L’installazione del governo Meloni ha consentito ai nostalgici più o meno palesi del Ventennio fascista di occupare cariche istituzionali di rilievo: Presidenza di Camera e Senato, Ministeri, segretariati e sottosegretariati.
Non è la prima volta che accade nel nostro paese, basta ricordare il contributo allo sdoganamento “dei fascisti” dato da Berlusconi, che lo stesso rivendica pubblicamente, oppure il contributo al revisionismo storico dato dal Centro-sinistra, a partire da Violante che per primo introdusse lo sdoganamento dei “ragazzi di Salò” nella narrazione pubblica.
Benché il governo Meloni sia ossequioso attuatore del programma conosciuto come “agenda Draghi” (pertanto nulla di più eversivo, più anticostituzionale, più reazionario e più antipopolare di quanto non fosse già quello imposto da Nato e Ue con il loro “governo dei migliori”), nella sua opera il governo Meloni si giova del contributo dei nostalgici più o meno palesi del Ventennio fascista per attuarlo. Ecco alcune conseguenze:
– il Ministro dell’Istruzione (e del Merito!) camuffa l’ennesima riforma che distrugge la scuola pubblica dietro le polemiche per le sue “uscite” e iniziative che travalicano il dettame costituzionale: emette circolari di chiaro orientamento anticomunista, querela un collettivo studentesco per un comunicato circolato su internet, minaccia una preside che si dissocia dalla sottovalutazione che il ministro ha fatto di un pestaggio fascista di fronte a una scuola superiore di Firenze;
– il Ministro della Giustizia chiude tutti e due gli occhi di fronte alla protesta di Alfredo Cospito contro il regime carcerario del 41 bis e anzi opera affinché il suo sciopero della fame si concluda il più presto possibile con la morte del prigioniero. In ciò è sostenuto da una pletora di funzionari della repressione, la maggioranza dei quali reclutati fra le file delle giovanili missine, che dileggiano pubblicamente Alfredo Cospito;
– il Ministro dell’Interno scarica sulle “famiglie che hanno intrapreso il viaggio” le sue responsabilità per la strage di immigrati sulla costa di Cutro.
L’elenco sarebbe ben più lungo, ma gli esempi sono sufficienti a chiarire il concetto.
Ciò avviene in un contesto in cui cresce la militarizzazione della società, il governo Meloni sprofonda il paese nella guerra per interposta persona della Nato contro la Federazione Russa, gli effetti di questa guerra si combinano con la situazione già disastrosa per le masse popolari del nostro paese, la situazione creata dalla crisi generale del capitalismo.
Di fronte a tutto ciò ci sono due strade, entrambe ben delineate ed evidenti.
Da una parte, c’è la strada promossa dai concorrenti del governo Meloni: Pd, Iv, Calenda e parte del M5s sono profondamente sdegnati dalle manifestazioni dei nostalgici del Ventennio a cui il governo Meloni ha dato spazio, visibilità e una qualche forma di potere nelle istituzioni. Ma non sono affatto sdegnati dal corso che il governo Meloni sta imponendo al paese.
Sono contro il razzismo, ma sono contro i poveri – italiani e immigrati.
Sono contro le stragi nel Mediterraneo, ma hanno sostenuto (quando non ne sono stati diretti promotori) tutte le misure che le causano.
Sono sostenitori dei diritti civili, ma solo come strumento da contrapporre ai diritti sociali.
In ultimo, ma non per importanza, sono promotori dello stesso programma del governo Meloni su guerra, privatizzazioni, speculazioni, devastazione ambientale.
Poi c’è un’altra strada. È promossa da una fitta rete di organismi di base che hanno poca o nulla visibilità sui media di regime, che spesso, anzi, sono colpiti da qualche forma di censura e di repressione. Che vengono sistematicamente presentati all’opinione pubblica come un nemico della democrazia, della pace e della stabilità. La loro principale “colpa” è denunciare la continuità politica – di programma politico – fra i nostalgici del Ventennio e i loro “democratici concorrenti”.
La prima strada è quella dell’antifascismo padronale, di facciata, strumento per svuotare dall’interno tutti i principi, i valori e gli istituti conquistati con la vittoria della Resistenza, mantenendone il guscio vuoto da esporre all’occorrenza.
La seconda strada è quella dell’antifascismo popolare, strumento per difendere le conquiste ottenute con la vittoria della Resistenza e per estenderle, lo strumento per perseguire l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione.
Per lunghi anni, l’Anpi è stata la casa di tanti che perseguivano la seconda strada. E per questo, per anni, è stata promotrice di iniziative e mobilitazioni non solo a difesa della memoria, ma anche atte a costruire un baluardo di protagonismo popolare.
Ebbene, oggi che il governo dei nostalgici del Ventennio fascista perseguono lo stesso programma dei “democratici guerrafondai”, anche l’Anpi ha il compito di mettere per intero e fino in fondo il protagonismo popolare di cui è stata promotrice ed è custode al servizio dell’antifascismo popolare.
È una mobilitazione che richiede di cambiare pelle, ma anche di cambiare natura, a tutti gli organismi che resistono alle continue violazioni della Costituzione del 1948, allo smantellamento pezzo per pezzo di quella Costituzione, all’attacco che la classe dominante sta portando contro i lavoratori e le masse popolari di questo paese.
È una mobilitazione progressista, nel senso che mira al progresso della società e del paese; popolare nel senso che si basa sulla forza delle masse popolari e non sugli “accordi” fra vertici, sul rispetto di equilibri e prassi istituzionali; è partigiana, nel senso che incarna e promuove gli interessi di una parte della popolazione, la maggioranza, le masse popolari.
È, infine, una mobilitazione assolutamente politica, perché è strumento per cambiare il corso che i nostalgici del Ventennio e i “democratici guerrafondai” stanno imponendo al paese e contribuire alla costituzione di un governo che ha come fulcro della sua azione l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione del 1948.
Su queste basi e con questi presupposti il Partito dei CARC invita il Presidente dell’Anpi, la Segreteria Nazionale e i direttivi delle Sezioni locali, a partecipare al suo VI Congresso.