Ho partecipato alla presentazione de “Imperialismo, fase suprema del capitalismo” e…

Rilanciamo a seguire, il contributo inviatoci da un compagno di Napoli rispetto all’iniziativa di presentazione del testo “Imperialismo, fase suprema del capitalismo” nella versione ripubblicata dalle Edizioni Rapporti Sociali. Il contributo del compagno è importante perché riporta pezzi del dibattito di giornata e ragiona di alcune delle questioni decisive nell’attuale situazione. Buona lettura.

***

Cari compagni della staffetta rossa,

sono un militante della Federazione Campania del P.Carc, vi scrivo per riportarvi i contenuti di un’interessante iniziativa sul tema dell’imperialismo cui ho partecipato recentemente. Ritengo importante condividere quest’esperienza perché come comunisti non possiamo scindere il nostro compito – quello di fare la rivoluzione socialista – dal contesto in cui operiamo: l’Italia, un paese imperialista, da un lato svolge il ruolo di protettorato della maggiore potenza imperialista al mondo, gli Usa, e dall’altro si trova coinvolta nelle contraddizioni che questo suscita fra gli imperialisti Ue, del Vaticano e delle organizzazioni criminali; né possiamo scindere il nostro compito storico dalla fase attuale, caratterizzata dalla crisi del dominio mondiale degli imperialisti Usa/Nato, i quali per arginare questa caduta ci stanno coinvolgendo nella guerra contro la Federazione Russa per interposta persona in Ucraina, con la complicità dei vertici della Repubblica Pontificia.

L’iniziativa in questione è stata una presentazione della nuova edizione de “L’imperialismo, fase suprema del capitalismo” di V.I. Lenin, redatta dalla casa editrice Rapporti Sociali. Allo scopo di un’adeguata comprensione della realtà in cui operiamo, come guida per l’azione, è stato molto educativo ripercorrere i passaggi storici che hanno determinato la transizione dal capitalismo di vecchio tipo all’epoca imperialista e le caratteristiche economiche che questa ha assunto.

Dettagliatamente, negli ultimi decenni del XIX secolo c’è stato l’apogeo del libero scambio, condizione per un’immensa crescita dell’industria, ma la crisi del 1873 ha provocato una progressiva concentrazione della produzione, in cui la concorrenza dei gruppi industriali si risolveva nell’associazione, ossia nella tendenza al monopolio. Ciò divenne una delle basi della vita economica dopo la crisi del 1900-1903, quando quest’ultima fu gestita interamente sotto il segno dei cartelli finanziari perché marginalizzato diventò il libero scambio: in questo modo il capitalismo si è trasformato in imperialismo.

La tendenza al monopolio (primo aspetto indicato da Lenin sull’imperialismo) implica che tutte le forme del capitale – industriale, commerciale, creditizio – si fondono nel capitale finanziario: lo sviluppo dei monopoli e la concentrazione delle banche sono la condizione per cui la direzione del capitale “semplice” viene presa dal capitale finanziario (secondo aspetto dell’imperialismo). Lo sviluppo di un’economia prettamente finanziaria ha significato un notevole accumulo di capitali, che non trovavano più impiego redditizio se investiti nei rispettivi paesi: allora si sviluppa il fenomeno dell’esportazione di capitale, particolarmente nei paesi arretrati dove i mezzi di produzione hanno costi inferiori e quindi era garantito un profitto maggiore (terzo aspetto dell’imperialismo). Si crea così un mercato mondiale, in cui man mano che l’esportazione di capitali si sviluppa, si ampliano le sfere d’influenza delle grandi potenze capitaliste nel mondo: è il periodo del colonialismo, in cui è la finanza a dirigere l’economia degli Stati (quarto aspetto dell’imperialismo). Questo sistema mondiale di colonie significa che un pugno di associazioni capitaliste organizza la produzione mondiale di merci, dunque che il mondo è suddiviso in aree d’influenza dei vari gruppi monopolistici (quinto aspetto dell’imperialismo). In questi 5 aspetti si riassume il passaggio dal capitalismo di vecchio tipo all’imperialismo.

“Senza quest’analisi non è possibile comprendere né la guerra né la situazione politica odierne” dice Lenin nella prefazione all’edizione russa, il quale nel testo si limita ad affrontare questioni di tipo economico per evitare la censura ma nella prefazione delle edizioni francese e tedesca affronta anche alcuni risvolti politici: il più importante è che l’imperialismo è la vigilia delle rivoluzioni socialiste. Questo emerge anche da un attento esame filologico sul titolo dell’opera: la traduzione letterale dal russo corrisponde alla versione proposta dalle ERS, ma la parola che in russo corrisponde a “supremo” ha il senso di “il più alto”, mentre nel senso comune italiano “supremo” ha l’accezione di “insuperabile”; la traduzione concettuale dovrebbe essere “fase ultima, o più alta, del capitalismo” perché Lenin già dal titolo dell’opera ha voluto esprimere il concetto che l’imperialismo rappresenta la decadenza del capitalismo e perciò è l’epoca delle rivoluzioni socialiste.

A questa descrizione del testo di Lenin, riportata dal primo relatore Erminio Liguori, medico e studioso del marxismo, la relazione del Partito dei Carc, tenuta dal compagno della Direzione Nazionale Marco Coppola, ha aggiunto una serie di questioni politiche attinenti lo stadio imperialista, a partire dalla sua principale espressione politica ossia il capitalismo monopolistico di stato: è emerso che osservare l’imperialismo solo come decadenza del capitalismo è riduttivo poiché la componente principale è appunto essere l’epoca delle rivoluzioni socialiste; la borghesia imperialista, per impedire che le masse popolari concretizzino quest’alternativa alla crisi in cui vuole tirarsele, ha contraddistinto quest’epoca di alcuni fattori sovrastrutturali che concernono uno specifico regime politico, quello della controrivoluzione preventiva. Ma i pilastri su cui si basa questo regime già scricchiolano, perché la crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale di cui l’imperialismo è causa, esaspera le contraddizioni fra masse popolari e borghesia imperialista fino alla guerra civile: la classe dominante tenta di gestire i contrasti con le FAUS (Forme Antitetiche dell’Unità Sociale), istituzioni create per tenere insieme ciò che in realtà è inconciliabile (gli interessi delle masse popolari con quelli della borghesia). In definitiva però, tutte queste istituzioni contribuiscono alla socializzazione del movimento economico della società, a collettivizzare sempre più le forze produttive, dimostrando che la storia va inequivocabilmente nella direzione del socialismo, e la spinta che noi possiamo dare è realizzare l’unico sbocco politico che può risolvere la crisi: la rivoluzione socialista!

Alla luce dell’analisi sugli elementi economici e politici dell’imperialismo, anche grazie a domande e osservazioni dei compagni presenti, abbiamo potuto osservare con maggior aderenza alla realtà la situazione in cui si trovano i primi paesi socialisti, oggi oggetto di controversie in merito ai posizionamenti sulla guerra: ad esempio sebbene tutti mantengano delle strutture proprie della società socialista, vanno comunque verso una restaurazione del capitalismo; ciò però non basta a liquidarli come “imperialisti”. Questa considerazione ha permesso che il dibattito dell’iniziativa si sviluppasse su importanti questioni d’attualità, come la natura della guerra che si sta combattendo in Europa e le deviazioni che si sono sviluppate – l’equidistanza, il multipolarismo, la polarizzazione -, o le difficoltà che il movimento comunista cosciente e organizzato deve affrontare per affrettare la sua rinascita (la sfiducia diffusa fra compagni e masse popolari, l’esagerazione del nemico, il “che fare” qui e ora, etc.).

Insomma un’iniziativa importante, sullo stampo della quale devono farsene sempre più, perché sono momenti in cui si offrono gli strumenti necessari alla comprensione della realtà nei suoi aspetti strutturali e sovrastrutturali, condizione fondamentale di ogni comunista che si pone il compito di analizzare e trasformare la realtà. In particolare il contributo che mi ha dato sta nell’aver rafforzato la consapevolezza che la direzione della storia va verso il socialismo, perché così il lavoro che facciamo tutti i giorni assume un senso superiore, inquadrandosi come la piccola spinta di ogni compagno affinché si realizzi il salto in avanti che la storia ha da compiere: la transizione al comunismo!

A pugno chiuso,
Gabriele

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