Il 24 maggio il Ministero dell’Ambiente ha espresso parere negativo alla proposta delle multinazionali Kuwait Petroleum e Edison di realizzare un impianto di stoccaggio di gas naturale liquefatto (GNL) nella Darsena Petroli del Porto di Napoli, la zona costiera di San Giovanni. Il progetto non ha superato la valutazione di impatto ambientale, dice la commissione tecnica, perché “è incompatibile con l’obiettivo di delocalizzare i depositi petroliferi dall’area orientale e con l’obiettivo di riqualificare l’area; inoltre sono stati rilevati impatti avversi sui comparti ambientali”, – e poiché l’intervento ricade in area vincolata – “sono consentite trasformazioni orientate esclusivamente al miglioramento della sicurezza e dell’impatto ambientale.” Insomma sono state confermate come motivazioni le osservazioni già elaborate nel 2022 dagli organismi popolari dell’area orientale per dimostrare che questo deposito non si doveva neanche proporre.
La notizia ha permesso ai comitati di Napoli Est, ai molti attivisti, e soprattutto alla Rete Stop GNL – il coordinamento che sul territorio si è organizzato contro il GNL – di tirare un respiro di sollievo dopo mesi di incontri con le istituzioni che mai hanno saputo dare risposte sicure sul progetto ma anzi hanno sempre e solo sottolineato la limitatezza delle loro capacità. Questo risultato è stato possibile principalmente grazie alla forza e all’attenzione che le masse popolari organizzate hanno saputo tenere sul tema, e ora più che mai è necessario mantenere alta l’attenzione e costante la mobilitazione perché questo primo risultato non è privo di contraddizioni, dal momento che le due multinazionali hanno la possibilità di fare ricorso al TAR entro 120 giorni e possono “rimodulare il progetto” per ripresentarlo. Per questo non bisogna pensare che sia una faccenda chiusa, ma predisporsi a organizzare una mobilitazione finalizzata a vigilare affinché l’esito negativo rimanga tale. Abbiamo vissuto fin troppe situazioni in cui il governo ha provato a spegnere la mobilitazione con contentini temporanei e precari.
Malgrado ciò, questo risultato fornisce già degli insegnamenti, delle posizioni conquistate e delle conferme importanti. Il primo aspetto è che la determinazione e la costruzione di un fronte ampio sono elementi essenziali per vincere ogni battaglia. Il secondo è che porre ogni vertenza come un problema sociale – facendo appello a intellettuali, artisti, sinceri democratici, comunità religiose, etc. – costringe le istituzioni ed esprimersi. In questa specifica situazione quest’ultime hanno dovuto prendere una posizione, ossia che il progetto non si può fare perché il sito è inquinato. Così facendo hanno dato ragione ai comitati, che da anni denunciano l’inquinamento dell’area orientale e reclamano le urgenti bonifiche. Ciò vuol dire che ora bisogna prendere anche le bonifiche! Infatti l’area rimane un sito di interesse nazionale (SIN), ossia una zona che richiede bonifiche urgenti dal 1999, per questo chiaramente la lotta non può finire qui, e la parte organizzata delle masse popolari della Zona Est ne è consapevole. Implicitamente le stesse istituzioni hanno ammesso la necessità di bonifiche, appoggiandosi alle posizioni dei comitati. Questa piccola vittoria getta le fondamenta per una nuova base di partenza stante la necessità di continuare la mobilitazione per le bonifiche. Il senso della lotta contro il deposito di GNL a San Giovanni è stato contrastare l’ennesima violenza che si voleva consumare ai danni di un territorio già martoriato, per cui è evidente che il GNL in quanto tale è stato ed è parte di un problema più grande. Per valorizzare il senso dietro questa lotta – lo spirito di riscossa di masse popolari decise a bloccare la spirale di devastazione e violenza ai danni del loro territorio – è necessario proseguirla, portando fino in fondo la questione ambientale a San Giovanni: dalla delocalizzazione dei cimiteri industriali dello scorso secolo, all’abbandono in cui versano zone e strutture pubbliche, passando per l’inagibilità di aree demaniali come spiaggia e mare fino ad arrivare a uno dei tassi di mortalità per malattie legate all’inquinamento più alti della Campania.
Per fare questo serve organizzarsi di più e meglio. E’ stato fatto un lavoro notevole dalla Rete Stop GNL in pochi mesi. Essa è stata coinvolta in una trentina di appuntamenti fra assemblee, presidi, manifestazioni o volantinaggi, dimostrando l’importanza del lavoro militante e di elaborazione che devono fare gli organismi operai e popolari per assumere un ruolo nelle vertenze. Insomma è stata una scuola di organizzazione importante che ha in sé le linee di sviluppo per il futuro. In primis assumersi maggiormente il compito di chiamare all’appello quanto già organizzato esiste fra lavoratori e masse popolari a Napoli Est, come le associazioni del terzo settore o le onlus del sociale, affinché contribuiscano principalmente all’allargamento della mobilitazione. Poi è decisivo legarsi a tutte le altre vertenze del territorio come la lotta del comitato No Biodigestore, la battaglia degli studenti di Fridays For Future contro la devastazione ambientale, la lotta dei lavoratori Ex. Whirlpool -che ora saranno assunti in un’azienda che produrrà pannelli fotovoltaici, dunque vicini alle tematiche della tutela ambientale-, dei disoccupati 7 novembre e Cantiere 167 per un lavoro utile e dignitoso per tutti, o la battaglia della Consulta Popolare Salute e sanità di Napoli per una salute pubblica e universale, condotta sviluppando un ruolo di nuova autorità pubblica in alternativa e opposizione a quelle del sistema attuale.
Certamente il problema del GNL non riguarda solo Napoli ma è inserito in un piano di governo molto più complesso, (si veda Piano Destinazione Italia di fine 2013, ossia DL 23/12/2013, n. 145) per questo è fondamentale che si continui a costruire e rafforzare il legame con altre realtà con la rete “Fuori dal fossile” e la rete “NoRigassNoGnl”, con la realtà di Stop Biocidio che da anni si batte contro la distruzione e la speculazione in materia d’ambiente, e tanti altri comitati sorti per la tutela ambientale e contro l’imposizione di grandi opere inutili e dannose.
Tante sono le iniziative che giorno dopo giorno comitati, associazioni e altre organizzazioni operaie e popolari portano avanti sui loro territori, iniziative che sono degli esempi a cui i giovani, i lavoratori e il resto delle masse popolari che hanno a cuore la tutela dell’ambiente e la salvaguardia dei territori devono ispirarsi:
– scioperi alla rovescia e tutte quelle pratiche di riqualificazione diretta e dal basso di bonifica, manutenzione e cura dei quartieri e del verde pubblico. È l’esempio di quanto fatto dai disoccupati di Scampia del Cantiere 167.
– banchetti di controllo popolare del territorio quali momenti di organizzazione e mobilitazione continuative degli abitanti dei quartieri con l’obiettivo di stendere e attuare piani alternativi per la riqualificazione dei territori dal basso. È l’esempio dei Comitato San Gennaro del quartiere Sanità di Napoli rispetto alla riapertura dell’ospedale del quartiere.
– manifestazioni, presidi e azioni di lotta in cui chiedere conto alle Amministrazioni locali e al Governo centrale, l’attuazione delle disposizioni che già sono legge, come la bonifica di Napoli Est, o che serve lo diventino. È l’esempio del Camping CIG di Piombino che si è mobilitato per l’attuazione del piano alternativo steso dai lavoratori per la gestione delle bonifiche e l’attuazione di una politica per un lavoro utile e dignitoso per le masse popolari.
In definitiva, la soluzione del problema ambientale, a Napoli Est come altrove, sta nella capacità delle masse popolari di prendere in mano le sorti del proprio futuro e organizzarsi per imporre dal basso le misure che davvero servono. Per portare fino in fondo la lotta alle grandi opere inutili e dannose, le bonifiche, la riconversione energetica e altro, è necessario costituire un governo che sia diretta emanazione delle organizzazioni operaie e popolari. Solo rompendo con l’attuale sistema sarà pienamente praticabile una tutela ambientale nell’interesse della salute collettiva. Per l’appunto questo si può fare se riusciamo a imporre un governo che risponda a noi, che insomma abbia la forza di bloccare progetti speculativi, di tirarsi fuori da questa guerra, di attuare i progetti che servono realmente al territorio come il ripristino di una sanità pubblica ed efficiente (che il Covid ha smascherato impietosamente) e di spendere i soldi pubblici conformemente alle esigenze delle masse popolari e non delle multinazionali di turno. Serve un governo di emergenza, che noi chiamiamo di Blocco Popolare, per arrestare la china di guerra, miseria e disastro ambientale in cui sempre più ci precipita questa classe dirigente, per invertire la rotta e avanzare verso il socialismo: il solo futuro alternativo per l’umanità.
È su questo “per” che dobbiamo unire tutti i “contro” oggi esistenti. Facciamolo a Napoli fino all’intero paese!