Sul fronte legale, la Corte di Cassazione ha deciso che Alfredo Cospito deve rimanere segregato al 41 bis.
Con mezza riga per rigettare il ricorso e una riga intera per condannare il prigioniero al pagamento delle spese legali, il 24 febbraio – dopo mesi di rimpalli e scaricabarile – le “autorità competenti” hanno chiuso ogni possibilità di risolvere “il caso” per via giudiziaria. Un caso particolarmente spinoso, poiché con lo sciopero della fame fino alle estreme conseguenze, Alfredo Cospito ha scoperchiato la fogna del 41 bis e dell’ergastolo ostativo nascosta dietro la retorica della “lotta alla mafia”.
Non solo, con la sua resistenza ha dimostrato che non esistono “condizioni avverse” che impediscono di lottare e ha suscitato un ampio movimento di solidarietà che va ben oltre la cerchia del movimento anarchico e dei circuiti militanti. Un caso particolarmente spinoso, infine, perché ha posto fin da principio,
nella fase di installazione del governo Meloni con le relative contraddizioni tra le frazioni delle Larghe Intese (Cospito è stato messo al 41bis dal Ministro Cartabia – governo Draghi – con il sostegno PD), una questione politica che ha fatto emergere tanto il groviglio di relazioni fra Stato e organizzazioni criminali quanto l’ipocrisia su cui si regge la legalità borghese.
Il modo con cui i vertici della Repubblica Pontificia hanno malamente cercato di correre ai ripari è indicativo dell’efficacia della resistenza di Cospito. Prima hanno negato l’esistenza del problema. Poi hanno cercato in ogni modo di criminalizzare Alfredo (“è manovrato dai mafiosi”) e il movimento di solidarietà che cresceva in tutto il paese (“se ci sono manifestazioni e azioni di sabotaggio è la dimostrazione che Cospito è il capo di una rete eversiva”). Infine sono arrivati a denigrare Alfredo e a sperare che muoia in fretta per chiudere la faccenda (“non sentiremo la sua mancanza” dice Flavio Tosi, “Messina Denaro sta molto peggio di lui, ma non si lamenta” dice Andrea Delmastro).
Tuttavia, non è bastato. Sulla spinta delle manifestazioni iniziate dal movimento anarchico, la solidarietà è cresciuta e si è allargata: sono stati lanciati vari appelli, tra cui uno dalla “società civile” (ex magistrati, esponenti politici, intellettuali, ecc.) e uno che raccoglie artisti, organizzazioni politiche, sindacali e singoli individui; sono state fatte decine di iniziative; è iniziato un dibattito pubblico sui giornali; in tutti i cortei degli ultimi mesi sono stati esposti striscioni e cartelli a sostegno della lotta di Alfredo, contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo.
La lotta contro il 41bis e altre misure carcerarie vessatorie deve continuare ed estendersi perché è una lotta di civiltà, è parte della lotta contro il sistema di guerra, miseria e oppressione della borghesia.
La mobilitazione e la solidarietà sono l’unica strada che può ribaltare la sentenza della Corte di Cassazione e salvare la vita di Alfredo.
I vertici della Repubblica Pontificia sono ligi alle leggi solo quando è conveniente per loro esserlo. Sono bestie abituate a manovrare nell’ombra, a giocare al gioco delle tre carte, coi cavilli, con le opportunità.
Posti di fronte a una mobilitazione diffusa che mette a rischio la governabilità del paese, ingoieranno il rospo e opteranno per la revoca del 41 bis a Cospito, a dispetto di quanto detto e fatto fino a quel momento.
Il governo Meloni e la Corte di Cassazione hanno emesso una condanna a morte per Alfredo Cospito: il movimento di solidarietà che sostiene la lotta di Alfredo Cospito deve trasformare quella sentenza in un boomerang.