Nell’86° anniversario dalla morte di Antonio Gramsci

Rilanciamo un articolo della Commissione Gramsci del Partito dei CARC. Si tratta di un approfondimento sul significato che la morte di Antonio Gramsci, ucciso lentamente nelle carceri fasciste, ha avuto nel movimento comunista di cui è stato dirigente di massimo rilievo e sugli insegnamenti che noi comunisti di oggi dobbiamo trarre da quest’ultima fase della sua vita.

***

La morte di Antonio Gramsci

Aprile è il mese in cui la vita di Antonio Gramsci ha termine, il giorno 27 dell’anno 1937. Il termine della vita di Gramsci è materia che serve per avere una visione chiara della morte, di cosa significa questo fenomeno per un essere umano, per un comunista e di quale è il suo significato nel caso specifico di Antonio Gramsci.

La morte, in generale, è termine e negazione della vita di un individuo. Secondo la concezione comunista del mondo, però, ogni cosa è quello che è ma è anche il suo opposto, e quindi ciò che termina diventa inizio e ciò che muore non muore. Questa verità è affermata in molte concezioni del mondo e anche nel senso comune. Traspare, ad esempio, nell’antica affermazione che dice: “Il sangue dei martiri è seme di cristiani” e nel testamento di Lorenzo Orsetti, giovane italiano di Firenze, anarchico, andato a combattere con i curdi in Siria e ucciso il 13 febbraio scorso. Orsetti dice che solo sacrificando la propria vita si può cambiare il mondo.

La formulazione più alta di questa verità è nelle parole di Gramsci, che il 15 giugno 1931 scrive alla madre: “Se ci pensi bene tutte le questioni dell’anima e dell’immortalità dell’anima e del paradiso e dell’inferno non sono poi in fondo che un modo di vedere questo semplice fatto: che ogni nostra azione si trasmette negli altri secondo il suo valore, di bene e di male, passa di padre in figlio, da una generazione all’altra in un movimento perpetuo.”

Ogni nostro atto, e quindi non solo il sacrifico della vita, cambia il mondo o in un senso o nell’altro, e con ciò la nostra esistenza finita diventa infinita, dice Gramsci. Gramsci è comunista, e sa che un uomo si realizza in ciò che fa, nel suo fare e non nel suo “essere”, come invece predica il prete secondo il quale avremmo un’anima immortale; né nel suo “avere” come pensa il capitalista la cui ragione di vita è appropriarsi di ricchezza in misura sempre maggiore, a costo di mandare in rovina il mondo intero e lui con esso.

La morte di Antonio Gramsci è anche un fenomeno particolare, perché è la morte di un comunista. Quando un comunista muore non solo continua a vivere in ciò che ha fatto, come tutti gli altri esseri umani passati e futuri, ma continua a vivere nel suo partito come e più di prima. Quando diciamo che compagni del Partito dei CARC come Vittorio Agnino e Luciano Pacini [2], sono vivi e lottano insieme a noi (e lo stesso diciamo di Gramsci, e di tutti gli altri che del movimento comunista sono parte) non lo diciamo per farci forza negando l’evidenza, come pensano i nostri nemici, ma perché è vero. I nostri nemici non vanno oltre l’evidenza perché sono ignoranti: sono come quelli che credono che è il sole a muoversi e la terra a stare ferma. Noi sappiamo che chi muore non muore. Per esserne certi, però, cioè per non solo sapere, ma anche sentire, bisogna provarlo. Bisogna essere nel partito. Chi è nel partito sente come ogni compagno la cui vita ha avuto termine si è moltiplicato entrando nella costituzione di ognuno di noi e ci spinge avanti, a seguire la linea definita fino al raggiungimento dell’obiettivo che il partito si pone.

In ultimo, la morte di Antonio Gramsci è il termine della sua esperienza individuale. La morte di Gramsci avvenuta il 27 aprile del 1937 è compimento di un processo, elemento terminale di una “condanna a morte di lunga durata”, attuata dal regime fascista soprattutto tramite la negazione dell’assistenza sanitaria. Il regime fascista, con Mussolini alla sua testa, ha ucciso Gramsci in un modo di cui il compagno ebbe modo di rendersi conto, e cioè “rendendogli la vita impossibile”,[3] togliendo vita lentamente al suo fisico e anche intaccando lentamente la sua forza morale, come testimoniano le sue lettere.

A questo Gramsci oppose resistenza, facendo leva sulla propria volontà e sulla saldezza di quanto appreso nel periodo dell’occupazione delle fabbriche a Torino, durante il Biennio Rosso, nei periodi in cui fu in URSS, nel periodo in cui fondò e diresse il primo PCI. Questo gli fa onore e per questo visse altri dieci anni.[4] Ma la resistenza alla repressione è solo uno dei modi in cui un compagno può reagire, è il suo modo individuale, e a fronte dell’attacco del nemico non c’è compagno né proletario che possa resistere da solo. La forza del compagno caduto nelle mani del nemico è nel partito e nel legame del partito con le masse popolari. È il partito che lotta contro la repressione e promuove la solidarietà delle masse popolari. Tutti e due questi elementi mancarono. Le iniziative del PCI furono sporadiche e discontinue e Gramsci, che del Partito era massimo dirigente, non le promosse né risulta da alcuno dei suoi scritti che le ritenesse opportune. Ragionando superficialmente si può pensare che fu il regime fascista a impedire a Gramsci di fare sentire la sua voce, di protestare, di chiamare alla lotta e alla solidarietà. Il regime fascista però, non era in grado di ammutolire completamente nell’immediato e lungo dieci anni di carcerazione un uomo che era dirigente del Partito comunista italiano, uno degli organi più importanti dell’Internazionale comunista. Il tacere fu quindi anche una scelta.

Il risultato di tale scelta sono dal lato positivo, gli scritti del carcere, che sono preziosi. Dal lato negativo questi scritti sono stati elaborati sotto censura, quindi il loro contenuto è da interpretare, sono scritti dove si espone un pensiero che non si poté sperimentare, e la scienza per essere tale deve essere sperimentata, e infine sono scritti in cui persistono limiti che Gramsci non superò, come quello della comprensione della crisi economica.[5] Di tutti questi aspetti negativi hanno approfittato tutti i falsificatori del pensiero di Gramsci per distorcerlo e usarlo come strumento contro l’avanzata e la rinascita del movimento comunista.

Gramsci è stato il più grande dirigente che il movimento comunista italiano ha avuto. Non è affatto male che in tutto il mondo lo si studi e che tante magliette, manifesti e distintivi si vendano con il suo volto di quando era giovane. Oggi però il movimento comunista che rinasce ha necessità di farlo scendere dall’altare e riportarlo in campo, come strumento per l’elaborazione della teoria rivoluzionaria necessaria per vincere. È difficile? L’opera di Gramsci è troppo vasta e intricata? Non lo è per chi apprende, fa propria e usa la concezione comunista del mondo, il materialismo dialettico. Anche l’opera di Gramsci è “per un materialista dialettico una foresta lussureggiante di positivo e negativo e in continua trasformazione. Sta a noi comunisti farla diventare quello che per sua natura può essere e ha bisogno di essere.”[6]

[1] 2018 Febbraio: La scuola nuova, in http://www.carc.it/wp-admin/post.php?post=13078&action=edit.

Marzo, Ottimismo della ragione e della volontà, in http://www.carc.it/2018/03/22/ottimismo-della-ragione-e-della-volonta/.

Aprile, Fiducia nella classe operaia, fiducia in noi stessi, in http://www.carc.it/2018/04/22/gli-anniversari-della-vita-di-antonio-gramsci-aprile/.

Maggio, Il nuovo partito di cui parla Gramsci un secolo dopo, un nuovo governo per le masse popolari italiane, un nuovo CLN!, in http://www.carc.it/2018/05/25/il-nuovo-partito-di-cui-parla-gramsci-un-secolo-dopo-un-nuovo-governo-per-le-masse-popolari-italiane-un-nuovo-cln/.

Giugno, Il fascismo, in http://www.carc.it/2018/06/23/il-fascismo/.

Luglio, Il partito che c’è, in http://www.carc.it/2018/07/26/il-partito-che-ce/.

Agosto, Pensare e non solo ricordare, in http://www.carc.it/2018/08/29/pensare-e-non-solo-ricordare/.

Settembre, Agli operai e alle operaie di ieri e di oggi, in http://www.carc.it/2018/09/21/agli-operai-e-alle-operaie-di-ieri-e-di-oggi/.

Ottobre, Scoperchiamo le carceri, in http://www.carc.it/2018/10/25/scoperchiamo-le-carceri/.

Novembre, Studiare e studiare, in http://www.carc.it/2018/11/17/studiare-e-studiare/

Dicembre, Agli operai e alle operaie che studiano a Torino http://www.carc.it/2018/12/21/agli-operai-alle-operaie-e-ai-giovani-che-studiano-a-torino/.

2019_Gennaio: https://www.carc.it/2019/01/22/la-commissione-gramsci-del-partito-dei-carc-saluta-il-v-congresso-del-suo-partito/

Febbraio: https://www.carc.it/2019/02/27/la-via-di-angelo-e-chiara/

Marzo: https://www.carc.it/2019/03/15/marzo-gli-anniversari-della-vita-di-gramsci-lo-sguardo-di-bergoglio-su-firenze/

[2] Vedi in  https://www.carc.it/2016/12/30/lesempio-del-compagno-vittorio-agnino/ e https://www.carc.it/2022/11/24/bandiere-rosse-al-vento/

[3] Ne scrive nel 1930, citando un testo di un autore francese: “Ci sono due modi di uccidere: uno che si definisce in modo netto con il verbo “uccidere”; l’altro che usualmente resta sottinteso dietro il delicato eufemismo “rendere la vita impossibile”” (Quaderno 4, Nota 32, in Quaderni del carcere, Einaudi, Torino, 2001, p. 310. Anche Bertolt Brecht parla dei modi di uccidere: “Ci sono molti modi di uccidere. Si può infilare a qualcuno un coltello nel ventre. Togliergli il pane, non guarirlo da una malattia, ficcarlo in una casa inabitabile, massacrarlo di lavoro, spingerlo al suicidio, farlo andare in guerra, ecc. Solo pochi di questi modi sono proibiti nel nostro Stato” (Me-ti, il libro delle svolte, Einaudi, Torino, 1978, p. 559

[4] Questa fu la ragione interna della sua resistenza. La ragione esterna fu il sostegno quotidiano costante (dalla data dell’arresto fino alla morte), attento a tutte le sue esigenze per quanto dall’esterno si poteva fare, da parte della cognata Tatiana Schucht, che a questo compito dedicò l’esistenza. Un impegno di questa portata e con questa continuità, e rispetto a un prigioniero di questa importanza, non avrebbe mai potuto essere svolto da una persona sola, per quanto affezionata e dotata di risorse economiche. Fu lo Stato dell’URSS, con le sue strutture (l’Ambasciata in Italia, i servizi segreti), a provvedere al sostegno di Gramsci e a darne mandato alla cognata.

[5] Vedi, al riguardo Gramsci e la crisi generale del capitalismo, supplemento a La Voce del (nuovo)Pci, n. 61, anno XXI, marzo 2019,in http://www.nuovopci.it/voce/supplementi/Gramsci_Crisi/Gramsci_e_la_crisi.html

[6] La concezione comunista del mondo e il Governo di Blocco Popolare–in La Voce n. 51, novembre 2015.

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