Fino al 2015 l’azienda era a conduzione familiare italiana e non era sindacalizzata. Poi durante il 2015 le quote di maggioranza sono state acquistate da una multinazionale e noi lavoratori, preoccupati dal cambio di proprietà, ci siamo organizzati, introducendo il sindacato all’interno del nostro luogo di lavoro. Di lì a poco siamo arrivati a instaurare la prima Rsu, votando i tre delegati ed io, tesserato Fiom Cgil, ero tra questi. Il percorso fatto in quei mesi è stato entusiasmante, le assemblee erano partecipate dalla grande maggioranza dei lavoratori e insieme, assemblea dopo assemblea, siamo giunti a costruire la Piattaforma di II livello da presentare all’azienda, con all’interno punti importanti come la sicurezza, la formazione, l’adeguamento dei livelli, il trattamento per le trasferte, l’art. 18. L’entusiasmo che si era creato in quel periodo si è, però, piano piano sgonfiato quando siamo arrivati a confrontarci con l’azienda. Difatti la Piattaforma fu bocciata in quasi tutti i suoi punti e, dal momento che noi non avevamo mai pensato seriamente ad una strategia di lotta, si decise di seguire lo strumento della concertazione. Da lì in poi, tavolo dopo tavolo, incontro dopo incontro, la contrattazione è stata chiusa seguendo la linea aziendale e il risultato è stato che alcuni lavoratori, delusi, sono tornati a rivendicare individualmente le proprie questioni di fronte alla proprietà. E appunto per questo, terminato il mandato dei tre anni, non riconoscendomi nel sindacato concertativo, ho deciso di non ricandidarmi alle votazioni successive. Il bilancio di questa esperienza mi ha portato a sviluppare la necessità di dover trovare delle risposte sul perché la classe operaia non si mobilita in questo paese, nonostante il peggioramento delle condizioni oggettive. Ed ecco che quando è iniziata la vertenza Gkn sono rimasto impressionato dalla forza del CdF e dal suo modo di fare sindacato. Ho cominciato a partecipare ai presidi, a conoscere i lavoratori, le loro storie, la loro organizzazione sindacale. Quella della Gkn è una grande scuola e insegna a capire quali sono i rapporti che devono essere tenuti all’interno e all’esterno della fabbrica (…). Inoltre, partecipare ai presidi mi ha dato modo di conoscere le compagne e i compagni del P.CARC. Nonostante la mia avversione ai partiti, grazie alla solidarietà che le compagne e i compagni mi hanno dato (e ricordo che furono tra i pochi a farlo), decisi di non entrare a lavorare durante il periodo dell’obbligo del Green Pass e ho iniziato ad avvicinarmi al Partito. L’informazione fornita da Resistenza e la formazione fatta con il corso sul Manifesto Programma del (n)PCI sono state le chiavi per spingermi a voler sapere cosa c’era oltre. Eh sì, devo ringraziare il Governo Draghi e Confindustria per avermi dato il tempo di studiare, probabilmente se fossi rimasto a lavoro non l’avrei fatto! (…) Al momento la classe operaia è frammentata, delusa perché non si sente rappresentata e questo spazio viene occupato da quelle forze reazionarie che lavorano per reprimere sempre di più il protagonismo operaio, utilizzando i loro strumenti di propaganda. Lo vedo nella mia fabbrica, il risultato è tangibile. Da una parte c’è una grande sfiducia generale ed è forte lo strumento della delega al sindacato e ciò frena l’attivismo operaio, dall’altra c’è la speranza di riuscire a migliorare il capitalismo… come se ancora non bastassero trent’anni di concertazione e i risultati che questa ha prodotto in termini di perdita del potere d’acquisto, precariato e smantellamento dello Statuto dei lavoratori. In tutto questo, la propaganda di regime ci invita a guardare oltre, ci dice che se non siamo contenti di essere sfruttati dal padrone possiamo investire i nostri soldi per diventare imprenditori di noi stessi oppure nei Bitcoin o ancora, perché no, svendere i nostri corpi facendo video per siti per adulti. Ci fanno vedere che la felicità la si trova in modo alternativo e poi pace se perdiamo i nostri risparmi e quelli della nostra famiglia oppure se ci diamo alla prostituzione. (…) Stiamo provando a costruire l’organizzazione operaia – spingendo i lavoratori a intervenire nell’assemblea sindacale, perché è importante che chi ha un pensiero critico nei confronti della linea sindacale intervenga nella discussione senza restare ai margini, – sviluppando buoni rapporti con la Rsu, per spingerla avanti e, perché no, farla uscire, eventualmente, con un volantino di denuncia (con i buoni rapporti abbiamo conquistato anche la bacheca sindacale in cui attacchiamo i volantini come quello dell’ultima manifestazione Gkn), – costruendo e rafforzando i contatti con i vari reparti della produzione per sviluppare il lavoro d’inchiesta. È un lavoro lungo, difficile, pieno di alti e bassi, dove spesso mi scontro con dei limiti anche personali, d’altronde, se non siamo noi a fare questo lavoro, nessuno lo farà al posto nostro.
- L. Vieri operaio di Firenze
La spinta a iniziare? L’esempio della Gkn e la lotta contro il Green Pass
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