Mentre andavano in onda a reti unificate le celebrazioni per la vittoria di Giorgia Meloni e FdI alle elezioni politiche del 25 settembre, noi dicevamo che quella vittoria era un bluff, che non c’era stato nessuno “spostamento a destra delle masse popolari” e che i risultati elettorali mettevano in evidenza la crisi del sistema politico della Repubblica Pontificia.
A 6 mesi di distanza, la situazione è chiara.
Sul piano elettorale, sono stati sufficienti i primi 100 giorni di governo per sgonfiare la balla della presunta opposizione di Giorgia Meloni e FdI al governo Draghi. Era un’opposizione solo apparente: il governo Meloni attua l’agenda Draghi, e lo fa dopo aver promesso il contrario e dopo aver raccolto voti proprio sulla base di questa promessa.
L’esito delle elezioni regionali in Lombardia e Lazio riflette quanto detto: in termini percentuali FdI e i suoi alleati di governo hanno vinto, ma solo grazie al 60% di astensione. Il numero assoluto dei voti dimostra che rispetto alle elezioni politiche del 25 settembre Fratelli d’Italia ha perso poco più di un milione di voti (il 46% di quelli che aveva raccolto). Se a questi si aggiungono quelli di Lega e Forza Italia i voti persi sono più di un milione e mezzo (il 40% di quelli che la coalizione aveva raccolto).
Sul piano politico, per Giorgia Meloni e la stabilità del suo governo le cose vanno anche peggio. L’attuazione a testa bassa dell’agenda Draghi suscita proteste in settori sempre più ampi delle masse popolari. Non solo l’attacco al Reddito di Cittadinanza, accompagnato da una retorica becera sul fatto che “tornerà di moda la voglia di lavorare” e idiozie simili, ma anche il mantenimento delle accise sul carburante, gli spiccioli previsti nella legge di bilancio per fare fronte ai rincari dell’energia, l’attacco al bonus 110%, l’autonomia differenziata.
A ciò si aggiungono le prodigiose manifestazioni di grettezza morale e politica di elementi come Valditara e Nordio che spiccano nella squadra dei ministri per le loro esternazioni antidemocratiche e antipopolari (e non parliamo qui della pletora dei vice ministri, segretari e sottosegretari reclutati direttamente dalle ex giovanili missine perché non basterebbe lo spazio).
Non solo. Lo sfacciato servilismo di Giorgia Meloni verso gli imperialisti Usa spinge gli imperialisti Ue ad aumentare l’isolamento dell’Italia (la stampa ha dato grande risalto al fatto che Giorgia Meloni non è stata voluta all’incontro fra i capi di governo di Francia e Germania con Zelensky) e alimenta anche le contraddizioni con gli alleati di governo (vedi le tensioni con Berlusconi proprio sulla situazione in Ucraina).
Tiriamo una sintesi. Non solo le masse popolari non si sono spostate a destra, ma è cresciuto il loro distacco dal sistema politico della classe dominante e da tutti i partiti borghesi – questi sì che si sono spostati tutti a destra.
La narrazione dell’irresistibile ascesa di Giorgia Meloni è una balla. Giorgia Meloni non ha la fiducia e il sostegno delle masse popolari. Il suo governo è un esperimento di laboratorio tentato dagli stessi che prima di lei avevano installato e tenuto in vita il governo Draghi. E vacilla ogni giorno di più.
Per attuare il suo programma, il governo Meloni deve scontrarsi con le masse popolari.
Questo mette in moto a vari livelli non solo i sindacati di base, ma anche la Cgil; i movimenti contro la devastazione ambientale e le grandi opere inutili e dannose; l’Anpi, le reti antifasciste e le associazioni per la difesa e l’attuazione della Costituzione (contro le manifestazione di nostalgia per il Ventennio, il revisionismo storico, i provvedimenti razzisti); i coordinamenti contro il carovita; le organizzazioni pacifiste, ecc.
Parliamo di un processo già in atto. Ogni passo compiuto dal governo Meloni e dai suoi ministri è già motivo di mobilitazione e protesta.
L’errore più grande che i promotori delle mobilitazioni possono ora compiere è vedere ogni questione slegata dalle altre e limitare il contenuto della lotta alla specifica protesta o rivendicazione: bisogna unire tutti attorno a una parola d’ordine comune e a un comune obiettivo: cacciare il governo Meloni e impedire la costituzione di altri governi servi della Nato e della Ue. L’unico governo ammissibile è un governo di emergenza popolare. È un’impresa del tutto possibile, l’ostacolo maggiore da superare è la sfiducia di potercela fare.
Ma quale spostamento a destra?!
Le elezioni politiche del 2008 furono vinte dal Centro destra, mentre i partiti della sinistra borghese tradizionale furono estromessi dal parlamento e non vi sono più rientrati. Ecco i dati essenziali di quelle elezioni: votanti 36.452.305, l’80,4%. Il Popolo delle Libertà raccolse 13.629.464 voti, la Lega 3.024.543 e il Pd 12.095.306.
Il paragone con i risultati del 2022 è illuminante: in 14 anni l’astensione è aumentata di circa il 17%; il Pd, che vanta il primato del maggior tempo passato al governo, in questo lasso di tempo ha perso 7 milioni di voti; il Centro destra (cioè Fdi, Lega e Forza Italia insieme) ha vinto le elezioni del 2022 con 4.610.073 di voti in meno rispetto al 2008.