In un passaggio dell’editoriale, scriviamo “bisogna imparare a cambiare completamente modo di vedere le cose: bisogna valorizzare tutto perché anche nelle mobilitazioni fatte “tanto per fare” c’è una componente positiva, utile, di prospettiva e di spinta. Se non sta alla testa, se non è incarnata da chi le promuove, sta nella base, cioè è presente almeno in una parte di chi partecipa”.
Il discorso in cui è inquadrato questo ragionamento riguarda l’imparare a promuovere iniziative più efficaci per fare fronte al corso disastroso delle cose e alle manovre della classe dominante: bisogna smetterla di concentrarsi solo o principalmente sugli aspetti negativi dei fenomeni, soprattutto di fronte alle mobilitazioni promosse solo come atto di testimonianza, quando non sono, persino, veri e propri tentativi di strumentalizzazione.
Il ragionamento si può applicare a ogni situazione e a ogni contesto. La manifestazione del 25 Aprile a Milano, ancora una volta, è un ottimo esempio.
Nel 2022 le celebrazioni del 25 Aprile si svolgevano a ridosso dell’inizio della nuova fase della guerra in Ucraina (Operazione speciale Z dopo 8 anni di massacri in Donbass) e le Larghe Intese, nel nostro paese, facevano letteralmente carte false per creare un’opinione pubblica favorevole al sostegno all’Ucraina e alla partecipazione dell’Italia alla guerra della Nato contro la Federazione Russa.
Una delle operazioni più odiose e spregiudicate fu quella di presentare la supposta resistenza ucraina alla stregua della Resistenza italiana al nazifascismo: ecco dunque che il 25 Aprile è diventato ambito di speculazione, manipolazione, strumentalizzazione in particolare a opera del polo Pd delle Larghe Intese.
Nel 2022 lanciammo un appello per impedire che il 25 Aprile fosse usurpato e infangato dai guerrafondai, dai militaristi e dai servi della Nato: avevamo intenzione di contestare duramente il Pd e il suo Segretario (all’epoca era Letta).
Nel movimento milanese si sviluppò un dibattito perché una componente preferiva disertare la manifestazione (ufficialmente “per non mischiarsi con i guerrafondai”) e ha organizzato un corteo alternativo.
L’esito della giornata fu che in pochi riuscimmo a contestare platealmente il Pd (ma le contestazioni fecero scalpore) e anche a dare vita a un spezzone variegato, disomogeneo e in parte “spontaneo” in cui trovarono posto molti di coloro che avevamo partecipato alla manifestazione senza abboccare affatto alla propaganda di guerra del Pd.
Con i se e con i ma la storia non si fa, è tuttavia innegabile che se anziché dividere il fronte della contestazione e disgregare le forze in due manifestazioni, le forze anti Larghe Intese si fossero unite nella contestazione, la manovra tentata dal Pd sarebbe stata completamente ribaltata anziché essere stata soltanto mandata all’aria. Le forze anti Larghe Intese avrebbero potuto prendere la testa della piazza.
Nel 2023 la situazione era similare, ma con alcune particolarità. L’anno trascorso ha fatto toccare con mano anche a tanti “equidistanti” (né con la Nato né con la Federazione Russa) la natura della guerra in corso, le conseguenze, le strumentalizzazioni. Il già basso consenso popolare rispetto al coinvolgimento diretto dell’Italia alle manovre belliche della Nato è sceso ancora.
Ovviamente si ripresenta la situazione per cui il Pd cerca di usurpare il 25 Aprile, anche alla luce dei tentativi di costruirsi una “nuova immagine” dopo la scalata alla segreteria di Elly Schlein. Ma l’operazione è ben più difficile dell’anno prima: il movimento contro la guerra ha iniziato a strutturarsi, benché non sia ancora un movimento di massa.
Come Partito raccogliamo l’appello alla costruzione di uno spezzone unitario che raccoglie varie “anime” e organismi e sosteniamo la parola d’ordine “NO invia di armi, NO guerra – Partigiani della pace”.
Nel grande corteo – varie testate parlano di 100 mila persone – spiccano dunque tre cose.
L’ampia partecipazione popolare, con delegazioni anche da fuori Milano, come tradizione per il corteo nazionale (citiamo su tutti lo striscione degli operai Gkn);
Uno spezzone unitario contro la guerra e la Nato che raccoglie almeno 600 persone.
L’assenza del Pd, delle bandiere della Nato e dell’Ucraina, i vessilli dei nazisti ucraini (che invece l’anno scorso proliferavano).
Giornali e telegiornali hanno parlato di un’altra manifestazione. Che si è svolta sempre a Milano e sempre il 25 Aprile e che con il corteo che celebrava la vittoria della Resistenza aveva in comune solo una piccola parte di tragitto e la piazza conclusiva: era il corteo del Pd, dei radicali, dei guerrafondai, delle bandiere della Nato e di Israele.
Si sono nascosti dalla folla per mostrarsi alle telecamere. Hanno costruito un set per poter dire che Elly Schlein è stata acclamata. Erano così nascosti che è stato impossibile contestarli. Apparivano alla testa della manifestazione, ma in verità erano relegati in un angolo.
Per la verità, il 25 Aprile a Milano c’è stato anche un terzo corteo: quello promosso dagli stessi che già l’anno prima avevano scelto di “non immischiarsi”. Quest’anno erano persino più dell’anno scorso e questo – stando ai comunicati pubblici – li porta a concludere che “hanno fatto bene così”, a starsene da un’altra parte.
Non è per sterile polemica – ma è a favore del dibattito contro le idee e le linee sbagliate – che diciamo: compagni, vi siete estraniati da una piazza che aveva forse tanti limiti, ma non quello di essere diretta dal Pd, dalla Nato, dai sionisti e dai guerrafondai. Quello che abbiamo visto è la grande maggioranza di partecipanti che guardavano con fiducia e speranza allo spezzone unitario che – anche senza clamore e contestazioni – ha davvero conteso la piazza al Pd, sui contenuti politici.
Quella maggioranza di manifestanti, non hanno bisogno di (o magari semplicemente NON VOGLIONO) richiudersi per “non mescolarsi”, aspirano a trovare un centro autorevole che sappia indicare loro la via per mobilitarsi e prenda la responsabilità di farlo.