Puntualmente, anche questa volta, le mobilitazioni delle masse popolari francesi alimentano in Italia il dibattito tra due opposti “estremismi”, che si alimentano a vicenda e portano fuori strada: da una parte c’è chi dice “bisogna fare come in Francia, bisogna ribellarsi e manifestare”, dall’altra c’è chi sostiene “in Italia non sarà mai come in Francia, perché gli italiani sono pecoroni”.
Cosa sta succedendo in Francia?
Da metà gennaio in Francia è in corso una mobilitazione generale contro la riforma delle pensioni che prevede l’aumento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni. Si susseguono scioperi generali, manifestazioni e blocchi delle aziende, da quelle dell’energia elettrica alle raffinerie fino a quelle della raccolta dei rifiuti. La mobilitazione si è radicalizzata ulteriormente quando Macron ha fatto ricorso a una speciale “tagliola” prevista dall’ordinamento francese che consente al Presidente della Repubblica di imporre una legge senza l’approvazione del Parlamento.
Questo non è il primo movimento di protesta così ampio e radicale che la Francia ha vissuto. Mobilitazioni simili c’erano già state nel 2016 contro la “Loi Travaille” (riforma del lavoro analoga al Jobs Act di Renzi in Italia), nel 2018 con il movimento dei Gilet Gialli e, in tempi più recenti, contro la gestione della pandemia (e questo benché l’uso che la classe dominante francese ha fatto del Green Pass sia stato molto più blando rispetto a quello promosso dal governo italiano).
Il governo di Élisabeth Borne è a rischio, le piazze continuano a riempirsi e proseguono gli scontri con la polizia. E benché la riforma sia stata approvata, non si registrano segnali di smobilitazione. Un ruolo importante in questa mobilitazione l’hanno assunto il sindacato Cgt, Nupes di Mélenchon e i “Comitati unitari di sciopero”.
Le manifestazioni, le ribellioni, le proteste sono un ingrediente necessario a rendere il paese ingovernabile alla classe dominante – e dobbiamo rendere il paese ingovernabile – tuttavia, per incidere realmente sul corso delle cose, insieme a rendere il paese ingovernabile, bisogna mobilitarsi per imporre un nuovo tipo di governabilità, una governabilità dal basso. Questo significa che gli stessi organismi che promuovono e dirigono la mobilitazione che rende ingovernabile il paese devono, al contempo, assumere il ruolo di nuove autorità pubbliche e far funzionare le cose in modo coerente con gli interessi delle masse popolari.
Con i suoi comitati unitari di sciopero e tutte le altre forme di organizzazione e coordinamento delle masse popolari (comprese quelle del forze politiche e sindacali contrarie ai governi padronali in Francia) che hanno preso come punto di riferimento e centro di mobilitazione la Cgt (Confederazione generale del lavoro), la Francia ci dà un principale insegnamento: se qualcuno la promuove, la mobilitazione popolare si sviluppa.
In Italia oggi non c’è un centro autorevole di questa mobilitazione ed è un limite, ci sono però decine di organismi che a vari livelli già assumono un ruolo di guida e di esercizio di una certa autorità su vari strati delle masse popolari. I principali sono il Calp di Genova e il Collettivo Gkn di Campi Bisenzio (di cui qui rilanciamo due recenti interviste). Ma ce ne sono altri! Pensiamo al movimento No Tav, ai comitati che lottano per la sanità pubblica, ai comitati dei disoccupati, agli studenti in lotta contro l’alternanza scuola-lavoro e contro il cambiamento climatico, i sindacati di base, alternativi e la sinistra di quelli confederali e altro ancora.
Il fatto che non ci sia un centro autorevole nel nostro paese non è dovuto al fatto che gli italiani sono “pecoroni” è dovuto al fatto che non l’abbiamo ancora costruito. Quindi è necessario farlo. E per farlo bisogna rompere con il disfattismo e l’attendismo che ci porta ad aspettare che questi centri autorevoli cadano dal cielo. Nel movimento spontaneo delle masse popolari già ci sono spinte sane e avanzate che provengono da organismi nati nel subbuglio provocato dagli effetti della fase acuta e terminale della crisi generale del capitalismo. È in quel sommovimento – spontaneo, disordinato e contraddittorio – che maturano idee, obiettivi e pratiche che permettono di affrontare l’attendismo, il disfattismo e il legalitarismo.
Fare come in Francia, dunque, non vuol solo dire organizzare manifestazioni, scioperi, blocchi, ecc. Significa costruire la rete degli organismi popolari che promuovono l’organizzazione e la mobilitazione delle larghe masse, di tutti coloro che cercano una strada per farla finita con il corso disastroso che la classe dominante sta imponendo al paese e al mondo. Le grandi manifestazioni e i grandi scioperi ne sono una diretta conseguenza.