione del governo Meloni, fino a ieri sostenevano il governo Draghi che è il vero autore del programma di lacrime e sangue a cui sono costretti oggi i lavoratori e le masse popolari.
L’unica vera opposizione al governo Meloni è stata messa in campo dagli organismi operai e popolari che hanno promosso la mobilitazione contro la guerra e il traffico di armi nei porti italiani (come il CALP di Genova), quella contro l’abolizione del Reddito di Cittadinanza e per il lavoro (come il movimento dei disoccupati di Napoli), quella contro le delocalizzazioni delle aziende (come il Collettivo di Fabbrica della GKN di Firenze), quella contro la devastazione ambientale (come “i ragazzi” di Extinction Rebellion e Ultima Generazione), quella contro l’abbandono di intere popolazioni colpite dalle emergenze che si susseguono (i volontari che hanno soccorso le popolazioni della Romagna e che il 17 giugno manifestano a Bologna).
Cosa significa? Significa che è questa la spinta e la forza su cui contare per mandare a casa il governo Meloni e per costruire – per imporre con la mobilitazione – il governo che serve.
Tutti coloro che vogliono cacciare il governo Meloni devono sostenere le attività e le mobilitazioni degli organismi operai e popolari, devono favorire il loro coordinamento, devono favorire il processo pratico per cui gli organismi operai e popolari assumono pienamente il ruolo di centro promotore della mobilitazione contro il governo Meloni e l’agenda Draghi. E devono favorire il processo per cui quel ruolo si sviluppi ancora: sono gli organismi operai e popolari la forza da cui può e deve nascere il governo che serve al paese, un governo di emergenza delle masse popolari organizzate.
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Il Reddito di Cittadinanza (RdC), è stata la prima misura economica a favore delle masse popolari introdotta nel nostro paese dopo un quarantennio di ininterrotta eliminazione delle conquiste politiche, economiche, sociali ottenute con le lotte condotte dal dopoguerra fino alla metà degli anni ‘70.
L’abolizione del RdC è un obiettivo a cui Confindustria puntava fin da quando è stato introdotto: i padroni hanno bisogno che le masse popolari siano costrette alla precarietà e a lottare contro l’indigenza per accettare condizioni di lavoro sempre più infami. Il RdC era un ostacolo ai salari da fame che i padroni stanno imponendo.
Organizzare la mobilitazione!
I percettori del RdC e i disoccupati devono organizzarsi in tutta Italia – come già succede a Napoli e in Sicilia – per contrastare lo smantellamento di un sussidio che ha sostenuto migliaia di famiglie. Organizzarsi e lottare fin da subito per imporre ai sindaci di assumere i percettori del RdC e stabilizzare coloro che già oggi svolgono lavori di pubblica utilità. I sindaci hanno questo potere, facciamoglielo usare!
I percettori di RdC devono essere assunti e retribuiti per adempiere lavori necessari per la collettività (ad esempio la bonifica e la riqualificazione di zone abbandonate o la manutenzione di aree a uso pubblico di cui le istituzioni non si occupano perché non producono alcun profitto).
Territorio per territorio bisogna organizzare la lotta per veder riconosciuto il diritto al lavoro sancito all’art.1 della Costituzione.