Negli ultimi quattro anni Israele ha visto alternarsi ben cinque governi, fino all’instaurazione il 29 dicembre 2022 del sesto governo Netanyahu, che si è subito distinto per aver affidato incarichi di primo piano a partiti ed esponenti di estrema destra. Solo per restare alle dichiarazioni, il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich si è dichiarato apertamente fascista e omofobo. Però ha dichiarato: “Sono un uomo di parola, non lapiderò i gay”…
Questo governo, in appena tre mesi, si è già fatto notare per la provocatoria passeggiata del Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir nella Spianata delle Moschee e per l’ordine di far rimuovere tutte le bandiere palestinesi, ma soprattutto per il via libera alle nuove colonie in Cisgordania. Si va di fatto verso l’annessione diretta di quei territori.
Niente che stravolga la feroce politica di apartaheid e di occupazione della Palestina che i sionisti portano avanti da decenni, ma azioni che le fanno fare decisi passi avanti e la rendono più sfacciata, tanto da costringere anche gli Usa e la Ue a smarcarsi timidamente dalle politiche del nuovo governo.
È ovviamente solo un’operazione di facciata, dichiarazioni ipocrite per tenere buone le masse popolari dei propri paesi. Basti pensare che mentre a inizio febbraio il Segretario di Stato Usa Blinken era in Israele per “promuovere il processo di pace” e criticava pubblicamente tanto la violenza palestinese quanto la politica israeliana sugli insediamenti, l’esercito statunitense e quello sionista svolgevano una delle più grandi esercitazioni militari congiunte di sempre.
Per perseguire la politica di annessione il nuovo governo di Israele ha innalzato il livello dello scontro, promuovendo nei territori palestinesi sanguinosi raid militari e pogrom da parte dei coloni israeliani. Lo sviluppo del processo di annessione ha portato però al rafforzamento di nuove organizzazioni della resistenza palestinese, tra cui la “Fossa dei Leoni”, obiettivo primario dei nuovi attacchi sionisti.
Questa organizzazione si afferma a partire dallo scorso autunno. La caratteristica da cui trae la sua forza è quella di non afferire a nessuno degli storici partiti palestinesi, ma di riunire tutti quelli che sono disposti a battersi contro l’oppressione israeliana, al di là delle differenze politiche. A fronte delle divisioni nel campo della resistenza palestinese e della collusione dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) con i sionisti, l’organizzazione si sta affermando come autorità alternativa all’Anp, soprattutto in Cisgiordania. Per comprendere il seguito che la “Fossa dei Leoni” ha guadagnato in pochi mesi, basta guardare alle folle di migliaia di persone che scortano i funerali ogni volta che un suo membro viene ucciso.
Per garantirsi mano libera nella sua politica di annessione, il nuovo governo Netanyahu ha annunciato a gennaio una riforma del sistema giudiziario, che non ha fatto altro che alimentare la crisi politica e la resistenza delle masse popolari israeliane. La riforma sottometterebbe la Corte Suprema, che giudica la costituzionalità delle leggi approvate dal parlamento, alla maggioranza di governo, lasciandole mano libera.
L’annuncio ha prodotto un terremoto politico e ha portato le opposizioni a promuovere la mobilitazione contro quella che definiscono “la fine della democrazia in Israele”. Le proteste hanno visto la mobilitazione di centinaia di migliaia di persone, tra cui anche giudici e militari. Particolarmente importanti sono stati lo sciopero del 1 marzo e la manifestazione dell’11 marzo, la più grande nella storia di Israele, con 500.000 manifestanti nella sola Tel Aviv. Parecchio clamore ha suscitato anche la protesta di trentasette piloti (su quaranta) di una delle più importanti flotte dell’aviazione israeliana che hanno annunciato di non presentarsi alla prima giornata di addestramento.
Le proteste hanno seguito Netanyahu anche nella sua visita del 9 marzo a Roma, dove è arrivato in ritardo a causa delle manifestazioni in patria e senza traduttrice, che contattata dall’ambasciata israeliana ha rifiutato l’incarico.
Le vicende di questi primi tre mesi del nuovo governo israeliano mostrano bene quanto il sistema imperialista sia in crisi anche in uno dei suoi principali capisaldi; come il suo regime stia cadendo in pezzi dilaniato dagli scontri tra fazioni della classe dominante incapace di offrire altre risposte che non siano guerra, miseria e oppressione.
Essa reagisce all’avanzare della crisi inasprendo le misure autoritarie e repressive all’interno dei singoli Stati e con lo sviluppo della politica di guerra all’esterno. Ma queste misure non fanno che aggravare la crisi e alimentare la resistenza spontanea delle masse popolari. Sta ai comunisti di ogni paese trasformare questa resistenza in alimento per la rivoluzione socialista.