Sabato 1 e domenica 2 aprile i delegati al VI Congresso Nazionale del Partito dei CARC si sono riuniti a Roma con un centinaio di invitati e salutati da numerosi contributi al dibattito e messaggi di buon lavoro.
Essi hanno portato a termine positivamente i compiti del VI Congresso, in particolare
1. rafforzare nelle file del Partito la comprensione di come usare le crepe nel sistema politico nella classe dominante e gli appigli che la situazione offre per orientare e coalizzare le organizzazioni operaie e popolari, i partiti e organismi del movimento comunista cosciente e organizzato, tutte le forze anti Larghe Intese e che hanno a cuore le sorti del paese nella lotta per costituire un governo d’emergenza popolare;
2. elevare l’unità di indirizzo rispetto alle origini e la natura della guerra in corso in Ucraina e al contesto storico e internazionale di cui essa è espressione in modo da contrastare le posizioni da “tifosi della Federazione Russa contro il governo nazista ucraino” presenti anche nelle nostre file e che, al pari della linea del “multipolarismo”, portano a trascurare o comunque a mettere in secondo piano la lotta per instaurare il socialismo nel nostro paese e quindi ostacolano il dispiegarsi di un’azione sistematica e capillare per fare della lotta contro la partecipazione alla guerra a cui gli imperialisti USA hanno dato il via nel 2014 per espandere la NATO all’Ucraina (e contro cui il 24 febbraio 2022 la Federazione Russa ha reagito con la sua “operazione militare speciale”) un altro fronte su cui sviluppare il contrattacco delle masse popolari convogliando ogni singola operazione nel fiume della rivoluzione socialista;
3. rafforzare nel corpo del Partito la comprensione delle cause della frammentazione attuale dei comunisti italiani (ma lo stesso vale per i comunisti degli altri paesi imperialisti) in una miriade di partiti, organismi, gruppi e personaggi che operano ognuno per conto proprio e della via per superarla. La frammentazione dei comunisti è una malattia che molti compagni denunciano, si augurano che guarisca e si danno anche da fare per guarirla. Come con qualsiasi altra malattia, per curarla in primo luogo serve una diagnosi giusta, poi individuare la cura adatta allo scopo e infine perseverare nel seguirla fino alla guarigione. La frammentazione dei comunisti è sicuramente una malattia grave, ma il procedimento per curarla è lo stesso anche se la scienza che serve non è quella medica, ma la scienza comunista;
4. consolidare e sviluppare i risultati raggiunti nell’attuazione della linea (sancita dal V Congresso del gennaio 2019) di diventare un partito di quadri e di massa, un partito cioè organizzato in modo da raccogliere lavoratori avanzati e compagni della base rossa e farli partecipare alla lotta per la costituzione del Governo di Blocco Popolare. In questo modo, per loro esperienza diretta e attraverso un processo di cui sono protagonisti, supereranno le illusioni democratiche e il riformismo rivendicativo ed elettorale che il lungo periodo di predominio dei revisionisti moderni e della sinistra borghese ha sedimentato anche tra larga parte di essi e toccheranno con mano che la rivoluzione socialista è l’unica strada realistica, efficace e possibile per farla finita con il disastroso corso delle cose imposto dalla borghesia imperialista.
Il VI Congresso ha così messo basi più solide perché il P.CARC contribuisca di più e meglio a quello che è il compito proprio dei comunisti: trasformare il disordine e l’indignazione generali delle masse in una guerra diretta a mettere fine al dominio della borghesia imperialista, al suo modo di produzione e agli ordinamenti che su di esso si basano e instaurare un regime socialista.
Alla prima giornata di Congresso hanno partecipato, sono intervenuti e hanno inviato contributi e messaggi di saluto numerosi esponenti di organismi operai e popolari, di organizzazioni anti Larghe Intese e di partiti, organismi e riviste comuniste. Per quanto riguarda il movimento comunista del nostro paese e la “malattia” della sua frammentazione, nel suo saluto il Segretario Generale del (n)PCI, il nostro partito fratello, ha messo bene in luce che
“noi comunisti dei paesi imperialisti nel secolo scorso abbiamo subito una grande sconfitta e questo pesa ancora molto nella lotta in corso. Ma la sconfitta è stata grande perché grandi sono i risultati della prima ondata di rivoluzioni proletarie sollevata nel mondo dalla nostra vittoria nell’Ottobre 1917, dalla costituzione dell’Unione Sovietica e dell’Internazionale Comunista. Nonostante la sconfitta restano ancora nel mondo grandi e fecondi risultati di questa grande ondata. La borghesia imperialista volge il dominio che abbiamo acquisito sulla natura in inquinamento e devastazione della Terra, al punto che incombe la distruzione delle condizioni dell’esistenza della specie umana e lo usa su grande scala a fini militari: la guerra in Ucraina lo mostra. Tuttavia né ha cancellato né è in grado di cancellare completamente i risultati della prima ondata. In alcuni dei primi paesi socialisti (dalla Repubblica Popolare Cinese a Cuba, dalla Corea del Nord al Vietnam e al Laos) alla testa dei governi vi sono partiti comunisti in ognuno dei quali la destra è lungi dall’essere prevalsa nella lotta tra le due linee. Molti sono i paesi dove forte se non predominante è l’opposizione all’egemonia e alle prepotenze della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei. In tutti i paesi imperialisti cresce la rottura tra le masse popolari e la borghesia imperialista. In alcuni di essi, come l’Italia, grande è ancora la base rossa: il numero degli individui in cui l’aspirazione al socialismo è viva. Importante è quindi che noi comunisti facciamo e diffondiamo il bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria. I documenti del vostro Congresso lo fanno.
Quali sono stati i limiti nella comprensione delle condizioni, della forma e dei risultati della lotta di classe a causa dei quali nel secolo scorso non siamo riusciti a instaurare il socialismo nei paesi imperialisti e molti dei primi paesi socialisti, e tra essi L’URSS, hanno cambiato strada? Il (n)PCI ha dato risposte precise a questa domanda. Ogni organismo che vuole essere comunista deve dare risposta a questa domanda e verificare la risposta sia nel dibattito franco e aperto fra comunisti sia nell’applicazione della risposta nella pratica. Chi non è convinto che il comunismo è il futuro dell’umanità, non fa il bilancio delle nostre sconfitte. Per lui è normale che chi si ribella alla borghesia sia sconfitto, che la borghesia domini. Al massimo le masse popolari possono strapparle alcune migliorie. Questo è il modo di pensare degli esponenti della sinistra borghese e di quelli che, anche se parlano di socialismo, non dicono cosa intendono.
I fondatori della scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia, Marx ed Engels, ci hanno insegnato che il comunismo è il futuro dell’umanità che succederà alla società borghese. Quindi di fronte ad ogni sconfitta, noi facciamo il bilancio, traiamo insegnamenti per riprendere con successo la lotta e li applichiamo nella pratica. Gli uomini sono arrivati in cima all’Everest, ma quanti tentativi finiti male prima di arrivarci!”.
Sono intervenuti esponenti di Costituente Comunista, PRC, PMLI e La Città Futura (mentre un membro della Direzione Nazionale del PCI a causa di un imprevisto non è riuscito a essere presente per intervenire), Militant, Circolo Culturale Proletario di Genova, Centro Sociale 28 Maggio di Brescia, Socialismo Italico, Rivoluzione hanno inviato messaggi e contributi al dibattito. È un significativo passo avanti rispetto allo scorso Congresso del gennaio 2019, quando l’intervento di un dirigente provinciale fiorentino del PRC aveva fatto “brillare” l’assenza degli altri partiti che si richiamano al comunismo nonostante fossero stati invitati.
Il loro contributo è soprattutto una base per allargare e rafforzare da subito l’unità d’azione. Anche a questo fine subito dopo il Congresso abbiamo lanciato l’appello per la Settimana Rossa, “una settimana di mobilitazioni unitarie, capillare a diffuse contro il programma comune delle Larghe Intese e per il programma comune delle masse popolari:
“CONTRO il governo della guerra e della sudditanza alla UE e alla NATO, dello smantellamento delle aziende, della privatizzazione dei servizi pubblici, del carovita e dell’eliminazione del Reddito di Cittadinanza, dei rigassificatori e della devastazione ambientale, delle stragi di migranti, della repressione, della mano libera alle organizzazioni fasciste,
PER “la pace, il pane e la libertà”, per estendere i servizi pubblici e gestirli in funzione delle esigenze delle masse, per tutelare e migliorare l’ambiente in cui viviamo, per liberare il nostro paese da sfruttatori e oppressori, per un sistema di relazioni sociali corrispondente alle esigenze delle masse popolari, democratico ed ecocompatibile. (…)
Per la pace. Cioè per sottrarre il nostro paese dal giogo della NATO e della UE.
Per il pane. Cioè per assicurare a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso.
Per la libertà. Cioè per rompere il sistema politico delle Larghe Intese e per il protagonismo delle masse popolari organizzate”.
È una base per avanzare nel dibattito franco e aperto sul bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria, l’analisi della fase e il piano d’azione per instaurare il socialismo nel nostro paese. Il dibattito franco e aperto su questi temi fa parte del percorso attraverso il quale i comunisti arriveranno a una comprensione più avanzata delle condizioni della lotta di classe nell’epoca imperialista, comprensione necessaria per guarire la malattia della frammentazione, per far rinascere il movimento comunista e portare alla vittoria la seconda ondata della rivoluzione proletaria in corso nel mondo.
Le giornate dell’1 e del 2 aprile hanno concluso una campagna congressuale durata più di tre mesi nel corso della quale abbiamo discusso i documenti congressuali con decine di lavoratori e di altri elementi avanzati delle masse popolari, di esponenti della base rossa, di esponenti della sinistra sindacale. Alcuni di loro hanno posto domande, obiezioni, dubbi e critiche sulla linea del Governo di Blocco Popolare. Pur nella diversità di formulazione, le obiezioni sono di tre tipi.
“Non ce lo lasceranno fare”. Ma non ci hanno regalato nessuno dei diritti e delle conquiste di cui abbiamo goduto per anni, abbiamo strappato tutto con la lotta. Possiamo riprenderceli, ma soprattutto fare tesoro dell’esperienza: abbiamo visto che senza prendere in mano il governo del paese ogni conquista è precaria, quando i padroni e le loro autorità non hanno avuto più il fiato del movimento comunista sul collo hanno iniziato a eliminarle una dopo l’altra.
“Le misure d’emergenza che indicate sono impossibili in una società borghese, sono da governo socialista”. Un governo d’emergenza popolare non fa che attuare, tutte insieme e ben combinate tra loro, cose che i padroni e i loro governi hanno fatto una a una e solo con difficoltà, saltuariamente, quando non hanno potuto farne a meno, cose che fanno il meno possibile e che smettono di fare appena possibile. Pensiamo al periodo della pandemia. Per mesi il governo ha deciso quali aziende dovevano fermarsi e quali continuare a funzionare, ha indicato una serie di condizioni che le aziende in funzione dovevano soddisfare, ha bloccato i licenziamenti, ha organizzato o incentivato la produzione di alcuni beni, è entrato nella direzione di alcune aziende a rischio: non era certo un “governo socialista”, ma in qualche modo ha diretto l’economia. Ecco, un governo di emergenza popolare è un governo che fa cose di questo genere: non solo per far fronte all’epidemia, ma anche per rimediare all’inquinamento ambientale, al dissesto idrogeologico, al degrado, per garantire a tutti cure e istruzione di qualità, ecc.
“La linea del GBP è riformismo”. Certo, se consideriamo la costituzione di un governo d’emergenza che nazionalizza le aziende lasciate andare in malora dai capitalisti, che crea nuove aziende pubbliche o riconverte e amplia l’attività di quelle esistenti, che inquadra in un piano economico nazionale le aziende capitaliste e pubbliche, le cooperative (vecchie e nuove) e altre strutture economiche come la soluzione del problema. Ma per noi comunisti il Governo di Blocco Popolare è solamente un salto avanti di una lotta che concluderemo sostituendo le aziende gestite dai capitalisti per aumentare il loro capitale con unità produttive gestite dai lavoratori organizzati che lavorano secondo un piano pubblicamente deciso per produrre tutti e solo i beni e i servizi necessari alla vita dignitosa della popolazione e ai rapporti di solidarietà, di collaborazione e di scambio con gli altri paesi.
Nella seconda giornata del Congresso, i delegati hanno approvato con alcune correzioni la Dichiarazione Generale, le due Risoluzioni annesse e il nuovo Statuto del Partito. Questi documenti a breve saranno a disposizione sul sito www.carc.it, insieme alle mozioni approvate dal Congresso e agli interventi dei delegati e degli invitati e dei saluti pervenuti per la prima giornata. Ognuno, facendo il confronto con i documenti congressuali pubblicati a inizio Congresso, può farsi un’idea in prima persona delle correzioni apportate attraverso il dibattito congressuale. Segnaliamo solamente che, per sviluppare l’azione come partito di quadri e di massa, una delle correzioni allo Statuto è stata quella di introdurre l’esistenza del presidio del Partito: un collettivo, composto da uno o più membri oppure da un membro e uno o più collaboratori e simpatizzanti oppure da soli collaboratori e simpatizzanti, che non ha ancora le caratteristiche per costituire una Sezione, ma che svolge un’azione (di propaganda, di organizzazione, di mobilitazione, ecc.) funzionale al radicamento territoriale del Partito sotto la direzione della Segreteria Federale o del Comitato Direttivo.
I delegati hanno poi eletto il Segretario Nazionale (confermando all’unanimità il compagno Pietro Vangeli), la Direzione Nazionale e la Commissione Nazionale di Garanzia.
Nei prossimi giorni la nuova Direzione Nazionale si riunirà per prendere le decisioni politiche e organizzative necessarie a dare attuazione agli orientamenti definiti dal VI Congresso.
La Direzione Nazionale eletta dal Congresso si complimenta con i compagni che hanno assunto nuovi compiti e maggiori responsabilità nella lotta per mobilitare le masse popolari del nostro paese a costituire un loro governo d’emergenza.
Spezzare le catene UE e NATO! Avanti uniti per il Governo di Blocco Popolare verso il socialismo!
Il socialismo è il nostro futuro!