Firenze. L’antifascismo di cui c’è bisogno

Il 18 febbraio due studenti sono stati aggrediti da una banda di fascisti di Azione Studentesca, la giovanile di Fratelli d’Italia, di fronte al liceo Michelangiolo a Firenze. Pochi giorni prima era successo anche al liceo Pascoli.

Collettivi studenteschi e organizzazioni antifasciste si sono subito mobilitate: assemblee nelle scuole, presidi e una grande manifestazione cittadina il 21 febbraio. Migliaia di persone hanno sfilato nel quartiere della sede di Azione Studentesca, presidiata h24 dalla Digos e dai carabinieri.

Alcuni giorni dopo, la preside del liceo Da Vinci ha scritto una circolare indirizzata a studenti, insegnanti e personale Ata, ma inviata anche ai quotidiani cittadini. Ha condannato le violenze fasciste, ha espresso solidarietà ai ragazzi aggrediti e ha ricordato che il fascismo è nato proprio dalla sottovalutazione delle violenze squadriste che iniziarono come episodi isolati per poi moltiplicarsi. Ha dunque sottolineato la necessità di contrastare la propaganda reazionaria e di non sottovalutare le manifestazioni di violenza.

La sua lettera è uscita da Firenze e ha fatto il giro del paese. Perché, oltre ad essere una voce sopra le righe, prendeva il posto dell’assordante silenzio del Ministero e riempiva un vuoto.

È lì che il Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara ha ritenuto di dover dare fiato alla bocca. Non solo ha liquidato l’aggressione fascista come “una scaramuccia fra ragazzi”, ma è anche intervenuto in diretta televisiva per accusare la preside del Da Vinci di speculare sulla questione e minacciarla di provvedimenti disciplinari.

Serve altro per dimostrare che la preside aveva inquadrato perfettamente il problema?

Dal giorno seguente fioccano le risposte: presidi e dirigenti scolastici di tutta Italia esprimono solidarietà a lei e agli studenti; associazioni nazionali prendono posizione, Arci e Anpi in testa; le Rsu della scuola di Cgil, Cisl e Uil convocano una manifestazione a Firenze per il 4 marzo.

I promotori del movimento popolare si interrogano – legittimamente – su cosa sia giusto fare. Partecipare alla mobilitazione promossa da quelli che oggi si scoprono antifascisti perché al Ministero c’è Valditara, ma hanno fatto le stesse cose quando erano al suo posto? Certo si dirà, le hanno fatte senza lugubri richiami all’anticomunismo militante, ma ciò non toglie che le hanno fatte.

Non è possibile dimenticare, ad esempio, il caso di Lavinia Flavia Cassaro, docente torinese, prima sospesa e poi licenziata per aver inveito contro le Forze dell’Ordine che caricavano una manifestazione antifascista a Torino. Era il 2018, al Ministero dell’Istruzione c’era Valeria Fedeli, senatrice del Pd ed ex sindacalista dell’attuale Fp-Cgil.

E non è possibile dimenticare il contributo decisivo che i ministri di Centro sinistra hanno dato alla distruzione della scuola pubblica e all’introduzione dell’alternanza scuola lavoro.

La questione è la seguente: che gli sciacalli “democratici” saltino fuori a loro convenienza contro gli sciacalli reazionari è inevitabile. Ma proprio perché, al netto del colore di facciata e del registro linguistico che utilizzano, non sono diversi gli uni dagli altri, proprio per questo il movimento popolare non deve lasciare nelle mani degli sciacalli democratici la mobilitazione contro gli sciacalli reazionari. Non deve lasciare loro le piazze, le assemblee, i presidi, l’iniziativa e la comunicazione. L’antifascismo popolare deve anzi giovarsi di tutte le contraddizioni che anche l’antifascismo di facciata, liberale e padronale apre nel fronte nemico. Deve giovarsene per sconfiggere il nemico.

Il Ministro del Merito, del libro e del moschetto…
Una dietro l’altra, senza soluzione di continuità e in 5 mesi di governo, delle manifestazioni di grettezza, inadeguatezza e fede reazionaria di Valditara si è perso il conto. Ecco una sintesi parziale.
Ha inviato una circolare revisionista e anticomunista per il “giorno del ricordo”. Ha querelato un collettivo studentesco per un comunicato circolato su internet. Ha avviato un procedimento disciplinare contro un professore che lo ha criticato su Facebook. Nega la matrice fascista di un’aggressione di fronte a una scuola. Minaccia una preside.
Nessuno pensi, tuttavia, che Valditara sia solo “chiacchiere e distintivo”. Mentre attirava le attenzioni su di sé con le sue manovre da sceriffo, portava avanti una riforma della scuola che passerà alla storia come l’ennesimo colpo di mannaia sul diritto allo studio. Un assaggio? La differenziazione degli stipendi dei docenti su base geografica (“dove il costo della vita è più alto, devono guadagnare di più”), i fondi li trova da “finanziatori privati”. Unire tutte le forze nella mobilitazione per mandare a casa Valditara, estendere la mobilitazione in tutto il paese per farlo saltare.

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