Dalle piazze dell’8 marzo

Le donne non sono una questione, le donne sono rivoluzione!

L’8 marzo, nella giornata internazionale della donna, in tantissime città di Italia migliaia di donne e uomini sono scesi in piazza per scioperare e manifestare. In quasi tutte le principali città si sono svolti almeno due cortei nella giornata, un primo – di mattina – legato a filo stretto agli studenti e alle mobilitazioni delle scuole e per l’ambiente, un secondo – nei pomeriggi e nelle serate – che ha accolto in maniera più ampia tutti i partecipanti. 
Tutti i cortei sono stati molto partecipati e combattivi, mettendo al centro le principali forme di attacco alla vita delle masse popolari e in particolare alle donne e i loro responsabili. Ben chiara trasversalmente la distinzione di classe che intercorre tra chi ha riempito quelle piazze e chi sta al governo, se pur donna. Le manifestazioni sono state accompagnate da scioperi e sono state preparate dall’organizzazione e la mobilitazione di comitati, organizzazioni e gruppi in ogni territorio: quelli che lottano per una sanità pubblica e libera dal controllo occulto del Vaticano, per la difesa dell’apparato produttivo e dei diritti sul lavoro, per una vigilanza contro la violenza di genere, contro la guerra e chi la promuove, e contro la repressione.
Ed è proprio questo quello che resta dalle piazze dell’8 marzo e che prosegue; che permette di proseguire in ogni scuola, in ogni azienda e quartiere, di sviluppare legami e solidarietà, di stare “appiccicati”. Sono i collettivi e le organizzazioni quelli da cui si parte e quelli che restano per proseguire e passare dalla difesa all’attacco, dalla difesa dei diritti, della salute, della sovranità all’imposizione di un governo d’emergenza popolare che sia in grado di attuare le misure che ogni giorno individuiamo e indichiamo su larga scala. 
Compagne, dobbiamo abbattere quello che ci opprime e imporre un governo che faccia i nostri interessi! Conquistiamo la metà del cielo che ci appartiene! 

Come P.CARC siamo stati presenti nelle principali piazze e abbiamo raccolto corrispondenze da alcune di queste. 

A Milano – circa 10.000 persone hanno partecipato ai cortei. Lo sciopero è stato indetto per l’intera giornata dai sindacati di base Sial Cobas, Usb, Cub e Adl Cobas. La RSU del comune di Milano ha proclamato sciopero e la funzione pubblica della CGIL ha indetto sciopero per tutte le cooperative sociali che lavorano in appalto al Comune di Milano. I mezzi pubblici e le metropolitane si sono fermati per buona parte del pomeriggio e della serata. 
Tante le tematiche portate in piazza, anche con azioni di protesta. Tra questi: un attacco con pannoloni alla sede INPS per mettere al centro la mancanza di tutele per tutte quelle lavoratrici della cura, come le badanti; la protesta davanti all’Agenzia delle entrate per ribadire di “non essere più disposte a pagare il prezzo della crisi economica, della pandemia e delle guerre”; l’attacco alla direzione occulta del Vaticano nella sanità pubblica e alla Regione Lombardia che “non ha avuto alcuno scrupolo a prendersi gioco della salute di tutt* noi e che continua ad essere complice di tragedie individuali e collettive”. 
Nelle città di Bergamo e Pioltello segnaliamo anche volantinaggi e presidi da parte dei sindacati di base davanti alle aziende. Lo sciopero e la manifestazione sono stati preparati con iniziative capillari sul territorio, dentro le scuole per sostenere le occupazioni e le manifestazioni per l’ambiente, nelle aziende per organizzare lo sciopero e nei quartieri con delle ronde di controllo contro la violenza. 

A Napoli – Anche qui il corteo è stato molto partecipato e combattivo. I sindacati che hanno aderito allo sciopero sono stati Adl Cobas, Cobas Sanità Università e Ricerca, Cub, Slai Cobas per il sindacato di classe, Usb, Usi. 
Principali questioni trattate nella manifestazione sono state: lo smantellamento della sanità pubblica a favore di quella privata, l’inquinamento, la devastazione dei territori e, connesso a questi, il tasso di malattie e mortalità che è superiore al sud e che ricade maggiormente sulle donne (vedi ad esempio la mancanza di cure e le morti per parto). 
Questione centrale è stata poi la protesta contro lo smantellamento del Reddito di Cittadinanza che si è tradotta in azioni dimostrative davanti alla sede INPS, rivendicando il reddito di autodeterminazione per permettere la maggiore indipendenza in particolare delle donne. 
Tutte le donne e le compagne che sono intervenute lo hanno fatto scandendo bene la loro appartenenza di classe oltre a quella di genere e gli interventi fatti durante il corteo hanno rappresentato giovani, studentesse, operaie, casalinghe, ecc. in lotta per migliorare le proprie condizioni di vita. 

A Firenze – l’aspetto principale della manifestazione fiorentina, con numeri più contenuti delle altre piazze, è stata la lotta alla repressione, quella contro il 41 bis e lo sviluppo della solidarietà di classe, primo fra tutti ad Alfredo Cospito e anche alle compagne di NUDM a cui sono arrivate denunce per occupazioni e che hanno rilanciato rispedendo al mittente il tentativo di repressione e proseguendo nella loro lotta e nella solidarietà.
Nella giornata come P.CARC abbiamo anche portato in piazza la campagna di solidarietà per la compagna Eleonora, colpita da una denuncia per aver partecipato e sostenuto la lotta degli operai iscritti al Si Cobas contro il sistema di sfruttamento vigente a Prato. La campagna è stata accolta con favore e con partecipazione dalla piazza, con contributi solidali. 
Al corteo di Firenze ha poi partecipato il Collettivo di Fabbrica della Gkn che, legando la lotta delle donne lavoratrici allo smantellamento del tessuto produttivo che li riguarda, ha rilanciato la partecipazione alla manifestazione del 25 marzo, in continuità con la piazza dell’8 marzo. “Oggi più che mai sento questo giorno … dopo che da 20 mesi lotto per il diritto al lavoro… lotto contro questo sistema che permette alle aziende di prendere appalti per milioni di euro e pilotare un fallimento dove a rimetterci sono solo le lavoratrici e i lavoratori” così una compagna della Gkn si è espressa sulla giornata dell’8 marzo. 

Dal Collettivo di fabbrica Gkn – Oggi, 8 marzo, potremmo dire tante cose. E forse diverse ne diremmo a sproposito. Potremmo pubblicare grafici ben fatti sulla percentuale di femminicidi che avvengono tra le mura domestiche. Oppure sul gap di reddito tra generi. Cose che purtroppo conosciamo, conoscete, non per statistica ma sulla pelle. 
Ma ci limiteremo a parlare di noi, ad aggiungere la nostra piccola esperienza. Per noi questo 8 marzo è facile da spiegare. In Gkn, nel silenzio istituzionale, i diritti sono sequestrati, come la fabbrica e la nostra vita. Qua non c’è allattamento, non c’è 104 ,non c’è maternità e non c’è paternità. Non ci vengono pagate e le buste paga non consegnate. Il sostituto d’imposta (l’azienda) si appropria di tutto: ferie, permessi, contributi, tfr e quindi anche di allattamento, maternità, malattia, paternità.
Sono stati tolti a tutt_. Ma chi è doppiamente oppress_, affonda due volte. Ora, vi chiediamo, non basterebbe la negazione dell’allattamento e della maternità a insorgere oggi? E non basterebbe questo a insorgere con noi il 25 marzo? E ancora: il movimento sindacale nel suo complesso può permettere un simile precedente? Rispondetevi e fatevi un favore. E Firenze, alle tue porte succede questo, tu puoi tollerare questo?
Oggi in tutto il mondo, il 25 marzo vi aspettiamo a Firenze. #insorgiamo

In Sardegna – il corteo principale è stato quello trans-femminista e antimilitarista alla base militare di Teulada. Obiettivo della manifestazione era quello di fermare le esercitazioni Nato in Sardegna; esercitazioni che le forze armate hanno presentato al territorio come un’opportunità per turismo e lavanderie. 
Al centro della manifestazione quindi la lotta contro le basi militari e le esercitazioni Nato che devastano la Sardegna e la salute dei sardi. Durante tutto il corteo è stato costante il tentativo di legarsi al territorio e mobilitare gli abitanti di Teulada. È stata scritta una lettera rivolta proprio a questi ed è stata letta più volte in sardo durante il corteo. 
Legata alla lotta antimilitarista è stata anche la lotta alla repressione e la solidarietà a Cospito e alle compagne colpite da repressione proprio per la lotta antimilitarista. 

Qui alcuni estratti dell’appello per la manifestazione sarda
“Lavandieri! Cameriere! Lavapiatti! Albergatrici! Preparate i vostri portafogli, stanno arrivando “straordinarie opportunità” per voi! A bordo di scintillanti navi Ro-Ro e mimetici aerei, ecco qua migliaia di soldati portatori di panni sporchi da lavare e stomaci da riempire! E non solo! Vedendo quale paradiso sia quest’isola, POTREBBERO ADDIRITTURA TORNARCI IN VACANZA CON LA FAMIGLIA! CHE CULO! Come da tradizione colonialista, la Sardegna viene offerta come parco giochi a turisti e militari. Noi che ci abitiamo, circondate da petrolchimici, pale eoliche, cattedrali nel deserto, gasdotti reali e prospettati, continuiamo ad essere mera manodopera in funzione di queste economie di sfruttamento. […] Evidentemente c’è bisogno di fare pulizia: è di poche settimane fa la notizia che il Ministero della Difesa ha richiesto alla Regione Sardegna la Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA) per effettuare una fantomatica bonifica della penisola Delta, qualche anno fa dichiarata praticamente imbonificabile. Bombardato da decenni durante le esercitazioni a mare nel poligono di Teulada, questo Sito di Interesse Comunitario (SIC) è talmente contaminato da far tremare i polsi pure ai soldati, che vogliono ripulirlo per poi… TORNARE A BOMBARDARLO! Ci disgusta che le forze armate lavino di verde le loro devastazioni (greenwashing) e che persino la fabbrica di bombe e droni killer Rheinmetall-RWM a Domusnovas si tinga di rosa (pinkwashing) e venga premiata per la sua “attenzione alla gender diversity” e al multiculturalismo, mentre continua impunita la sua produzione letale con la nuova commessa per Israele. Laverete caro, laverete tutto! Siamo coscienti di vivere in un territorio dove, sì, le armi vengono prodotte e sperimentate e l’ambiente viene devastato e inquinato, ma facciamo anche parte di quell’occidente dove la guerra viene preparata per continuare a colonizzare, distruggere e uccidere altrove.
Tutto questo serve alla fortezza Europa per depredare altri territori e risorse, oliare il business degli armamenti, difendere gli interessi di poche persone a costo di molte morti e vite spezzate. 
Per questo ci sentiamo di dover partire da qui. Non vogliamo lasciare agire indisturbati coloro che, tramite un’ordinanza di Stato, impediscono alla popolazione di nuotare, ormeggiare, lavorare o anche semplicemente di recarsi in quel tratto di costa definendolo pericoloso perché costellato di ordigni inesplosi lasciati dagli stessi militari. Poi di colpo il pericolo e l’ordinanza spariscono quando è Prada a volerlo usare come scenario per la sua nuova collezione, come è successo nella primavera 2021! La guerra inizia qui, fermiamola qui. […]
Così come vogliamo farla finita con i Tribunali e i loro sgherri che perquisiscono, processano e incarcerano le nostre compagnx per non aver abbassato la testa. Siamo solidali con chi è colpitx dalla repressione per la sua presenza nelle lotte; siamo solidali con Alfredo Cospito cui hanno negato non solo di camminare libero, ma pure di autodeterminare il proprio corpo e le proprie cure; siamo solidali con la nostra compagna da poco perquisita a Cagliari per aver partecipato a maggio 2022 ad un’azione dimostrativa di fronte al Comando Militare della Sardegna; siamo solidali con le imputatx dell’Operazione Lince che hanno lottato e lottano contro le basi e il militarismo. Non abbiamo solo un posizionamento solidale, ma coinvolto: rientriamo fra i soggetti politici oggetto di repressione e vogliamo prendere parola in quanto tali.
Per questo l’8 marzo torneremo alla base NATO di Teulada per dire a gran voce che a bloccare la macchina della guerra c’eravamo e continuiamo ad esserci tutte, tuttx, tutti.”

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