Dopo anni di campagne promosse dalla stampa padronale contro il Reddito di Cittadinanza (RdC)e sostenute da tutti i partiti del sistema delle Larghe Intese, il Governo Meloni tenta di fare un altro passo nell’attuazione dell’agenda Draghi.
Inizia con una riduzione dell’importo e della durata del RdC, con l’introduzione dell’obbligo di accettare qualsiasi offerta di lavoro (anche se non congrua o molto distante dal luogo di abitazione), con il versamento del contributo affitto direttamente al proprietario di casa anziché sul conto corrente dei percettori del Reddito.
Il RdC, come già annunciato, verrà abolito da settembre 2023 e da quel momento, secondo quanto comunicato dal governo in merito al nuovo “decreto lavoro” in via di definizione, sarà sostituito dalle “Misure di Inclusione Attive” (Mia), tre strumenti rivolti a platee più ridotte, con condizioni più stringenti, importi minori e durata più breve.
In un contesto di forte disoccupazione il Governo Meloni abolisce l’unica misura che, seppure insufficiente, permetteva a migliaia di proletari di uscire dalla povertà estrema e, spesso, di non dover accettare di fare da manovalanza alla criminalità organizzata.
Ma non è tutto. Dopo aver eliminato il RdC, il Governo Meloni procede con lo smantellamento di quanto di positivo aveva fatto il Governo Conte 1 e mette mano anche al Decreto Dignità: reintroduzione dei voucher per le prestazioni occasionali in svariati settori di lavoro, liberalizzazione dei contratti a tempo determinato o in somministrazione (senza limiti temporali e senza obbligo di dichiarare causali stringenti per il loro utilizzo per due anni), riduzione delle sanzioni per mancate o false dichiarazioni in merito al versamento dei contributi ai dipendenti.
Il governo dei Fratelli della Nato prima amplia la platea delle persone costrette ad accettare qualsiasi condizione lavorativa pur di poter mangiare, poi rende ancora più precario il lavoro e lascia mano libera ai padroni per ricattare, licenziare o sottopagare i lavoratori.