Gli operai sono al quinto mese senza stipendio e il 21 febbraio è stata annunciata ufficialmente la liquidazione da parte della società Qf di Francesco Borgomeo.
Erano mesi che il nuovo proprietario sfuggiva ad un incontro, tanto che il 10 febbraio una delegazione di operai, senza preavviso, si è presentata a Cassino sotto la sede di Unindustria e poi davanti ai cancelli della Saxagres, di cui Borgomeo è rispettivamente presidente e proprietario. Ad aspettarli però hanno trovato solo una pattuglia della Digos che li ha informati che Borgomeo non c’era.
Al di là del risultato, questa operazione ha riacceso l’attenzione mediatica sulla vertenza rimettendo in mano agli operai l’iniziativa. La proprietà per tutta risposta è tornata ad attaccare a colpi di comunicati il Collettivo di Fabbrica e i solidali a cui addossa ogni responsabilità sul “fallimento della ripresa”. Ma i fatti continuano a smentirla.
Il 15 febbraio l’ufficiale giudiziario si è presentato allo stabilimento per il pignoramento di due macchinari. Sì, perché intanto i procedimenti legali avviati dagli operai per il mancato pagamento degli stipendi vanno avanti e i pignoramenti diventano esecutivi. Dopo la visita dell’ufficiale giudiziario gli operai hanno alzato la guardia. Denunciano la possibilità che Qf stia preparando la liquidazione dello stabilimento e chiedono pubblicamente spiegazioni all’azienda, che ovviamente non risponde sul punto e continua ad accusare gli operai di “tenere sotto sequestro lo stabilimento”.
Un’altra volta però i fatti danno torto a Borgomeo: quando la liquidazione dello stabilimento è stata comunicata in via ufficiale, gli operai hanno reso pubblico il documento messo agli atti che reca la data del 9 febbraio. Era quindi da settimane che la decisione di liquidare l’azienda era stata presa.
Al tavolo del Mise del 24 febbraio la parte istituzionale ha mostrato un surreale “sconcerto” per la liquidazione dello stabilimento e ha rinnovato i suoi soliti buoni propositi: in concreto l’ennesimo nulla di fatto.
Questo è quanto proprietà e istituzioni hanno messo in campo rispetto alla “reindustrializzazione”.
Il progetto della fabbrica pubblica e socialmente integrata
Gli operai invece un piano ce l’hanno e in tutto questo tempo hanno continuato a portarlo avanti. È un piano che può avere ricadute positive sul territorio in termini sociali, occupazionali e di impatto ambientale. È un piano continuamente aggiornato, già presentato alle istituzioni e sostenuto da 17mila firme raccolte con la consultazione popolare autogestita dello scorso dicembre.
I lavoratori si sono costituiti in Società Operaia di Mutuo Soccorso (SOMS), una figura giuridica che permette loro di raccogliere sostegno economico e promuovere progetti pilota per tenere attiva la fabbrica e verificare la praticabilità dei progetti, tra cui quello della costruzione della prima bici cargo.
Hanno, inoltre, dato forma al gruppo della reindustrializzazione che nei mesi ha portato avanti la ricerca di possibili sinergie con altre aziende e filiere produttive in cui inserirsi, come quella per la realizzazione di moduli per l’istallazione dei pannelli fotovoltaici. Tutti progetti presentati pubblicamente tramite assemblee di aggiornamento.
Ma gli operai sono stati attivi anche all’esterno dell’azienda, con il sostegno alle mobilitazioni contro la crisi ambientale e per la difesa dei territori, con gli studenti a difesa della scuola e del diritto alla studio, in solidarietà ad Alfredo Cospito e contro il 41 bis, contro il traffico di armi nei porti italiani.
Hanno annunciato per fine marzo una mobilitazione per il pagamento degli stipendi arretrato e lo sblocco di un vero percorso di reindustrializzazione.
Serve un salto
Al momento in cui scriviamo l’azienda è in liquidazione. Un passo verso la chiusura che allontana anche la prospettiva che gli operai ricevano gli stipendi. Ma è una situazione che può fungere da appiglio perché:
1. la messa in liquidazione dimostra definitivamente che tutte le manovre di Borgomeo, al di là delle chiacchiere, sono finalizzate alla chiusura dello stabilimento;
2. l’unico progetto concreto è venuto dagli operai e dalla cerchia di solidali.
Adesso che tutte le carte “sono scoperte” la situazione che prima era chiara solo agli operai è evidente a tutti.
Per andare avanti serve un salto di qualità. È il momento di chiamare a raccolta tutte le forze solidali. Ma, soprattutto, è il momento di muovere i 280 operai della fabbrica e tutti quelli delle altre aziende del territorio che sono pronti a sostenerli. È il momento di trasformare il pagamento degli stipendi e lo sblocco degli investimenti sui progetti presentati dagli operai, su cui finora autorità e istituzioni hanno fatto orecchie da mercante, in un problema di ordine pubblico. Perché oggi gli stipendi servono e anche subito.
Comune, Regione e governo possono muovere milioni di euro in un attimo, se vogliono. È il momento di ricordare loro di chi sono i soldi che ora amministrano per gli amici degli amici.
Nel corso della lunga mobilitazione sono già stati occupati “simbolicamente” il Consiglio comunale e la sede di Confindustria, a Firenze. Se ciò non ha dato risultati soddisfacenti, è arrivato il momento di bandire il termine “simbolicamente”.
CASSINO. Il 24 febbraio si è svolto un presidio di solidarietà con i compagni del Collettivo di Fabbrica GKN. Sotto la sede di UNINDUSTRIA alcuni lavoratori e lavoratrici, militanti e attivisti hanno denunciato le truffe compiute da Francesco Borgomeo, fresco di messa in liquidazione dello stabilimento fiorentino rilevato un anno fa (e con all’attivo 5 mensilità non retribuite per i 280 operai GKN). Al presidio si sono uniti anche dei lavoratori della Saxa Gres di Roccasecca (FR) solidali con gli operai GKN che hanno denunciato la truffa messa in opera da Borgomeo ai loro danni. Una solidarietà tanto più importante viste le manovre di Borgomeo stesso e di alcuni vertici sindacali per screditare tra gli operai Saxa Gres l’azione di lotta compiuta il 10 febbraio dai compagni GKN a Cassino. Da qui riprende e prosegue il lavoro di Insorgiamo a Cassino !